In un sabato mattina di gennaio, nell’aria sporca di Torino, appena bagnata da una lieve pioggerellina, un gruppo di antirazzisti, si è fatto un giro a sorpresa in una decina di uffici postali.
Uno striscione con la scritta “stop deportazioni”, cartelli, volantini e un megafono tascabile per raccontare alla gente in fila per un pacco, una raccomandata, un bancomat che Mistral Air, la compagnia aerea delle Poste ha una convenzione con il ministero dell’Interno per la deportazione degli stranieri senza documenti. A tutti l’invito a portare una cartolina alle Poste, per fermare i voli,per inceppare la macchina delle espulsioni.
C’è chi ascolta, chi chiede, chi resta indifferente, chi è solidale. In alcuni uffici dirigenti ed impiegati si agitano, invocando divieti e proibizioni. Forse sono gli stessi che si commuovono per i bimbi morti sulle spiagge del Mediterraneo. In un ufficio la direttrice si ferma a parlare: ha sposato uno straniero, conosce le gabbie di carta, la vita grama di chi vive nel timore che una pattuglia lo intercetti, spezzando il filo della vita che si è costruito. Altri invece gridano, si lamentano per le scritte che in città raccontano questa storia.
Molti, i più, leggono il volantino, poi lo ripiegano e lo mettono in tasca.
La campagna di informazioni su Mistral Air e le altre compagnie che fanno voli di deportazione continua sabato 18 febbraio dalle 10,30 alle 12,30 con un presidio nei pressi dell’ufficio postale di corso Giulio Cesare 7. Se piove il presidio diventa itinerante.
Scarica a diffondi la cartolina per Poste Italiane.
Di seguito il volantino della campagna:
Posta aerea
Gli esseri umani non sono pacchi postali
Mistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane, non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.
Fuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C’è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C’è anche chi, semplicemente, vuole andare in Europa, perché desidera un’altra vita.
Tutti si trovano di fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.
A migliaia muoiono durante il viaggio. Annegati in mare, soffocati nei tir, travolti da un treno in una galleria ferroviaria. Ammazzati, tutti, dagli Stati, dalle frontiere, dalle leggi che impediscono a chi nasce in un paese povero di viaggiare liberamente.
Li chiamano clandestini, perché non hanno le carte in regola, perché non hanno il permesso di soggiorno. Pochi sanno che è quasi impossibile emigrare legalmente in Italia.
La legge stabilisce che puoi avere il permesso di soggiorno solo se hai un lavoro, una casa, se hai imparato bene l’italiano. Vieta però di entrare in Italia per cercare un’occupazione. Se vuoi entrare ed avere le carte in regola, devi avere in tasca il contratto di lavoro. Un racconto di fantapolitica? No l’Italia di oggi.
Ovviamente nessuno assume qualcuno senza averlo visto prima, nessuno prende un operaio tunisino che parla solo arabo, nessuno da lavoro ad una badante ucraina che non si è mai mossa dal suo paese.
L’operaio tunisino, la badante ucraina, il muratore nigeriano, l’idraulico moldavo entrano tutti clandestinamente nel nostro paese, tutti lavorano in nero. Tutti sperano che il padrone, prima o poi, li regolarizzi, facendo un finto contratto nel loro paese.
Chi ce la fa ad avere il contratto e, quindi, il permesso, se perde il lavoro, dopo poco perde anche il permesso e torna clandestino.
I clandestini, uomini e donne, rischiano la reclusione in un CIE, rischiano di essere espulsi. Magari con un charter della Mistral Air, la compagnia area di Poste Italiane.
In questi anni di guerre feroci moltissimi uomini, donne e bambini hanno perso tutto: casa, lavoro, la possibilità stessa di sopravvivere.
I profughi di guerre, cui spesso l’Italia ha partecipato con bombardieri, droni, truppe ed elicotteri da combattimento, cercano di raggiungere l’Europa del nord, per tentare di riprendere il filo delle loro vite interrotte, spezzate, violate.
Trovano di fronte a loro muri sempre più alti, centri di accoglienza dove ONG, associazioni, cooperative sono ben pagate per cercare di sopire con minestre e coperte il desiderio di continuare un viaggio interrotto dalla polizia italiana.
Molti non ci stanno e provano a passare le frontiere. Molti migranti si organizzano con antirazzisti e solidali per sfuggire ai trafficanti e ai controlli lungo le frontiere. È successo a Chiasso, è successo a Ventimiglia, dove spesso la parola è passata ai manganelli, ai gas, alle botte. Allo Stato.
Molti uomini e donne in viaggio sono stati rastrellati e caricati su un volo diretto al Sud. Come nel gioco dell’oca: se perdi torni alla casella di partenza.
Il voli dei deportati avevano spesso il colore giallo e azzurro della Mistral Air.
Il nuovo ministro dell’Interno Minniti ha deciso che in ogni regione ci debba essere un CIE. Oggi in Italia ce ne sono quattro: gli altri 9 sono stati chiusi dopo anni di rivolte, fughe, pestaggi e distruzioni. Ogni volta che venivano distrutti, li ricostruivano, finchè, per qualche anno, solo nei quattro rimasti hanno continuato a rifare le sezioni demolite e bruciate.
Oggi il ministro vuole riaprire, con un nuovo nome e con tanti militari in più, queste prigioni per senza documenti in attesa di espulsione.
Nel frattempo sta visitando i paesi di partenza e quelli di passaggio perché, in cambio di soldi e armi, blocchino le partenze ed accettino gli espulsi. Violenze, stupri, omicidi sono il pane quotidiano peri migranti che finiscono nelle prigioni libiche. La Libia di oggi è un inferno, come l’Iraq, la Siria, l’Afganistan.
La nozione di “diritti umani” si declina in modo diverso a seconda dei tempi e dei luoghi. I nuovi CIE, gli accordi per blocchi e respingimenti, i morti lungo la strada sono l’emblema del nostro paese.
Chi vive a Torino spesso ha una storia di emigrazione alle spalle. Tanti hanno sentito le storie di emigrazione di padri e madri, fatte di discriminazione e razzismo.
Discriminazione e razzismo sconfitti dalla lotta comune per la casa, il salario i trasporti.
Oggi chi comanda e chi si fa ricco sulle nostre vite vorrebbe che facessimo la guerra ad altri poveracci, ai profughi e agli immigrati, ai clandestini. Noi sappiamo però che chi comanda e chi sfrutta vuole la guerra tra poveri per poter meglio sfruttare, per poter meglio comandare.
Non diventiamo complici dei padroni e del governanti.
Gli esseri umani non sono pacchi postali.
Diciamolo forte a Poste Italiane!
federazione anarchica torinese
corso palermo 46 – riunioni ogni giovedì alle 21