Le dimissioni di Benedetto XVI hanno scatenato una ridda di ipotesi e analisi sui media, che hanno dedicato ampio spazio alla decisione di Joseph Ratzinger di ripercorrere le orme di Celestino V.
C’è chi avalla la tesi di un papa stanco e anziano che lascia per debolezza, chi lo esalta per il coraggio e chi teme che l’aura del nocchiero della barca di Pietro possa uscirne offuscata.
Altri dipingono più realisticamente il durissimo scontro di potere che squassa la curia romana, leggendo la scelta del papa come protesta e monito.
Nessuna di queste ipotesi si attaglia a Ratzinger, l’uomo che per trent’anni ha governato quella stessa curia. Nella veste di Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, l’ex Santo Uffizio, Ratzinger ha sistematicamente demolito la chiesa conciliare, cacciando i teologi della liberazione e riabilitando i lefevriani.
Nello scontro di potere in corso non ci sono i buoni, c’è solo la chiesa rigidamente dottrinale del papa tedesco alleato dell’Opus Dei e quella pragmatica dei potentissimi Cavalieri di Colombo.
Sullo sfondo la vicenda dello Ior, le dimissioni del banchiere del papa, Gotti Tedeschi, lo scontro con (l’ex) amico Tarcisio Bertone.
Ratzinger si ritira per poter meglio governare il dopo Ratzinger.
Ascolta l’intervista realizzata dall’informazione di Blackout a Paolo Iervese, il nostro vaticanista di riferimento.