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Appendino con l’elmetto

Per il 4 novembre, “festa delle forze armate e dell’unità nazionale”, sui muri di Torino accanto ai consueti manifesti celebrativi c’è anche un testo di Chiara Appendino, che da il proprio contributo alla retorica nazionalista, militarista, che caratterizza una giornata segnata da parate militari e cerimonie patriottiche.
Appendino elogia gli uomini in divisa come difensori del “diritto dei popoli all’autodeterminazione”. Un esempio di humor nero di fronte alle 36 missioni di guerra in cui sono impegnate le forze armate italiane in paesi come l’Afganistan, l’Iraq, la Libia, il Libano, la Somalia. Paesi devastati da guerre in cui l’Italia è stata in prima fila.
L’Italia è seconda solo agli Stati Uniti per numero di soldati impegnati in aree di guerra.
Guerre vere travestite da interventi umanitari, o, meno ipocritamente, operazioni di polizia internazionale.
Chi sa cosa direbbero gli abitanti dei paesi dove operano le truppe tricolori del “diritto all’autodeterminazione del popoli” garantito dalle “nostre” forze armate.
Il messaggio di Appendino è un abile mixaggio di buoni sentimenti ed esaltazione della guerra.
In sintonia con il suo movimento la sindaca di Torino esalta l’azione dei militari contro i migranti, messi nello stesso elenco della “minaccia terroristica”.
Non mancano i ringraziamenti a chi lavora a “rendere sicure” le nostre strade. La mappa dell’operazione omonima – 7000 mila militari impegnati – è una mappa di guerra. La guerra combattuta nelle periferie, nei CIE, nelle baraccopoli, ai giardinetti. La guerra ai poveri.

Il comunicato termina con una esaltazione delle tradizioni militari di Torino, prima capitale del Regno di Savoia. Tradizioni che oggi come allora significano occupazione militare, repressione, tortura, morte.

Ma c’è un’altra Torino. Oggi come cent’anni fa.
È la Torino degli uomini e delle donne che nell’agosto del 1917, mentre tanti morivano per spostare un confine, per rendere più potente il regno, insorse contro la guerra, la fame, le fabbriche militarizzate. Tanti morirono, vennero feriti e arrestati. Su quelle barricate su cui si infrangeva la furia delle cariche a cavallo si lottava e si moriva per farla finita con la guerra, lo sfruttamento, le frontiere.

Nel marzo del 1943 gli operai delle fabbriche torinesi scioperarono contro la guerra e l’occupazione militare. Molti pagarono con la vita e la deportazione la loro rivolta.

Ogni giorno nella nostra città c’è qualcuno che si schiera sul fronte della guerra ai poveri, che lotta contro le fabbriche d’armi, i CIE, le deportazioni, lo sfruttamento. Sono i senzapatria che lottano per cancellare frontiere, contro tutti gli eserciti, gli stati, le guerre.

La sindaca di città ha indossato l’elmetto, perché tutti sappiano da che parte sta.

In giro per Torino sono comparse scritte sui manifesti di Appendino.

Ne abbiamo fotografata una che dice “No a tutti gli eserciti”. “Appendino merda militarista”

Il 4 novembre è la festa degli assassini.

Per un 4 novembre di lotta antimilitarista appuntamento alle 15 in piazza Statuto. Da lì ci muoveremo verso piazza Castello, dove è prevista la cerimonia militarista.

Niente pace per chi fa guerra!

Posted in antimilitarismo, immigrazione, Inform/Azioni, torino.

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