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I rom, il comune e il ras delle soffitte

2013-03-fassinoIl Comune sgombera il campo rom mentre A.I.Z.O. versa i soldi nelle tasche di Molino, “Ras delle soffitte”

«In corso Vigevano c’è un edificio che “accoglie” diverse famiglie. Si trova sopra ad una discoteca non isolata acusticamente, che mette musica dal martedì alla domenica, è sorvegliato da videocamere e l’uso del suo spazio è soggetto ad un regolamento severo: divieto di avere ospiti durante la notte, proibizione di “ingombrare” i corridoi anche solo con i passeggini, divieto di sostare sul marciapiede antistante, 2 euro per fare una lavatrice (con il proprio detersivo). L’housing sociale di Corso Vigevano è gestito da un’associazione la cui presidente, in una conversazione privata, ha dichiarato che “Questo posto è abbastanza vicino al centro, ma è un quartiere di miserabili, marocchini, tunisini… va bene per rom.” »

(C. Vergnano, 2015, “La città possibile. L’etnicizzazione di un conflitto urbano”, libera traduzione dal catalano)

E’ ormai di dominio pubblico un fatto che si conosceva da tempo e che avevamo anticipato: l’immobile di Corso Vigevano 41, nel quale sono state collocate in regime di “social housing” diverse famiglie del campo rom di Lungo Stura, è direttamente amministrato ed indirettamente posseduto da Giorgio Molino.

I soldi stanziati dal Ministero dell’Interno per il progetto “La città possibile” del Comune di Torino finiscono così anche nelle tasche di colui che è meglio noto come “Ras delle soffitte”, dal momento che ha costruito il proprio impero affittando tuguri e mansarde fatiscenti a profughi e clandestini a prezzi impossibili (da 300 a 600 euro al mese per un posto letto) ed è per questo stato anche condannato ai domiciliari nel 2007.

Con buona pace dei fascisti e dei razzisti, mentre centinaia di Rom migranti finiscono in mezzo alla strada, i soldi finiscono nelle tasche di pochi italianissimi speculatori.

L’immobile di proprietà di Molino – già sequestrato dalla Polizia Municipale nel 2012 per abusi edilizi –  è affittato e gestito da A.I.Z.O. – Associazione Italiana Zingari Oggi, di cui presidente è Carla Osella, una delle associazioni cui il Comune di Torino ha affidato l’appalto di oltre 5 milioni di euro per il progetto “La città possibile”.  Nel caso dell’immobile in questione, trattandosi di un intervento di “housing sociale”, A.I.Z.O. è incaricata di “controllare” ed “educare” alcune famiglie rom che, nelle parole della Vicesindaco Tisi, andrebbero “allenate” a vivere in alloggio.

Famiglie che, dalle baracche del campo di Lungo Stura, sono così passate a vivere ammassate in stanzoni privi di divisioni tra i locali, senza intimità, sottoposte ad un regime abitativo che si colloca a metà tra la caserma e l’asilo: se un comportamento non è gradito ai guardiani dell’Associazione o se si viola una delle stringenti norme previste dal regolamento interno, si rischia di essere immediatamente cacciati in strada, come è già successo ad alcune persone.

Come se non bastasse, la destinazione d’uso dell’immobile di Molino non è nemmeno residenziale. Si spiega quindi una delle ragioni (politiche, perchè dal punto di vista normativo andrebbe comunque garantita) per cui sembra non sia stata fin’ora riconosciuta la residenza alle famiglie rom che ivi sono state collocate da A.I.Z.O. sotto l’egida del Comune di Torino.

Quale patto scellerato è stato siglato tra A.I.Z.O. e Giorgio Molino?

Perchè il Comune di Torino ha legittimato il trasferimento delle famiglie rom in un immobile recentemente posto sotto sequestro per illeciti?

Quanto degli oltre 5 milioni stanziati dal Ministero dell’Interno è andato a finire nelle tasche del “ras delle soffitte”?

Il finanziamento a Giorgio Molino non è certo un caso isolato all’interno del progetto “La città possibile”. Si tratta del secondo capitolo della speculazione in atto sulla pelle dei rom. Un altro capitolo è rappresentato dai “costi di gestione” di associazioni e cooperative incaricate di gestire il progetto (Valdocco, AIZO, Terra del Fuoco, Stranaidea, Liberitutti, Croce Rossa).

Se parte dei profitti se li spartiscono immobiliaristi, associazioni e cooperative, la responsabilità politica di questa squallida vicenda è del Comune di Torino.

Il quale, come se non bastasse, sta portando avanti lo sgombero senza alternativa abitativa di oltre 600 persone dal campo rom di Lungo Stura. Senza contare che anche le (supposte) 307 persone obbligate a sottoscrivere un “patto di emersione” dai contorni razzisti per accedere ad una sistemazione abitativa o essere rimpatriate in Romania, a breve potrebbero ritrovarsi in strada, dovendo farsi interamente carico di affitti a prezzi di mercato insostenibili stabiliti dai proprietari degli immobili, tra cui Molino.

A meno che il Comune non si sia già assicurato altri soldi con cui finanziare associazioni e cooperative (la famosa gallina dalle uova d’oro)…

Il Comune di Torino credeva di poter infiocchettare gli oltre 5 milioni di euro spesi in questa operazione di speculazione e sgombero presentandosi sul panorama nazionale come primo ente locale impegnato a “superare” i campi rom.

Da bravi diifensori dell’ordine e del privilegio, i comitati “cittadini” ed i partitucoli di matrice fascio-leghista nel frattempo inveivano contro “le case regalate ai Rom”.

Contro l’uno e contro gli altri, a volte un granello di sabbia…

Basta sgomberi e speculazioni sulla pelle dei Rom!

Assemblea Gatto Nero Gatto Rosso

gattonerogattorosso@inventati.org

Posted in immigrazione, Inform/Azioni, razzismo, torino.

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