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Torino. La rivolta dei facchini dei mercati generali

1Il quadro è lo stesso degli altri piazzali della logistica del nord Italia, teatro di lotte grandi e durissime che hanno messo in difficoltà un sistema feroce di sfruttamento.
Il CAAT, Centro AgroAlimentare di Torino, è il posto dove arrivano i camion con la frutta e la verdura destinate ai 54 mercati rionali torinesi. Si lavora di notte: i Tir vengono scaricati nei magazzini, dove i vari padroncini prendono le merci.
I facchini lavorano all’interno di un intrico normativo, dove il confine tra legale ed illegale, tra cooperative e mafia è del tutto impalpabile.
Il sistema è quello di ogni dove nei piazzali dove il tessuto grezzo che regge la struttura distributiva metropolitana, mostra senza trucchi il punto finale delle politiche del lavoro di questi ultimi trent’anni.
In centro c’è una matrioska, un sistema di cooperative che dipendono da altre cooperative, tra appalti e subappalti, dove i lavoratori sono pedine intercambiabili, sostituibili, scaricabili senza troppi problemi.
Si lavora per pochi euro, con orari massacranti, senza garanzie, senza rispetto dei pur esili paletti imposti dai contratti.
Chi si ribella ai soprusi è sottoposto a continui ricatti, perché i caporali non perdonano chi alza la testa.
Cinque facchini che hanno deciso di non abbassarla sono stati licenziati.
Questa la scintilla che ha incendiato il piazzale di strada del Pontone.
Nella notte tra giovedì e venerdì 23 maggio è partito uno sciopero con blocco dei cancelli.
Nel giro di qualche ora il presidio, partito con pochi numeri, si è infoltito di altri lavoratori e di solidali.
La polizia ha caricato all’alba per cercare di spezzare i picchetti ma i lavoratori hanno resistito a manganelli e lacrimogeni.
Intorno alle otto e mezza un padroncino è uscito a gran velocità, travolgendo cinque persone e ferendone tre. L’uomo è poi stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio.
Un piccolo episodio che la dice lunga sulle illusioni di saldatura di classe con il popolo dei mercatari torinesi, protagonista delle tre giornate dei forconi nel dicembre scorso.
Nel primo pomeriggio, dopo ore di lotta, l’annuncio del ritiro dei licenziamenti, del pagamento dei salari arretrati, dell’apertura di un tavolo di trattativa.
Il sabato successivo si è svolta un’assemblea sindacale nella quale sono stati poste sul tappeto le successive tappe della lotta, che vedono al centro alcune rivendicazioni.
-regolarizzazione di tutti i contratti
-applicazione del Contratto nazionale della logistica e movimentazione merci
-annullamento di ogni provvedimento relativo ai fatti avvenuti nella notte dello sciopero
-spazio dentro al Caat per il Sicobas di informazione sindacale per i lavoratori.
Nel pomeriggio di lunedì 26 è stato fissato un incontro tra una delegazione dei lavoratori di 15 cooperative, il Sicobas e la direzione del CAAT e l’assessorato al lavoro della città di Torino.

Alle 23 l’appuntamento è ai cancelli del CAAT per una nuova assemblea tra lavoratori e solidali. Se la trattativa dovesse fallire si annuncia una nuova notte di lotta.

Il sistema normativo basato sul caporalato legalizzato, l’utilizzo di lavoratori stranieri più facilmente ricattati dal legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, la smaterializzazione del padrone, attraverso un dispositivo che sposta sempre altrove la controparte, si stanno sgretolando di fronte alla possibilità, che le fabbriche non offrono (quasi) più, di fare male a chi lucra sulle vite dei lavoratori.
Le lunghe file di camion pieni di frutta e verdura, che si sono allungate nella notte del 23 maggio, ne sono l’emblema.
Il conflitto ri-trova un proprio spazio fisico, offrendo occasioni all’incontro tra percorsi diversi che si saldano nella concretezza della lotta.

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