Venerdì 3 febbraio a Malta si è svolto il vertice Ue sui migranti, con il chiaro obbiettivo di blindare il confine con la Libia, bloccando le partenze.
In un’Europa divisa su tutto, l’unico accordo è sui muri, pattugliamenti, rastrellamenti, respingimenti. Nel Mediterraneo toccherà alla guardia costiera libica, pagata, attrezzata ed addestrata dall’Italia, il compito di bloccare i migranti.
Al vertice l’UE ha appoggiato l’accordo sottoscritto il giorno precedente tra Italia e il governo di Al Sarraj.
L’accordo l’Italia – Libia prevede soldi in cambio di polizia, controlli e centri di detenzione in Libia. Sebbene il protocollo siglato confermi gli accordi sottoscritti negli anni precedenti e, in particolare quello del 2008 tra il governo italiano e quello libico, oggi la Libia è divisa in almeno tre fazioni che rivendicano il potere e si spartiscono il paese. Difficilmente il governo Al Sarraj riuscirà a fare il lavoro per cui viene pagato, chiudendo la rotta libica. Sino al 2011 e alla guerra scatenata da Francia e Gran Bretagna per il controllo della Libia, il blocco delle partenze, le deportazioni di massa, i campi di concentramento e le espulsioni nel deserto costarono enormi sofferenze a migliaia di migranti picchiati, stuprati, uccisi, venduti. Un piano architettato a Roma e realizzato nelle prigioni e nei deserti libici. Lo stesso schema, ripetuto nel 2017, renderà comunque la strada della gente in viaggio più costosa, più pericolosa, più mortale.
Gli accordi promossi dal ministro dell’Interno Minniti e sostenuti dall’Unione Europea faranno migliaia di vittime, senza ottenere il risultato sperato, tuttavia saranno strumenti potenti per i governi di fronte alle tornate elettorali italiane, francesi, tedesche.
Una dura condanna all’accordo arriva dall’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione che in un comunicato spiega: ” L’Ue e il governo italiano aggirano il dovere di accogliere persone in fuga da persecuzioni e guerre con una politica estera in materia di immigrazione basata in gran parte su accordi stipulati con governi dittatoriali o incapaci di garantire l’incolumità dei propri cittadini. Con questi accordi, prosegue l’Asgi, l’Ue e l’Italia violano il principio di non refoulement in quanto esigono che paesi terzi blocchino, con l’uso della forza, il passaggio di persone con un chiaro bisogno di protezione internazionale”.
Gli accordi e le convenzioni umanitarie sono l’abito bello che l’Europa dei muri e delle frontiere veste per le commemorazioni e i gran galà della politica. Per il resto sono carta straccia. Ogni tanti un ricorso, raccattato su una spiaggia piena di morti, in fondo ad una galera libica arriva provoca una condanna dell’Italia per trattamenti inumani e degradanti, per tortura. Prima pagina in profilo basso, due parole di rammarico istituzionale, poi la giostra riprende come prima.
Il MEDU – Medici per diritti umani in un proprio comunicato racconta la condizione dei migranti intrappolati in Libia. Di seguito qualche stralcio dal loro comunicato:
“La Libia è oggi per i migranti un grande campo di concentramento, sfruttamento e tortura gestito da una miriade di milizie, gruppi armati e bande criminali di dimensioni e caratteristiche tra le più svariate.
L’accordo (italo-libico, ndr) è inumano nel suo impianto perché ha palesemente come unico obiettivo quello di “fare muro” nel Canale di Sicilia per bloccare gli sbarchi in Italia senza preoccuparsi della sorte di centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini destinati a rimanere intrappolati nell’inferno libico.
I diritti umani, la cui difesa avrebbe dovuto essere l’asse portante dell’accordo, vengono citati solo una volta nel memorandum, nell’articolo 5, e in un modo che li fa apparire niente di più che un orpello di circostanza: “Le Parti si impegnano ad interpretare e applicare il presente Memorandum nel rispetto degli obblighi internazionali e degli accordi sui diritti umani di cui i due Paesi siano parte.”. Non dimentichiamoci che la Libia non ha neppure sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.
L’intensità e l’estensione delle violenze commesse sui migranti in Libia è di una gravità senza precedenti e gli operatori di Medici per i Diritti Umani (MEDU) ne sono quotidianamente testimoni nelle attività di cura e ascolto delle persone appena sbarcate in Italia e assistite nei progetti di riabilitazione delle vittime di tortura in Sicilia e a Roma (vedi ESODI Rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso l’Europa ).
Oltre il 90% dei migranti intercettati da MEDU ha subito torture, abusi e violenze ripetute, quasi sempre in Libia. Le pessime condizioni igienico-sanitarie e il disumano sovraffollamento, le quotidiane percosse e altri tipi di traumi contusivi sono le forme più comuni e generalizzate di maltrattamenti nei centri di detenzione e di sequestro .
Vi sono poi le percosse ai piedi (falaka); le torture per sospensione e posizioni stressanti (ammanettamento, posizione in piedi per un tempo prolungato, ecc); le ustioni provocate con gli strumenti più svariati; le minacce ai danni propri o delle proprie famiglie; gli stupri e gli oltraggi sessuali; gli oltraggi religiosi e altre forme di trattamenti degradanti; la privazione di cure mediche; il lavoro in condizioni di schiavitù, l’obbligo di assistere a torture e trattamenti crudeli ai danni di altre persone.
Nove migranti su dieci hanno dichiarato di aver visto qualcuno morire, essere ucciso, torturato o gravemente percosso. Come ricorda con indelebili parole uno di loro: ‘una volta che arrivi in Libia smetti di essere considerato un essere umano’.”
Ascolta la diretta dell’info di radio Blackout con Alessandro Dal Lago.