La proclamazione del califfato nelle regioni controllate dall’Isis in Siria e Iraq, dopo i successi militari delle formazioni quaediste, rappresenta una sfida per tutti coloro che lottano per costruire un’alternativa alle derive confessionali delle primavere arabe, sottraendosi nel contempo al controllo di Stati Uniti e Russia nell’area.
Il percorso intrapreso dalle popolazioni della Siria nord occidentale, il Rojava, zona abitata da curdi ma anche da altre minoranze, un percorso di democrazia radicale, basato sull’eguaglianza e sull’accesso egualitario alle risorse come ai processi decisionali, offre un modello, che l’Isis cerca di annegare nel sangue.
L’info di Blackout ha intervistato Daniele Pepino, attento osservatore delle lotte nelle diverse zone curde tra Siria, Turchia, Iraq e Iran, che ci ha proposto un’analisi politica e sociale, offrendo nel contempo spunti per lo sviluppo di percorsi di solidarietà internazionale.
E’ stata anche occasione per un commento del documento del Forum degli anarchici del Kurdistan dello scorso 18 giugno, di cui vi proponiamo alcuni stralci.
Ascolta qui la diretta con Daniele
La crisi in Iraq risale al regime di Saddam Hussein ed è proseguita con “l’attuale regime democratico” dopo l’invasione del 2003. Non c’era libertà, né giustizia sociale; nessuna uguaglianza e pochissime opportunità per coloro che erano indipendenti dai partiti al potere.
Oltre alle violenze ed alle discriminazioni contro le donne e la gente comune si è creata una forbice enorme tra i ricchi ed i poveri, con i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri.
(…)
Ciò che sta avvenendo in Iraq con “lo Stato Islamico di Iraq e Levante (Siria), Isis” non è ciò che viene dipinto dai media. Questi sono i fatti:
1. L’avanzata di Isis è opera di una piccola minoranza aiutata dalle fazioni sunnite deluse
dal governo sciita a Baghdad: si tratta dei capi tribali sunniti, di esponenti del partito Ba’ath, di ufficiali del vecchio esercito e di fazioni dell’insurrezione precedente, tutti insieme per vedere come dare scacco al primo ministro iracheno Nouri al-Maliki. Quando le truppe dell’Isis si sono messe in marcia verso Mosul, conquistando la terza città del paese, erano che meno di 2.000, mentre in città c’erano almeno 60.000 uomini tra poliziotti, soldati delle forze di intelligence e di sicurezza. Una forza molto ben equipaggiata con aerei da combattimento, carri armati e diversi tipi di armi speciali, ma questo esercito è collassato e si è volatilizzato di fronte all’Isis offrendo una scarsa se non nessuna resistenza.
2. Quello che sta accadendo è molto probabilmente un piano messo a punto da Turchia, paesi del Golfo e Governo della Regione Curda “K.R.G”, un piano noto anche a Stati Uniti e Regno Unito.
3. E’ molto difficile prevedere gli esiti del conflitto, perché nella maggior parte dei
casi questo dipende dagli interessi statunitensi e dei paesi occidentali, i quali valutano ogni insurrezione ed ogni movimento in base ai vantaggi o danni per i loro interessi. Fino ad ora USA e
Regno Unito hanno insistito perché il popolo iracheno fosse unito e vivesse all’interno dello stesso sistema. Ma se dovessero vedere minacciati i loro interessi non avrebbero nessuno scrupolo a
dividere l’Iraq in 3 mezzi-Stati tra Curdi, Sunniti e Sciiti.
4. Questa situazione ha spinto l’Iraq sull’orlo di una guerra settaria, specialmente dopo la
fatwa emessa dall’Ayatollah Ali Al-Sistani, uno dei più riveriti esponenti del clero sciita, per l’armamento dei cittadini e l’arruolamento nell’esercito.
5. Per noi uno degli scopi di questa guerra è quella di contenere e strangolare il movimento democratico di massa del popolo curdo che vive nel Kurdistan occidentale (cioè in territorio siriano) e la sua amministrazione locale. Un movimento di massa che ha dimostrato come ci sia un’alternativa allo stato-nazione, al vecchio e nuovo liberismo ed al suo governo. Un movimento che ha dimostrato che non è necessario seguire le “Primavere Arabe” che hanno portato all’insediarsi di governi islamici. Inoltre questo movimento ha dimostrato che un popolo può insorgere senza il sostegno degli USA, della UE e dei loro agenti. Ha dimostrato che la rivoluzione sociale
deve iniziare dal basso e non dall’alto e si può realizzare l’obiettivo costruendo realtà locali che prendono le loro decisioni in autonomia. Questo movimento non è evidentemente utile agli interessi dei politici e del neo-liberismo, per cui la prossima mossa sarà l’attacco al Kurdistan occidentale ed al movimento di massa dei Curdi.
Per queste ragioni il KAF sostiene che questa guerra è stata scatenata ed imposta al popolo iracheno, crediamo che sia necessario organizzarsi al di fuori dei partiti politici, al di fuori dei sostenitori della guerra, delle istituzioni statali e dei governi; è necessario organizzarsi nei posti di lavoro, nei quartieri, nelle scuole, nelle università e nelle strade per essere uniti e contrastare la guerra, l’ingiustizia, la povertà, la fame, le disuguaglianze e la repressone che viene imposta tramite questo brutale sistema fatto di Stati, imprese capitalistiche, istituzioni finanziarie, mass media neoliberisti e servizi di spionaggio.
Kurdistan Anarchists Forum
18 giugno 2014
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