Il bombardamento statunitense della base dell’aeronautica siriana da cui sarebbero partiti gli attacchi chimici contro la popolazione di un’area controllata dai ribelli si inserisce nel complesso quadro dei rapporti russo-americani.
Nei fatti la Siria di Assad è diventata un protettorato di Mosca e lo stesso Cremlino ha probabilmente dato il suo assenso a un attacco americano limitato e simbolico. Le difese
antiearee/antimissile stanziate dai russi in Siria sarebbero state in grado di bloccare, o comunque di mitigare fortemente, l’attacco statunitense ma non sono intervenute.
È quindi ipotizzabile che sia in corso un gioco delle tre carte in cui gli USA rimarcano il proprio ruolo di vigilanza contro l’uso di armi non convenzionali e Putin ricorda al
regime di Assad che è il legame tra Damasco e Mosca che consente al
despota di rimanere in carica.
L’evento riflette, comunque, un parziale, ma non sappiamo se temporaneo
o meno, cambio di passo dell’amministrazione Trump: se fino a una settimana fa si escludevano ulteriori interventi in Siria se non contro l’ISIS ora gli USA rientrano, seppure più limitatamente rispetto alla volontà di spodestare Assad della prima fase del conflitto, in campo nella definizione degli assetti siriani. Contemporaneamente si apre anche una crepa nei rapporti tra Trump e l’alt-right che pure tanto peso ha avuto nell’elezione dello stesso: Steve Bannon viene escluso dal gabinetto presidenziale sulla sicurezza nazionale e pare esservi un riavvicinamento tra l’amministrazione Trump e la componente NeoCon del Partito Repubblicano. Ma il peso dell’alt right non diminuirà specie in politica interna: rapporti con le “minoranza razziali”, questioni di genere, assetti economici.
La partita è complessa e aperta.
Ascolta la diretta dell’info di Blackout con Lorenzo, autore di numerosi articoli sulla politica statunitense.
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