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Torino. La trama un po’ logora dei controvertici

torino 17 ottobreVenerdì 17 ottobre. Lo sciopero della FIOM, gli scontri tra studenti e polizia
Migliaia di metalmeccanici in sciopero attraversano il centro cittadino rispondendo all’appello della maggiore organizzazione del settore.
In piazza Castello, militarizzata in vista del vertice dei ministri del lavoro del Consiglio d’Europa che prenderà avvio nel tardo pomeriggio, sta cominciando il comizio del segretario Landini, quando tra i due e trecento tra studenti e attivisti della sinistra radicale torinese e non, entrano in piazza e spostano le transenne che delimitano la zona vietata. Lanci fittissimi di lacrimogeni rendono irrespirabile l’aria, mentre per una decina di minuti vanno avanti gli scontri. Il bilancio è di sei fermati, a tre dei quali vengono confermati gli arresti, il furgone di un centro sociale sequestrato, alcuni contusi. I video della giornata mostrano un ragazzo bloccato da otto esponenti della Digos, che gli tengono la testa schiacciata in terra con un ginocchio prima di portarlo via in malo modo. Lo studente, nei pochi istanti in cui alza la testa, mostra un volto da bambino. Durante gli scontri Landini incita le migliaia di metalmeccanici che ascoltavano il suo comizio a stare alla larga dai “provocatori”. Parole che suscitano qualche malumore tra i suoi, che però in buona parte assistono senza intervenire agli scontri.
Nel tardo pomeriggio, circa trecento manifestanti fanno un giro che lambisce il centro, per concludersi alla Cavallerizza occupata.

Sabato 18 ottobre. Dal centro alla periferia
Il corteo indetto per la giornata conclusiva della tre giorni parte dal piazzalino antistante il palazzo delle Facoltà Umanistiche quando il vertice del Consiglio d’Europa si è concluso da qualche ora. Nonostante ciò il centro cittadino è completamente militarizzato.
Quando i circa 500 manifestanti arrivano in piazza Castello tutte le strade sono chiuse. Con scelta felice si decide di continuare la manifestazione comunicativa dirigendosi verso il mercato di Porta Palazzo per chiudere al Balon, nel piazzale della Mongolfiera.
Un gruppo di attivisti rumeni, solidali con la lotta delle popolazioni di Rosia Montana contro una miniera d’oro, in piazza Carignano, dove c’è il ministro del lavoro di Bucarest, aprono uno striscione con la scritta “Salvati Rosia Montana”. Al mercato viene letta una lettera aperta ai lavoratori della Fiom, che tenta un’interlocuzione al di là delle parole del segretario Landini, giunto ad accusare i manifestanti di essere al servizio del governo. Una vecchia strategia: chi non è in linea con certa “sinistra” è sicuramente al servizio del governo di turno.
Queste tre lunghe giornate sono il segno del governo Renzi. Nessuna forma di ammortizzazione del conflitto, ma dispiegamento di truppe per militarizzare il territorio e bloccare la contestazione.
Un altro dato sul quale sarà opportuno riflettere è la trama un po’ logora dei controvertici, occasioni forse ghiotte per chi cerca (ed ottiene) visibilità ma difficili da gestire di fronte ad un governo che punta in modo secco sulla repressione. Non solo. L’ingovernabilità diffusa può essere un obiettivo interessante per ri-territorializzare lo scontro con i padroni e il governo, ma deve trovare tempi e ritmi propri, meno prevedibili, meno controllabili, e, soprattutto, maturati nelle assemblee di base, negli spazi di lotta, nei quartieri stretti nella morsa sempre più feroce del controllo.
Il dibattito è aperto.

Qui puoi leggere il volantino distribuito in piazza dagli anarchici della FAT

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