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Milano e Torino. Dov’è Santiago Maldonado? Le maglie di Benetton sono sporche di sangue

A due mesi dalla sparizione forzata di Santiago Maldonado nella Patagonia argentina, per mano della gendarmeria che perquisiva la comunità mapuche Lof de Resistencia a Cushamen, sabato 30 si è tenuta a Milano, di fronte al negozio della Benetton, nel frequentatissimo corso Buenos Aires, una manifestazione/presidio – organizzata dalla Rete, antiautoritaria e autonoma, solidale col popolo mapuche – per denunciare la responsabilità della multinazionale a guida italiana in questo misfatto, sostenere la lotta dei familiari di Santiago ed esigere dal governo argentino una risposta immediata. Insieme ad altre realtà del movimento libertario, hanno partecipato compagne e compagni della federazione anarchica milanese portando la loro solidarietà.

Santiago Maldonado, un giovane libertario di 28 anni, è stato visto per l’ultima volta lo scorso primo d’agosto, mentre solidarizzava con la protesta della Resistenza Ancestrale Mapuche. I mapuche, con i quali manifestava Santiago Maldonado, chiedevano la liberazione di Facundo Jones Huala, attivissimo esponente del movimento di riappropriazione delle terre espropriate ai mapuche, ora appartenenti alla famiglia Benetton, individuata come mandante della repressione governativa sia in Cile che in Argentina contro questo popolo, storico e originario abitante delle terre patagoniche. Nel corso del violento attacco della gendarmeria alla comunità mapuche e ai solidali, Santiago è scomparso.

Le operazioni di polizia erano coordinate da Pablo Noceti, capo-Gabinetto della ministra degli Interni Patricia Bullrich e uomo che ha simpatizzato con il passato regime militare.

Le possibilità di trovare Santiago in vita sono ormai molto poche; sulla presidenza di Mauricio Macri pende l’accusa di un vero e proprio omicidio politico, come ai tempi del regime militare di Videla-Massera-Agosti, responsabile della sparizione e della morte di trentamila persone.

Intanto in Argentina si susseguono le manifestazioni – ultima quella di domenica primo ottobre a Buenos Aires – e in tutto il mondo si registrano proteste e prese di posizione al grido di “Donde està Santiago Maldonado?”

Ascolta la diretta dell’info di Blackout con Massimo, un compagno di Milano.

Anche a Torino, il 14 settembre un nutrito gruppo di compagn* si è dato appuntamento di fronte al negozio Benetton di via Roma.
Di seguito il volantino distribuito per l’occasione dalla Federazione Anarchica di Torino.

Le maglie Benetton sono sporche di sangue

Dov’è Santiago Maldonado?

Desaparecido. Scomparso. Questa parola viene usata solo in spagnolo, perché solo in questa lingua assume il significato che hanno saputo imprimerle i regimi autoritari che negli anni Settanta hanno insanguinato l’America Latina.
In Argentina durante la dittatura di Videla sparirono circa 30.000 persone. Sequestrate, torturate per settimane, mesi, infine gettate in mare ancora vive da aerei militari.
I figli delle prigioniere incinta nacquero in galere segrete come l’ESMA, vennero presi dagli aguzzini dei loro genitori che li spacciarono per propri.

Pochi sanno che nei decenni trascorsi dalla fine della dittatura ci sono stati 310 desaparecidos. Desaparecidos della democrazia. Di loro non si sa più nulla.
Il primo agosto la stessa sorte è capitata a Santiago Maldonado, che lottava a fianco dei Mapuche della Patagonia argentina e cilena contro la multinazionale italiana Benetton.
Le terre mapuche, sfruttate in passato da compagnie inglesi, dal 1990 sono di proprietà di Benetton, che le ha trasformate in enormi pascoli per pecore da lana.
Uno dei tanti casi di land grabbing, furto legale di enormi porzioni di territorio, sottratte alle popolazioni che ci vivevano. La forma “moderna” del colonialismo.
Dal primo agosto Santiago è scomparso, “desaparecido”, inghiottito da un potere che non guarda in faccia nessuno, pur di continuare a fare affari.
Quel giorno si trovava a Pu lof en resistencia a Cushamen, quando un centinaio di poliziotti in assetto antisommossa hanno fatto irruzione, sparando proiettili di gomma e di piombo.
La gente è fuggita attraversando il fiume per ripararsi dalle pallottole. Santiago non è riuscito a guadagnare l’altra sponda e si è nascosto dietro ad un albero. Qui i suoi compagni hanno sentito i poliziotti gridare che ne avevano preso uno. Caricato su un mezzo della polizia non è più stato visto. La polizia nega di averlo arrestato.

Soraya Maicoño quel giorno si trovava per strada ed è stata fermata e trattenuta per sei ore sulla ruta 40, mentre la Gendarmeria reprimeva la comunità Pu Lof. Ha visto Pablo Noceti, capo di Gabinetto del Ministero di Sicurezza della Nazione, passare più volte di lì.
Ha anche notato che tra i pick-up che si dirigevano a Pu Lof c’erano anche quelli della tenuta Leleque di Benetton. Entravano nel commissariato, tornavano a Leleque, andavano a Pu Lof. Anche loro davano ordini, indicazioni. Erano al corrente di quello che succedeva. Era già successo il 10 gennaio, quando Ronald McDonald, amministratore generale delle tenute di Benetton, prestò il camion del ranch per trasportare i cavalli che avevano sequestrato ai mapuche.
Prima di entrare nel governo di Mauricio Macrì, Pablo Noceti era stato l’avvocato dei militari accusati di aver partecipato alle torture e alle sparizioni degli oppositori politici e sociali argentini durante la dittatura. Noceti aveva messo in dubbio le prove giudiziarie definendole “una vendetta politica” e mettendo in discussione l’impossibilità della prescrizione per tali crimini.
L’uomo giusto al posto giusto, pronto ad accusare di terrorismo le organizzazioni mapuche, mentre Santiago Maldonado era vittima del terrorismo di Stato. In vesti democratiche.
Il giorno prima del sequestro di Santiago, il 31 luglio, membri delle comunità mapuche protestavano davanti al tribunale federale di Bariloche per l’arresto arbitrario di Facundo Jones Huala: sono stati colpiti dalla Gendarmeria Nazionale e dal reparto di Assalto Tattico della polizia aeroportuale di sicurezza, con proiettili di gomma sparati ad altezza d’uomo. Nove persone sono state arrestate e molte altre sono state ferite.
Il primo settembre centocinquantamila persone hanno attraversato il centro di Buenos Aires, mostrando cartelli e gridando a gran voce “Donde esta Santiago Maldonado?”, “Dov’è Santiago Maldonado?” “Lo abbiamo salutato vivo, vogliamo rivederlo vivo.”

In questi giorni fonti anonime della polizia federale hanno fatto filtrare la notizia non confermata che Santiago sarebbe morto per le torture subite durante la detenzione.
Nella lunga storia della lotta Mapuche per la propria terra, chiare sono le responsabilità dei governi che si sono succeduti.
Altrettanto chiare le responsabilità del gruppo Benetton. Dietro alla facciata antirazzista, ci sono i feroci colonialisti del nuovo millennio.
Le maglie colorate di Benetton si sono macchiate del sangue di tanta gente che lottava. Come Santiago Maldonado.

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