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Renzi e la riforma della PA. Finale di partita con il sindacato?

finale-di-partitaMartedì 24 giugno Giorgio Napolitano ha firmato il testo di riforma della Pubblica Amministrazione del governo Renzi.
Il decreto consta di 53 articoli.
La riforma comprende l’abolizione della possibilità di restare al lavoro oltre l’età di pensione con una parziale reintroduzione del blocco del turn over, ma con sostanziali tagli dell’occupazione generale.
Viene introdotta la mobilità per gli statali (obbligatoria fino a 50 chilometri) e dimezzato il monte ore dei distacchi e permessi sindacali dal prossimo primo agosto.
Con il pretesto di colpire la burocrazia sindacale, riducendo il numero dei funzionari pagati dallo Stato, si riducono anche le ore di assemblea e i permessi, riducendo così la possibilità stessa di sviluppare forme di organizzazione sindacale non burocratizzate.
Nei fatti Renzi porta a fondo l’attacco al sindacato “amico”, quello della concertazione, dell’ammortizzazione del conflitto, della mediazione al ribasso sugli interessi dei lavoratori.
Una parabola inevitabile nel percorso che, in vent’anni, ha portato CGIL, CISL, UIL dalla concertazione alla complicità con le politiche governative.

Ci voleva un governo di “sinistra” per mettere le basi per un finale di partita che segna non solo la mutazione di pelle delle maggiori organizzazioni sindacali, ma altresì il taglio dei privilegi di cui godono, perché garanti della pace sociale.
Ci sono mestieri che scompaiono quando diventano inutili: questo è il destino di CGIL, CISL, UIL, un destino che i provvedimenti siglati Renzi-Madia avvicinano di un passo.
Renzi vuole farla finita con i corpi intermedi della società, con le organizzazioni che per decenni hanno contribuito a garantire la mediazione tra interessi diversi e contrapposti. Renzi è stato il primo presidente del Consiglio a non inaugurare la propria avventura politica con il rituale incontro con i vertici di Confindustria. Renzi è il populista perfetto: il suo corpo è il corpo della nazione, ne definisce e ne incarna gli interessi. In questo quadro non c’é spazio per Squinzi e Camusso, che stanno imparando a farsene una ragione.
Vale la pena rilevare che Beppe Grillo, il grande populista per eccellenza, esordì nel ruolo di leader extraparlamentare di un gruppo neoparlamentare, inviando il suo deus ex machina Casaleggio a rendere omaggio a Confindustria.

L’info di Blackout ne ha parlato con il leader della minoranza CGIL Giorgio Cremaschi, all’indomani della nomina della nuova segreteria CGIL, in cui Susanna Camusso ha giocato il ruolo dell’asso piglia tutto, assicurando ai suoi fedelissimi il 68% dei posti disponibili.

Oltre l’analisi del decreto legge di riforma della PA, è scaturita una riflessione che investe il ruolo stesso delle minoranze “critiche” nella CGIL, ormai a quasi vent’anni dalla stagione dei bulloni, dalla nascita impetuosa e della lenta parabola discendente sia del sindacalismo di base sia delle componenti più combattive della CGIL.

Ascolta l’intervista a Giorgio Cremaschi

Posted in Inform/Azioni, lavoro, politica.

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