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Efrin. Il grande gioco della Turchia

L’attacco a Efrin, l’operazione “ramoscello d’ulivo”, era ampiamente prevedibile. A Efrin, uno dei cantoni del Rojava, si sperimenta il confederalismo democratico.
Dopo aver sferrato durissimi colpi ai sostenitori dell’HDP, il partito filocurdo, che si ispira alle teorie del fondatore del PKK, Abdullah Ocalan, Erdogan punta alla Siria.

Dopo la pressochè totale liquidazione dell’ISIS, con l’apporto decisivo delle unità di protezione del popolo del Rojava, le carte tornano sul tavolo e il quadro delle alleanze muta in fretta.
Ankara è decisa a regolare i conti con i curdi siriani, divenuti simbolo materiale della capacità di autogoverno nell’area. Indebolirli e, se possibile, spazzarli via, è indispensabile ad Erdogan per garantire il controllo delle aree curdofone della Turchia, pacificate con estrema violenza due anni fa.
Il Rojava è una spina nel fianco molto dolorosa per il governo Erdogan, che pur fortissimo dopo il dubbio referendum costituzionale, potrebbe trovarsi in difficoltà.

Le epurazioni di massa nella scuola, nell’esercito, nella magistratura e, più in generale, nella pubblica amministrazione, gli arresti di migliaia di oppositori politici, la distruzione di tante città curde, il bavaglio imposto alla stampa, la violenta gentrificazione, l’islamizzazione forzata, portano ad un allargamento della forbice sociale, al moltiplicarsi delle tensioni politiche, sociali e culturali non facili da reggere nel lungo periodo.

Il ritiro delle truppe russe da Efrin ha sgomberato il terreno all’azione delle truppe turche, jihaidiste e dell’esercito siriano libero. Gli interessi russi in Turchia sono molto più importanti di questa piccola enclave curdofona nel nord della Siria. Il gasdotto in costruzione – lo stesso contro cui si battono i No Tap del Salento – ha importanza strategica per gli interessi russi.
Pare tuttavia difficile che la Russia tolleri una completa invasione dell’area sotto la propria tutela militare. Siamo nel governatorato di Aleppo, dove la Russia ha ben due basi militari. Non solo. Lo stesso governo siriano potrebbe avere scarso interesse a concedere parti del territorio dello Stato siriano ai maggiori sponsor delle milizie jihaidiste nell’area.
Tiepida la reazione statunitense, che tuttavia non controlla Afrin, ma difficilmente permetterà alla Turchia di attaccare a fondo Kobane e Cisre, preziosi alleati nella lotta dell’amministrazione Trump contro l’asse shiita da Teheran al Libano, passando per Baghdad, Damasco per approdare a Sana’a nel cuore della penisola arabica .

Nel frattempo da Efrin è partito un appello alla mobilitazione per fronteggiare il tentativo di invasione. Gli internazionali che combattono in Siria stanno accorrendo nel cantone, per contribuire alla resistenza.

Lo scorso fine settimana un corteo spontaneo ha attraversato Roma diretto all’ambasciata russa. Diverse altre manifestazioni di solidarietà si sono svolte i questi scorsi nel nostro paese: altre sono in programma in settimana.

Ascolta la diretta dell’info di Blackout con Paolo – Pachino – Andolina, anarchico e squatter torinese, nonché ex combattente nell’antifa Tabur in Siria.

Posted in il grande gioco, Inform/Azioni, internazionale.

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