La notizia della conquista di Falluja da parte delle milizie quaediste finanziate dall’Arabia Saudita ha riportato al centro dell’attenzione l’Iraq, dove il governo dello sciita Al Maliki deve fare i conti con le milizie finanziate dalla dinastia Saud, il cui protagonismo nell’area è sempre più forte. La conquista di Falluja, città simbolo della resistenza dell’Iraq sunnita all’occupazione statunitense, è un messaggio forte e chiaro all’amministrazione Obama, che negli ultimi mesi ha dato evidenti segnali di volersi in parte smarcare dalla stretta sempre più ingombrante con i sauditi, aprendo una interlocuzione con i vecchi nemici iraniani.
Il quadro delle alleanze subisce mutamenti inediti, che segnalano il riposizionamento dei maggiori attori sulla scena.
Gli Stati Uniti stanno cercando di fare a meno del petrolio saudita. Non è certo casuale che l’ammnistrazione Obama abbia annunciato un programma energetico che dovrebbe portare gli Stati Uniti ad una sostanziale autosufficienza nell’approvigionamento degli idrocarburi, con al centro l’area del Nafta, la zona di libero scambio tra gli stessi Stati Uniti, il Canada e il Messico.
La decadenza dal ruolo di potenza mondiale assoluta e l’affermarsi di una stagione caratterizzata di un’estesa multipolarità spinge gli Stati Uniti ad evitare la contrapposizione secca con l’Iran, che oggi, grazie ad Hezbollah in Libano e alla situazione favorevole in Iraq, è molto più forte che in passato. Era dai tempi di Ciro il Grande che i persiani non avevano uno sbocco agevole sul Mediterraneo.
Nell’area lo scontro, che è anche confessionale, tra le aree a prevalenza shiita e quelle sunnite si sta intensificando.
Obama punta sulla sulla divisione dei propri avversari, giocando su più scacchiere, per impedire che gli uni si rafforzino eccessivamente ai danni degli altri. Una politica che ricorda le scelte attuate all’indomani della prima guerra mondiale, quando gli Stati Uniti scelsero di indebolire il potente alleato francese, sostenendo gli (ex) nemici tedeschi.
E’ un delicato sistema di equilibri fatto di pesi e contrappesi, giocati con grande spregiudicatezza. A farne le spese la storica alleanza con Israele le cui relazioni con gli Stati Uniti sono oggi al minimo storico.
L’Iraq diviene il terreno tragico dell’ennesima guerra per procura, in un paese dove il potere è passato dalla minoranza sunnita alla maggioranza shiita.
La popolazione di Falluja fugge dalla città dove il governo si agginge ad un contrattacco che potrebbe concludersi con un bagno di sangue come dieci anni fa, quando George Bush Jr diede ordine di bombardare la città con il fosforo bianco, una sostanza che frigge e soffoca chi ne viene toccato.
La grande partita mediorientale si gioca anche sulla pelle delle tante persone che vengono tritate in un gioco in cui non sono che pedine senza valore.
Ascolta la diretta realizzata dall’info di Blackout con con Stefano Capello