Il governo greco ha votato le misure di austerità imposte al paese dalla Trojka (FMI, UE, BCE) come condizione alla concessione di 31,5 miliardi di euro di prestito. La maggioranza di governo continua a perdere pezzi sotto la pressione di una piazza che non è più disponibile a pagare: i tagli sono passati per un pelo, mentre fuori dal parlamento impazzava la battaglia tra polizia e lavoratori in sciopero.
Questo sciopero, durato 48 ore, è il quarto in un mese e mezzo ed è l’indice di una resistenza che non molla ma non riesce neppure a vincere.
Tra le decisioni prese l’elevamento dell’età pensionabile a 67 anni, l’abolizione di tredicesima e quattordicesima, circa seimila licenziamenti tra i dipendenti pubblici, e, sempre nella pubblica amministrazione, prolungamento del blocco del turn over.
In una situazione in cui l’assistenza sanitaria è già un lusso per pochi, l’ultima mazzata è l’introduzione di un ticket di 25 euro per l’accesso al pronto soccorso. Sarebbe una cifra di tutto rispetto anche in Italia, in Grecia è un’enormità, poiché il salario medio si aggira sui 400 euro.
Tuttavia anche queste misure potrebbero non bastare: la decisione definitiva sullo stanziamento del prestito è stata rimandata a fine novembre. Nell’attesa migliaia di lavoratori resteranno ancora senza stipendio, che la pubblica amministrazione non paga da mesi.
In questa situazione l’unica possibilità reale è la creazione di reti di mutuo appoggio tra città e campagna, la pratica di itinerari di fuoriuscita dal capitalismo e dalle sue regole.
Giorgios P., un compagno del Collettivo dei comunisti libertari di Atene, ne ha parlato ad Anarres