A cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta un giovane maestro viene allontanato dall’insegnamento per cinque lunghi anni. Le sue idee erano troppo sovversive.
A quell’epoca la scuola elementare era simile ad una piccola caserma. I bambini separati dalle bambine, le divise, lo stare sull’attenti, il recitare la preghiera, l’alzarsi in piedi quando entrava l’autorità, lo stare per ore immobili, “composti” nei banchi.
Gianni si nutre delle idee e delle esperienze di Celestin Freinet, del nativo canadese Wilfred Peltier, della scuola pedagogica statunitense.
Gianni, quando arriva in classe da del tu ai bambini, non li rinchiude nell’aula, li porta fuori a toccare con mano le cose: il fiume, gli alberi, ma anche la realtà sociale, quella dei profughi istriani delle Vallette, quella dei napoletani emigrati in gran numero a Cirié, all’imbocco delle valli di Lanzo.
A Cirié complice una mamma che sapeva riparare le bici, i bambini partono ad esplorare il territorio per capire la cosa più importante: le domande da fare, la curiosità che nasce dall’esperienza, il proprio percorso nella vita. Con le bici Gianni e i suoi bambini arrivano ad invadere la pista dell’aeroporto di Caselle, per vedere come erano fatti gli aerei, con i quali i più fortunati partivano per paesi favolosi, che ai ragazzini della Ciriè operaia erano preclusi. Tante imprese, tanti viaggi, soprattutto viaggi nella realtà sociale, dove si parla di licenziamenti, dove i bambini occupano l’ufficio del sindaco perché a scuola fa freddo.
Storie di frontiera in una scuola che oggi non è più fatta di autorità e disciplina anche grazie ai partigiani dei bambini come Gianni Milano.
Oggi Gianni ha settan’anni, i suoi capelli sono diventati bianchi, ma sono rimasti lunghi, come ai tempi in cui si guadagnò il soprannome dispregiativo, ma portato con orgoglio, di “maestro capellone”.
Lui non ne parla, ma se date un’occhiata ai libri, alle riviste, alla storia di quegli anni speciali scoprirete che è stato tra i protagonisti della cultura beat nel nostro paese.
Questo mese Arivista ha pubblicato un’intervista in cui parla della sua tesi sulla pedagogia libertaria.
Oggi, con la sua parlantina sciolta e il suo stile da vecchio maestro, lo trovate nei posti dove la gente sceglie di essere protagonista, di alzarsi in piedi, di costruire da se il proprio cammino.
Non di rado lo vedrete volteggiare con la sua bandiera No Tav a Torino e in Valle, o al Balon, dove si mescola con gli anarchici e i senzapatria.
Ascolta la lunga chiacchierata con Gianni
Il maestro capellone
Posted in Inform/Azioni, pedagogia libertaria, torino.
– 23 Dicembre 2012