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Nessuna pace per chi fa guerra

Sabato 20 ottobre dalle 10 all’una
presidio antimilitarista al Balon
via Andreis angolo via Borgodora
in solidarietà con gli anarchici sotto processo per aver irriso le forze armate e bruciato la bandiera

Venerdì 26 ottobre
ore 11 aula 52
Processo agli antimilitaristi

Venerdì 26 ottobre
in corso Palermo 46
ore 20 aperi-benefit per gli antimilitaristi colpiti dalla repressione.
Segue proiezione del film “Il Leone del deserto” di Moustapha Akkad (1981)
(questo film, censurato in Italia, solo da poco circola liberamente)

Domenica 4 novembre
mostra antimilitarista itinerante

Venerdì 16 novembre
ore 21 in corso Palermo 46
L’assassinio di Francesco Mastrogiovanni. Serata antipsichiatrica con Robertino Barbieri di Psychoattiva, PisaNessuna pace per chi fa guerra!

30 miliardi. Per le scuole, gli ospedali, i trasporti pubblici?

No. Quei soldi servono alla guerra, al business mortale che garantisce aigoverni il controllo dei propri interessi all’estero e la pace sociale all’interno.

In più ci sono oltre 10 miliardi per 90 cacciabombardieri F35 e 1,4 miliardi per le guerre fuori porta.

Gli stessi soldati delle guerre in Somalia, Bosnia, Iraq, Libia, Afganistan, sono nei CIE, le galere per migranti senza carte, nei quartieri dove la povertà e la crisi si mangiano il futuro di tutti.
Hanno represso le popolazioni campane in rivolta contro discariche e inceneritori. Le zone terremotate sono state militarizzate. Gli alpini sono passati dall’Afganistan alla Valsusa, per presidiare il fortino degli affari e dell’arroganza di Stato.
L’Italia è in guerra da molti anni. La guerra si combatte in Afganistan, si combatte nel Mediterraneo contro profughi e migranti: le armi si costruiscono a due passi da casa nostra.
La guerra oggi si coniuga nella neolingua del peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione.

L’impiego dei militari per sottomettere le popolazioni ribelli del nostro paese ben rappresenta la democrazia reale. Chi dissente è considerato un criminale. Un nemico, come in tutte le guerre. Lo scarto tra guerra e politica, tra diplomazia e bombe, tra nemico ed avversario si attenua, diviene impalpabile.

 

Il 26 ottobre entra nel vivo il processo ad 11 anarchici, accusati di vilipendio alle forze armate.
Uno, Emilio, è anche accusato di vilipendio alla bandiera. Per questo gesto meramente simbolico rischia sino a due anni.
Nel codice penale della Repubblica italiana sono annidate numerose norme che puniscono chi dice la propria su istituzioni e simboli investiti dall’aura della sacralità. Così chi irride l’esercito o brucia una bandiera finisce in tribunale
Nulla di cui stupirsi. Ammazzare, torturare, violentare, occupare città e paesi sono attività che in genere non vengono apprezzate. Trasformare una ginnastica di morte in attività onorevole, ben pagata è un’operazione che richiede riti e sacerdoti. Giudici e tribunali per chi non ci sta.
Alla faccia degli altisonanti principi che sancirebbero la libertà di dire la propria.

Facciamo un passo indietro. Era il 4 novembre del 2009, il giorno che lo Stato italiano dedica alle forze armate, nell’anniversario di quell’immane carneficina che fu la prima guerra mondiale.
Un plotone di soldati caricati a molla, dopo aver attraversato via Po, esibendo immagini e fotografie delle guerre dello Stato italiano compare a sorpresa in piazza Castello, dove, blindatissima, si è appena conclusa la cerimonia dell’ammaina bandiera.
I soldati attraversano la piazza sino al monumento ai Cavalieri d’Italia dove viene esposto un tricolore. La bandiera italiana, simbolo di un paese in guerra, simbolo di quell’infamia che si chiama amor patrio, viene data alle fiamme tra gli applausi di una piccola folla accorsa intorno al monumento.
I soldati a molla vengono ricaricati e riprendono la loro marcia di automi.
Nonostante le centinaia di uomini schierati a difesa della cerimonia degli assassini in divisa, qualche anarchico, senzapatria e disertore di tutte le guerre, è riuscito a ricordare i massacri che ieri come oggi vengono fatti sventolando la bandiera bianca rossa e verde.
A tre anni di distanza lo Stato presenta il conto.

L’udienza è fissata venerdì 26 ottobre alle 11 in aula 52 ingresso 20 del tribunale di Torino.

Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.
La guerra va fermata, inceppata, boicottata.

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torino
corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21
338 6594361 fai_to@inrete.it

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