“Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, contiene 44 articoli destinati ad avere un notevole impatto: dai treni ad alta velocità alle nuove autostrade, dalle prerogative delle soprintendenze alle norme sull’edilizia.” Questo l’incipit del decreto del governo diventato legge qualche giorno fa.
Di cosa si tratta?
Eliminazione di vincoli e tutele per l’ambiente, la salute, la sicurezza dei lavoratori e di chi abita un territorio, via libera a enormi colate di cemento per autostrade, linee ad alta velocità, urbanizzazioni selvagge, trivellazioni.
Lo Sblocca Italia è stato ribattezzato da alcuni anche Sblocca Antenne, perché introduce un principio di deregulation per cui le ditte di telecomunicazioni potranno piazzare antenne sempre più potenti – la tecnologia a 4 giga – sforando legalmente i limiti per l’inquinamento elettromagnetico.
Tra le chicche dello Sblocca Italia ci sono gli articoli 36, 37 e 38 che danno nuovo stimolo alle ricerche di petrolio sul territorio, e nei mari, italiani e all’importazione e allo stoccaggio di gas. A poco o nulla valgono considerazioni banali sulla pericolosità delle trivellazioni, per non dire dell’assoluta inutilità dei rigassificatori. Quello di Livorno, ormai completato da tempo, non è, per fortuna, mai entrato in funzione. Il motivo? Il gas arriva regolarmente sia dalla Russia sia dal nord africa. I rigassificatori però, anche quando sono fermi, li paghiamo noi tutti in bolletta.
Messa in soffitta anche la tutela del paesaggio e del patrimonio artistico: la norma del silenzio assenzio spargerà cemento ovunque.
Mentre il ministro dell’ambiente chiama omicidi i mille condoni edilizi concessi nel nostro paese, il suo governo ha chiarito i propri obiettivi: ridare slancio alla grande lobby dei costruttori, per drogare l’economia e ridare slancio alle grandi opere, a danno di chi in questo paese vive e si barcamena tra stabile precarietà e disoccupazione.
In questi giorni un gruppo di uomini e donne con figli a scuola ha scritto al prefetto di Genova, ricordando gli enormi sacrifici affrontati, la perdita di ore di lavoro e del relativo stipendio dovute ai sette giorni di stop delle scuole per l’alluvione. L’ennesima alluvione annunciata. Nella lettera si chiedono ragione dello stanziamento di poche decine di milioni per la messa in sicurezza dei territori a fronte dei miliardi destinati al cemento.
A Carrara i cittadini, esasperati da alluvioni continue intervallate da provvedimenti tampone che tappano un buco ma non incidono sulle cause occupano dall’8 novembre la sala di rappresentanza del comune e hanno dato vita all’assemblea permanente dei cittadini. Un’eco non casuale con l’analoga esperienza che condusse alla chiusura della Farmoplant di Massa.
E’ finita con cassonetti in fiamme e scontri con la polizia la manifestazione dello scorso 7 novembre a Napoli. Il corteo era stato convocato per protesta contro la nomina, prevista all’articolo 33 dello Sblocca Italia, di un commissario che porti a compimento la bonifica dell’ex area industriale di Bagnoli cominciata quasi vent’anni fa. Al centro della protesta il timore che attraverso il commissariamento si arrivi a una cementificazione di un’area che tanti vorrebbero bonificata e destinata ad uso pubblico.
Da Genova a Napoli a Carrara sono tanti i segnali di un’insofferenza diffusa tra chi paga un duro prezzo per le scelte scellerate di una classe politica che bada sola alla perpetuazione di se stessa.
Ascolta l’approfondimento dell’info di Blackout con Francesco Carlizza