L’accordo sulla rappresentanza sindacale sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria il 31 maggio 2013 è una corda al collo dei lavoratori.
Sono state stabilite nuove regole per misurare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e per dare “certezza” agli accordi sindacali, che una volta approvati e ratificati a maggioranza semplice varranno coattivamente per tutti.
Nessuno potrà scioperare contro un contratto non condiviso. Nuovi lacci imbriglieranno il diritto di sciopero e chi non rispetterà i paletti fissati da sindacati di Stato e Confindustria incorrerà in sanzioni. Solo i sindacati firmatari dell’accordo saranno ammessi ai tavoli di trattativa a qualsiasi livello.
Ai sindacati sottoscrittori del Patto verrà misurata la rappresentatività incrociando i dati “fra le percentuali degli iscritti (dedotte dalle ritenute in busta paga) e le percentuali dei voti ottenuti nelle elezioni delle RSU con un peso pari al 50% per ognuno dei due dati”. Nel settore privato spesso le aziende rifiutano la ritenuta sindacale in busta paga garantita solo alle organizzazioni sindacali firmatarie dei CCNL.
Inoltre per poter partecipare alle contrattazioni collettive nazionali, oltre ad essere sottoscrittori del patto, dovranno avere il 5% di rappresentanza sulla base degli stessi criteri.
L’acccordo inoltre prevede l’estensione alle aziende private della pratica del “raffreddamento”, per cui non sarà più possibile proclamare semplicemente lo sciopero quando e come si vuole.
Lo scopo di questo accordo è ricompattare i sindacati confederali e garantire loro il “monopolio” della rappresentanza sindacale.
Per quale ragione la principale organizzazione padronale, dopo aver cercato di spingere fuori dalla stanza dei bottoni CGIL CISL e UIL ha lavorato per mesi ad un accordo che ne rileggitima il ruolo?
Forse l’acuirsi della crisi e delle tensioni sociali suggerisce prudenza a Confindustria? Forse una qualche forma di mediazione sociale per far ingoiare bocconi sempre più amari ai lavoratori è nuovamente necessaria?
In tal caso, basterà l’utilizzo degli accordi e delle leggi come “camicia di forza” per impedire le lotte sociali?
Anarres ne ha discusso con Claudio dell’Unione Sindacale Italiana. Ne è scaturito un confronto a tutto campo che ha investito limiti e prospettive dell’esperienza sindacale di base, per poi spaziare sulla necessità di una sottrazione conflittuale dalla macchina capitalista come tassello di una lotta che sa coniugare radicalità dello scontro e concreti percorsi di autogestione.