Skip to content


Torino. Processo agli antirazzisti

OLYMPUS DIGITAL CAMERAI due processi contro l’assemblea antirazzista si stanno avviando a conclusione.
Il 17 settembre è ripresa la tranche con il giudice monocratico, il 22 quella di fronte ad un collegio di tre giudici.
Secondo i PM Pedrotta e Padalino nel primo processo sono stati inseriti i reati più “lievi”, nel secondo quelli più “pesanti”. Una distinzione che risulta impalpabile di fronte alle lotte concrete.
I 67 attivisti coinvolti nel processone sono accusati di fare volantini, manifesti, di lanciare slogan, di dare solidarietà ai reclusi nei CIE, di contrastare la politica securitaria del governo e dell’amministrazione comunale.
Negli ultimi vent’anni il disciplinamento dei lavoratori immigrati è stata ed è tuttora una delle grandi scommesse dei governi e dei padroni, che puntano sulla guerra tra poveri per spezzare il fronte della guerra di classe.
Nel nostro paese è stata costruita una legislazione speciale per gli immigrati, persone che, sebbene vivano in questo paese, devono sottostare a regole che ne limitano fortemente la libertà.
Chi si oppone alle politiche e alle leggi discriminatorie e oppressive nei confronti degli immigrati entra nel mirino della magistratura.
Quattro anni fa la Procura giocò la carta dell’associazione a delinquere ed arrestò sei antirazzisti. Il teorema non resse in Cassazione ma la Procura è andata avanti.
Vogliono togliere di mezzo compagni e compagne che in questi anni si sono battuti contro le leggi razziste del nostro paese, in solidarietà ai senza carte rinchiusi nei CIE, agli immigrati/schiavi.
L’Assemblea Antirazzista – attiva tra maggio del 2008 al maggio del 2009 – fu il fulcro di numerose iniziative.
Iniziative che, sia pure di minoranza, contribuirono a tenere accesi i riflettori ed a sostenere le lotte dentro i CIE, contro lo sfruttamento del lavoro migrante, contro la militarizzazione delle periferie.
Vogliono criminalizzare il dissenso, per provare a tappare la bocca e legare le mani a chi si ostina a voler cambiare un ordine sociale feroce, ingiusto, predatorio, razzista.
L’intero impianto accusatorio della procura sui basa su banali iniziative di contestazione.
Nel mirino il “cacerolazo” – 2 giugno 2008 – alla casa del colonnello e medico Baldacci, responsabile del CPT, dove un immigrato era morto senza cure il 23 maggio; il volantinaggio al Museo egizio – 29 giugno 2008 – per ricordare l’operaio egiziano ucciso dal padrone per avergli chiesto il pagamento del salario; la contestazione – 17 luglio 2008 – dell’assessore all’integrazione degli immigrati Curti, dopo lo sgombero della casa occupata da rom in via Pisa; la protesta – 20 marzo 2009 – alla lavanderia “La nuova”, che lava i panni al CIE di corso Brunelleschi; l’occupazione del consolato greco – 12 dicembre 2008 – in solidarietà con le proteste dilagate in Grecia dopo l’assassinio di un anarchico quindicenne ucciso da un poliziotto… ma l’elenco è molto più lungo. In tutto decine iniziative messe insieme per cucire addosso ad un po’ di antirazzisti un apparato accusatorio capace di portarli in galera.
L’udienza del 17 settembre è durata molto poco, per l’assenza dei due ultimi testi della difesa.
Il 22 settembre, in maxi aula tre, era il turno degli imputati. Qualcuno ha deciso di affrontare Padalino, altri hanno fatto dichiarazioni spontanee.
Maria Matteo ed Emilio Penna, rispondendo alle domande del PM, hanno rivendicato la propria partecipazione alle iniziative cui erano presenti, mettendo l’accento sulle ragioni delle iniziative finite nel mirino della magistratura.
“Sui muri di quest’aula è scritto ‘la legge è uguale per tutti’. Non è vero, non è mai stato vero, perché l’uguaglianza di chi non è uguale è una finzione. Negli ultimi anni, nel nostro ordinamento sono state inserite norme che cancellano anche l’uguaglianza formale. La detenzione amministrativa nei CIE, l’impedimento alla libera circolazione, le leggi che puniscono chi non documenti impossibili da ottenere, lo hanno sancito. La strage di migliaia di uomini, donne e bambini annegati nel tentativo di arrivare in Italia è una strage di Stato.
Manifestare nel quartiere popolare di Barriera di Milano di fronte alla lavanderia che lava i panni del CIE era un buon modo per dire che lavorare per chi gestisce un CIE non è un lavoro come un altro. ‘It’s only a job’ ha dichiarato il pilota statunitense che ha lanciato la bomba che uccise 150.000 persone subito e tante altre negli anni successivi.”
Nella prossima udienza – 1 dicembre – ci saranno le ultime dichiarazioni spontanee e comincerà la requisitoria del PM, il 18 dicembre sarà il turno delle difese. Poi la sentenza.

Posted in immigrazione, Inform/Azioni, razzismo, repressione/solidarietà, torino.

Tagged with , , .