Skip to content


25 aprile in Barriera di Milano. La memoria dei partigiani vive nelle nostre lotte

DSCN0059Ogni anno gli anarchici della FAT si ritrovano alla lapide di Ilio Baroni, operaio delle Ferriere, partigiano a capo della settima brigata SAP, che morì combattendo il 26 aprile del 1945, nel secondo giorno dell’insurrezione di Torino contro i nazifascisti.

fai 03Anche quest’anno ci siamo ritrovati al muretto, che un tempo era la spalletta di un ponte su un canale, che venne prosciugato qualche decennio fa, perché le fabbriche avevano chiuso e quell’acqua non serviva più.

DSCN0039Nonostante qualche accenno di pioggia eravamo tanti, più del consueto. C’era anche una ragazza appena arrivata a Torino che era venuta lì con un fiore.

Ritrovarsi lì e ripercorrere la memoria di quei giorni d’aprile, quando in Barriera fai 02di Milano ci si batteva strada per strada, con le armi in pugno, è da sempre un modo per intrecciare i fili di una memoria che non muore, perché vive nelle nostre lotte.

Le strade di Barriera sono le stesse degli scioperi del 1917 contro DSCN0038la guerra, quando l’anarchico Ilario Margarita ebbe la buona idea di elettrificare le barricate per fermare le cariche a cavallo.

Qui il sogno che tanti avevano nel cuore e nelle mani divenne concreto nel 1920, DSCN0042quando la Fiat venne occupata dai lavoratori ed i padroni se la videro brutta. Uno spavento che porto’ alla dittatura fascista.
Oggi la crisi incide nel profondo: sono tanti quelli che hanno perso il lavoro, ancora di più quelli che non ce l’hanno e non lo avranno DSCN0035mai. Torino è la capitale degli sfratti, della repressione, della militarizzazione dei quartieri.

Oggi in Barriera si lotta contro il razzismo, lo sfruttamento, i militari in strada. Si lotta contro il fascismo che torna ed è targato DSCN0045Lega Nord, si lotta contro contro un governo autoritario che agisce per ottenere il totale asservimento dei lavoratori.

La mattina del 25 aprile i giornali parlano dei fantocci appesi la notte del 24 in Barriera. Di fronte fai 04alla sede della Lega Nord di via Poggio Matteo Salvini è stato appeso a faccia in giù. Nella stessa via c’é la sede dell’ANPI che chiamò Giancarlo Caselli a parlare di terrorismo. Lì c’era la sagoma del sindaco di Torino Piero Fassino. Di fronte alla sede del PD, dedicata al fai 06partigiano Banfo, c’era Matteo Renzi. Ci sono anche delle scritte “Lega = fascismo. A piazzale Loreto c’é ancora posto”, “PD = fascismo”, “Ieri ebrei e rom, oggi immigrati e rom”.
I giornali urlano l’indignazione dei politici, parlano di violenza e di minacce. Chi vive in Barriera la violenza la vive ogni giorno sulla sua pelle: ha la faccia dell’alpino con il mitra a caccia di clandestini, delle pattuglie che lo percorrono, dell’ufficiale giudiziario che intima lo sfratto, dei padroni che lucrano sulle vite di tutti.

Intorno alla lapide di Ilio siamo in tanti a sorridere pensando che quei fantocci possano davvero impensierire razzisti e padroni.
La memoria si intreccia, la Resistenza, quella vera, quella che voleva farsi rivoluzione è un retaggio che portiamo tra le mani. Ogni giorno, per poter davvero impensierire che opprime e chi sfrutta, chi uccide e chi tortura. Alla Diaz, a Bolzaneto, nel Mediterraneo.

Poi si brinda, si chiacchiera, appoggiati alla spalletta del ponte. Nicola Bartolomeo, il più giovane di noi, sta imparando a camminare. E’ festa d’aprile.

Qui il testo del volantino distribuito e il resoconto della contestazione del PD alla fiaccolata istituzionale del 23 aprile. Qui le foto dei fantocci appesi alla Lega, all’ANPI, alla sede del PD.

Posted in anarchia, antifascismo, Inform/Azioni, memoria, torino.

Tagged with , , , , , , , , , , , .


70 anni dell’insurrezione di Torino. Contestato il PD alla fiaccolata del 25 aprile

DSCN3121La fiaccolata indetta dal comune di Torino per il 25 aprile, quest’anno sono 70 anni dall’insurrezione della città, è da tanto tempo un appuntamento rituale, ingessato, una vetrina per il PD ed i suoi alleati.

Lo scorso anno ci pensarono i No Tav a rendere l’aria più frizzante. Quest’anno è stata la volta degli anarchici: davanti al fronte istituzionale che sfilava in testa al corteo è apparso uno striscione con la scritta “Ma quale liberazione! Antirazzisti in galera, migranti in fondo al mare”.

Dopo un breve tafferuglio con la Digos, che ha tentato invano di portare via lo striscione, lo abbiamo aperto a lato del corteo che sfilava, volantinando. All’arrivo dello spezzone del PD ci siamo posti di fronte a loro, bloccando il passaggio. Dopo un breve fronteggiamento i Dem hanno deciso di deviare per aggirare il blocco.

DSCN3102Sui giornali, il senatore Stefano Esposito, chiede ai sindacati di stato di proteggere il PD, facendolo sfilare in posizione “coperta”, lontano dalle vivaci contestazioni degli ultimi anni.
Il Partito Democratico sta realizzando il programma mai riuscito sino in fondo al centro destra. Job act e buona scuola, Tav e Expo, Afganistan e Libia sono lo specchio dell’Italia ai tempi di Matteo Renzi tra asservimento del lavoro, devastazione del territorio, militarizzazione e guerra.

salviniAggiornamento al 24 aprile.

Il quotidiano La Stampa riporta la notizia di scritte sulla sede della Lega e del PD in Barriera di Milano. Ci sono anche un paio di foto. Il commento di Numa è “si sospetta la matrice anarchica”

Su Indymedia Piemonte è comparso un comunicato.
Su Indymedia Svizzera è comparso lo stesso comunicato corredato da qualche foto, che vi riportiamo sotto:

“Salvini, Fassino e Renzi appesi a testa in giù davanti alla Lega, all’Anpi e alla sede del PD

fassinoLa scorsa notte di fronte alla sede della Lega Nord, in via Poggio, un sacco nero con la faccia del segretario della Lega è stato appeso a testa in giù ad un lampione. Sul muro la scritta “Lega = Fascismo” a “piazzale Loreto c’è ancora posto”.

Poco distante al cancello della sede ANPI di via Poggio ha fatto la sua comparsa a testa in giù la sagoma agile del sindaco di Torino, Piero Fassino.
Di fronte alla sede del PD in via Banfo è stato appeso a testa in giù renziMatteo Renzi. Sulla serranda la scritta “PD = Fascismo”.
Tutti e tre avevano un cartello con la scritta “Ieri ebrei e rom, oggi immigrati e rom. Ieri leggi razziali, oggi leggi razziste”.

Alla vigilia del 25 aprile un’azione simbolica nelle strade di Barriera di Milano, dove in ogni angolo ci sono le lapidi dei partigiani che combatterono e morirono per cacciare fascisti e nazisti e costruire una società di liberi ed eguali.

lega nordNei giorni dell’insurrezione di Torino, a poche centinaia di metri da via Banfo – anche lui un partigiano – si combatteva metro per metro per impedire ai nazisti e ai fascisti di far saltare le fabbriche, dove lavoravano e sabotavano la produzione tanti operai. Uno tra tutti Ilio Baroni, operaio alle Ferriere, anarchico, che morì con il mitra in mano dietro la spalletta di un ponte, all’angolo tra corso Giulio Cesare e Corso Novara,.

Lui e gli altri non si giocarono la vita per riconsegnare le Ferriere e la Grandi Motori ai padroni di sempre, amici dei governanti di ogni epoca.
I partigiani di Barriera di Milano lottavano per fare la rivoluzione, per tenersi le fabbriche e cacciare i padroni.

Oggi le strade di Barriera sono percorse da militari, poliziotti e carabinieri, perché chi governa teme la guerra sociale.

Matteo Salvini è l’emblema del nuovo fascismo, Piero Fassino è sindaco della città capitale per sfratti e repressione, Matteo Renzi ha messo in atto una macelleria sociale senza precedenti.
Il fascismo ha tanti volti, ma la lingua è la stessa. In questo paese, precarietà, morti sul lavoro, morti sulle frontiere, guerra sono diventati normali. Tanto normali che a 70 anni da quell’aprile i responsabili sfilano in testa ai cortei.

La Resistenza non è finita il 25 aprile 1945. Continua, ogni giorno. A Torino e in ogni dove.

Buon 25 aprile a chi lotta, a chi resiste, a chi porta nel cuore e nelle mani un mondo nuovo.

Senza servi, niente padroni”

Prossimi appuntamenti:
Sabato 25 aprile – ore 15 – ricordo, fiori e bicchierata resistente alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni.

Venerdì primo maggio – spezzone rosso nero – al corteo da piazza Vittorio.
Nel pomeriggio corteo No Expo a Milano nello spezzone anarchico da piazza XXIV maggio.

Di seguito il volantino della Federazione Anarchica Torinese distribuito ieri durante le contestazioni al PD e al governo della città durante la fiaccolata.
Ma quale liberazione!

A 70 anni dalla lotta partigiana il Comune di Torino apre la fiaccolata del 25 aprile il motto “Liberi, tutti”.

Una beffa ed un insulto. Una beffa ed un insulto per chi, in quegli anni terribili, scelse di giocarsi la vita per un’idea di libertà e giustizia sociale ben lontane dal presente che siamo forzati a vivere.

Gli operai delle fabbriche torinesi che scioperarono nel marzo 1943, pagando con la vita e la deportazione, non volevano per i loro pronipoti, un futuro di sfruttamento selvaggio, disoccupazione, precarietà.
I volontari delle Sap non protessero gli stabilimenti per riconsegnarli ai padroni. A decine morirono combattendo strada per strada per impedire ai fascisti e ai nazisti in ritirata di farli saltare. Il loro sogno lo stringevano tra le mani: le fabbriche, come nel 1920, erano di chi ci lavorava. L’insurrezione della Torino delle periferie operaie era un’insurrezione contro la dittatura e l’occupazione militare, per farla finita con i padroni e chi li serviva.
Oggi in questa città, capitale degli sfratti e della disoccupazione, si vive come sotto il fascismo, ma ci dicono che siamo liberi. Tutti.
Chi non ci sta, chi lotta con un sogno tra le mani, finisce nel mirino della magistratura.
Sono i No Tav che lottano contro lo spreco della risorse e la devastazione del territorio, sono gli antirazzisti che si battono contro deportazioni, sfruttamento, galere per migranti, sono gli uomini e le donne che non si rassegnano alla strada e si prendono le case vuote per viverci, sono quelli che si battono contro i militari per le strade, le retate dei senza documenti.

Il fascismo promulgò leggi razziali, che ebbero conseguenze terribili per gli uomini e le donne che ne furono vittime: niente scuola, niente diritti, niente lavoro nelle strutture pubbliche e, infine, deportazioni, torture, sterminio.
In questa città – oggi – immigrati rumeni rom sono trattati come inferiori, incapaci di vivere in una casa, da educare o deportare. E’ la politica del comune di Torino. Ha diviso cinque milioni di euro destinati “all’emergenza rom” tra una cordata di associazioni, che hanno piazzato in strutture di social housing temporaneo, i 250 che hanno firmato un patto di emersione. Emersione da cosa? Emersione dal campo, dalla povertà come stigma e non come condizione obbligata per chi non trova lavoro perché colpito dal pregiudizio razziale.
Per gli altri, retate, fogli di via, deportazione in Romania, sgombero e distruzione delle baracche. Pochi sanno che tra i partigiani che combatterono e morirono nella lotta partigiana c’erano anche quelli che tanta gente chiama con spregio zingari.
Questo mese il tribunale di Torino ha condannato a galera e multe gli antirazzisti che sei anni fa contestarono l’assessore Curti, dopo lo sgombero di una casa occupata da rom. A luglio verrà pronunciata la sentenza contro l’assemblea antirazzista: il PM ha chiesto 80 anni di reclusione.

Oggi l’Italia democratica ha promulgato leggi razziste, che condannano uomini e donne alla clandestinità, allo sfruttamento selvaggio, alla morte in mare.

Nel nostro paese, per entrare legalmente serve un contratto di lavoro già firmato nel paese d’origine. Tutti quelli che entrano non hanno contratto e sono quindi illegali. Sono le frontiere chiuse dell’Europa che li rendono tali. Il traffico di carne umana è l’effetto delle leggi razziste, non la causa.

Nell’ultima settimana ne sono morti 900. Tutti insieme. Inghiottiti dal mare.
Li hanno uccisi i governi degli ultimi vent’anni, i governi dell’Italia democratica, nata dalla Resistenza, i governi che ripudiano le leggi razziali di Mussolini. I razzisti della Lega Nord e i nuovi fascisti plaudono, i Democratici mostrano cordoglio e indignazione, perché gli “italiani brava gente” non vogliono vedere bambini morti, bare lungo le banchine dei porti.
Però la ricetta di Matteo Renzi è identica a quella di Matteo Salvini.

Il leghista vuole il blocco navale, il democratico vuole bombardare le navi degli scafisti.

Entrambi vogliono fermare le partenze.

Chi non parte, non muore in mare, non arriva in Italia, non intasa i centri, non pretende assistenza. Non esiste. Come non esistono le guerre, la desertificazione, lo sfruttamento delle risorse, il neocolonialismo.

Non esistono le leggi razziste che impediscono a profughi e migranti di approdare in Italia usando normali traghetti ed aerei.
Che muoiano a casa loro.

Matteo Salvini lo predica, Matteo Renzi è determinato a renderlo possibile.
L’uno fa l’agnello, l’altro il lupo.

Secondo voi, chi è il più feroce?
Il fascismo non è finito il 25 aprile del 1945. E’ tempo che una nuova insurrezione apra la via al mondo giusto e libero che i partigiani di allora non videro mai. Lo dobbiamo alla loro memoria, lo dobbiamo al futuro dei nostri figli e nipoti.

Posted in antifascismo, immigrazione, Inform/Azioni, torino.

Tagged with , , .


Salvini, fascista! Livorno non ti vuole!

salvini e il pomodoroMatteo Salvini ha provato a fare un comizio in un mercato del centro di Livorno, ma la risposta degli antifascisti e degli abitanti del quartiere lo ha impedito.

Ne abbiamo parlato con Dario della Federazione Anarchica Livornese.

ascolta la diretta

Di seguito il resoconto di un compagno che c’era in uscita sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova.

Dopo la provocatoria presenza del nazileghista Borghezio, a Livorno mercoledì 22 aprile è arrivato anche Salvini, per una tappa del suo tour elettorale in vista delle elezioni regionali.

Stando alle notizie date nei giorni precedenti dalla stampa locale, il leader leghista sarebbe dovuto arrivare alle 9 e mezza al gazebo della Lega Nord in Via Grande, vicino alla zona del mercato, per poi passeggiare tra le strade del centro, tra i negozi e i banchi degli ambulanti.

La mattina di mercoledì 22 però, tra i banchi del mercato la tensione è alta, nessuno vuole essere strumentalizzato dalla Lega e i commenti della gente sono tutti contro Salvini. Le camionette di polizia e carabinieri presidiano tutti gli accessi alle strade del mercato e gli agenti in borghese controllano in forze la zona.

Già venti minuti prima dell’orario previsto per il suo arrivo, un centinaio persone si raccolgono dove la Lega avrebbe dovuto montare il proprio gazebo.

Ci sono donne e uomini, giovani e meno giovani, operai, facchini e muratori, ambulanti del mercato, pensionati, studenti e disoccupati, facce di ogni paese, tutti livornesi. Tutti là per impedire a Salvini di venire al mercato di piazza Cavallotti per il suo solito spot razzista.

La Lega non ha montato nessun gazebo, è riuscita solo ad aprire un banchino dall’altra parte della strada, protetta su ogni lato da cordoni di agenti in assetto antisommossa.

Quando da dietro i caschi blu si alzano una bandiera leghista ed una bandiera del Granducato di toscana con i colori degli Asburgo-Lorena, parte la contestazione vera e propria, viene aperto uno striscione e tutti cantano Bella Ciao, da una finestra qualcuno sventola una bandiera rossa. La folla dei contestatori cresce, i passanti si uniscono alla manifestazione spontanea e partono i primi slogan: “Salvini, fascista! Livorno non ti vuole!”, “siamo tutti clandestini!”, “Se ci sono i disoccupati, la colpa è dei padroni e non degli immigrati!”.

Quando, in ritardo, arriva Salvini passando da una strada laterale per evitare le contestazioni, i manifestanti sono ormai più di 200. Allora la protesta si fa più intensa e molti riescono, aggirando il primo cordone di polizia in borghese, ad arrivare di fronte agli scudi dell’antisommossa, a pochi metri dal gruppetto di leghisti che si fanno selfie con il proprio capo. Gli slogan e i cori coprono completamente le parole di Salvini, che quando sale in piedi su una panchina per parlare al microfono, da bravo collezionista di felpe, indossa una maglia con su scritto “Livorno” che accende ancora di più la contestazione. A quel punto una fitta pioggia di pomodori e uova lo costringe a scendere dalla panchina e a passare la parola ad un altro leghista. È ormai chiaro che Salvini non farà nessuna passeggiata per il mercato.

Dopo pochi minuti, i leghisti concludono il breve comizio, e Salvini per rispondere alle domande dei giornalisti senza essere sovrastato dagli slogan dei dimostranti deve allontanarsi di circa un centinaio di metri, in una via della Madonna deserta e blindata. La visita dello showman padano dura poco più di mezzora, un corteo di mezzi della polizia lo scorta verso la prossima tappa del suo tour elettorale.
Continued…

Posted in antifascismo, Inform/Azioni, razzismo.

Tagged with , , , .


Processo del compressore. Atto secondo

no tavGiovedì 23 aprile si è aperto il processo contro Francesco, Graziano e Lucio, accusati del sabotaggio al cantiere di Chiomonte della notte tra il 13 e il 14 maggio 2013. In quell’occasione vennero lanciate delle molotov ed un compressore venne danneggiato.

Per lo stesso fatto lo scorso dicembre sono stati condannati a tre anni e mezzo di reclusione Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò, che avevano rivendicato in aula il gesto.

Sebbene l’accusa di attentato con finalità di terrorismo fosse stata giudicata inconsistente sia dalla Cassazione che dalla corte d’assise, i due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, avevano insistito anche con Francesco, Graziano e Lucio. Smentiti ancora una volta dalla Cassazione, hanno fatto ricorso.
Il processo, per il quale i tre No Tav hanno scelto il rito abbreviato, si fa per le accuse di danneggiamento, resistenza, fabbricazione e porto di armi da guerra.

In aula, durante l’udienza svoltasi a porte chiuse, Francesco e Lucio hanno dichiarato di aver partecipato al sabotaggio.

Il rito abbreviato si svolge basandosi solo sulle carte processuali, senza testimoni ed è quindi molto veloce. Il prossimo 12 maggio ci sarà la requisitoria dei PM, il 27 verrà emessa la sentenza.

I tre, che erano rinchiusi nel settore di alta sorveglianza del carcere di Ferrara, nonostante le accuse nei loro confronti implicassero sulla carta un regime carcerario meno afflittivo, sono stati portati al carcere delle Vallette a Torino, dove sono rinchiusi in un’area isolata, autorizzati a fare l’aria solo tra di loro e privati nei primi giorni anche dei materassi.

Mentre in aula si svolgeva il processo all’esterno circa 150 solidali hanno dato vita ad un presidio, poi si sono gettati in strada. Dopo un breve momento di tensione con l’antisommossa, sono partiti in corteo per le vie di Borgo San Paolo.

Posted in ambiente, Inform/Azioni, no tav, repressione/solidarietà, torino.

Tagged with , , , , , , , , .


Che muoiano a casa loro! Il lupo e l’agnello

mareIndignazione, lacrime, fiori, commozione. Settecento o ottocento morti affogati nella stiva di uno scafista criminale, maldestro, ubriaco e cannaiolo hanno fornito al governo l’occasione propizia alla riapertura del fronte libico.

Le destre, da Salvini a Santanché, hanno fatto le consuete esibizioni di ferocia verbale, ma nei fatti le loro proposte sono fatte di carta velina.

Ci ha pensato il generale di corpo d’armata Graziano a fare piazza pulita della proposta di blocco navale del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini. Con la grazia tipica dei militari, Graziano, intervistato dal quotidiano La Stampa, ha fatto rilevare che un blocco navale di fronte alle coste libiche, fatta la tara dai problemi diplomatici, avrebbe rappresentato un incentivo alle partenze, non un deterrente. Agli scafisti basterebbe mollare i barconi in vista delle unità della marina militare e filare via, confidando nel dovere del soccorso, e il gioco sarebbe fatto. Con buona pace di Matteo Salvini, migranti e profughi arriverebbero in Italia più numerosi e più in fretta. Senza il mare a fare la selezione, la proposta di Salvini si rivelerebbe un boomerang per la propaganda xenofoba e razzista del suo partito.

A Salvini non interessa tanto la realizzabilità della sua idea, quanto l’effetto mediatico, che spera di capitalizzare nell’ormai prossima scadenza elettorale. I tweet e i post che esprimevano compiacimento per l’ultima strage delle frontiere dimostrano che la Lega ha imbroccato la strada buona. Salvini l’ha candidata a diventare il catalizzatore della destra più estrema, costitutivamente incapace di divenire polo attrattivo per il ceto medio impoverito e spaventato della provincia lombarda o veneta, o di rappresentare il ventre molle delle vecchie clientele forziste, orfane di un Berlusconi ormai incapace dei propri funambolici recuperi. Abbandonato l’afflato indipendentista, ma non il corredo simbolico del nordismo padano, fa sua l’intuizione della Nuova Destra differenzialista e costruisce un ponte nord sud, cementato nella paura, nella xenofobia, nel campanile crociato contro l’invasione della mezzaluna. E’ così riuscito a superare l’impatto delle tante inchieste per corruzione che hanno travolto svariati eminenti leghisti, sin dal padre fondatore e nume tutelare del partito, Umberto Bossi.

Altra cosa sarebbe immaginare oggi una Lega di governo, divisa tra spinte ultraliberiste e tentazioni protezioniste, per non dire della difficoltà di dare corpo reale all’infinità di orrori razzisti che urlano da manifesti e social media.

Quando Maroni era ministro dell’Interno la Libia era governata da un buon alleato come Muammar Gheddafi, che, in cambio di una buona manciata di quattrini, garantiva il blocco dei flussi migratori diretti in Italia.

Nel febbraio del 2012 questa scelta criminale costò all’Italia una delle tante condanne della Corte Europea per i diritti umani.

La condanna riguardava il caso “Hirsi”. 24 persone per le quali non era stato rispettato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura.

I 24 facevano parte di un gruppo di 200 profughi di guerra somali ed eritrei, intercettati in mare il 6 maggio del 2009, caricati su navi italiane e portati in Libia contro la loro volontà, senza dare loro la possibilità di fare richiesta di asilo.

In Libia rimasero per mesi in prigioni dove subirono abusi di ogni genere. La loro vicenda non venne seppellita nel silenzio e nell’indifferenza per un mero caso. Intercettati in Libia da due avvocati del dal Cir – consiglio italiano rifugiati – fecero ricorso alla CEDU.

L’Italia pagò il risarcimento di 15.000 euro a 22 dei 24 rifugiati. Gli altri due nel frattempo erano morti in un nuovo tentativo di raggiungere l’Italia.

Migliaia di uomini e donne furono torturati, stuprati e umiliati nelle prigioni libiche, o morirono di fame e di sete nel deserto perché non avevano abbastanza soldi per i mercanti d’uomini. Fu una lunga strage senza eco in un paese sordo e cieco. Una strage di Stato. Lo Stato italiano.

I respingimenti collettivi in mare, le galere sulle coste e nel deserto decretarono la fine della rotta verso Lampedusa.

I migranti e profughi subsahariani intrapresero la via del Sinai, altrettanto pericolosa di quella del mare. Tutto a posto. I profughi venivano rapiti taglieggiati ed uccisi nel deserto nel tentativo di raggiungere Israele e, di lì, l’Europa, gli eritrei marcivano a Misurata, buona parte dei respinti finivano i loro giorni nel deserto libico, più nessuno aveva l’impudenza di morire nel Mare Nostrum.

Gli italiani “brava gente” dormivano sogni quieti. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Nessuno ripescava in mare bambini morti, nessuno vedeva lunghe file di corpi allineati sulle banchine dei porti. L’emergenza era finita.

Il lavoro sporco lo faceva quel malandrino di Gheddafi, che si esibiva per le vie di Roma appuntando sulla giacca la foto della cattura di Omar al Mukhtar ai tempi della repressione coloniale italiana. Peccato che il colonnello fattosi raiss fosse complice attivo del nuovo colonialismo, che usava i libici come guardie pretoriane del Mare di Mezzo.

Vale la pena ricordare che gli accordi italo-libici per l’outsourcing della repressione dell’immigrazione clandestina, vennero sostenuti sia dai governi di destra che da quelli di sinistra.

Poi le smanie neocoloniali del governo francese, seguito a ruota da quelli inglese e statunitense, fecero saltare in aria la Libia. L’Italia, coerente con lo spirito della storia patria, mollò Gheddafi al suo destino e si unì all’alleanza occidentale per impedire ad altri di abbeverarsi ai “propri” pozzi di petrolio.

Salvò il petrolio ma perse il controllo delle frontiere libiche. I barconi ripresero a viaggiare e con loro la diplomazia italiana. Ancora nel gennaio del 2012, il primo ministro Mario Monti stringerà un accordo con il governo libico per il contrasto dell’immigrazione clandestina. La situazione in Libia, spezzata da una guerra civile sempre più feroce, non permise mai il ritorno all’epoca d’oro del controllo totale delle frontiere.

In quest’ultimo anno la situazione è ulteriormente peggiorata. Il governo italiano ha messo in campo la missione “Mare sicuro” per salvaguardare i propri interessi petroliferi.

I media da settimane suonano la gran cassa della nuova, gigantesca “emergenza sbarchi” che si profila all’orizzonte dell’estate.

Il terribile naufragio di domenica 19 aprile è arrivato come il cacio sui maccheroni. Il governo italiano ha ancora una volta battuto cassa in Europa e si profila un raddoppio della missione Frontex Triton. La questione vera sul piatto resta la Libia, sulla quale soffiano impetuosi venti di guerra.

Sebbene un intervento di terra sia al momento improbabile, pare che Matteo Renzi voglia tentare di riproporre in Libia il modello della missione europea Atalanta, sperimentato contro la pirateria tra il golfo di Aden e l’oceano indiano. L’operazione, cominciata nel 2008 sotto l’egida dell’ONU, è tutt’ora in corso. L’Italia vi è impegnata con proprie navi da guerra, e per un certo tempo, con uomini a bordo di navi civili. E’ il caso della petroliera “Erica Lexie”, sulla quale si trovavano i due marò, che uccisero due pescatori del Kerala, scambiati per pirati.

Se Renzi otterrà l’appoggio dell’UE è potrebbe dare il via ad un’azione con droni e altri mezzi aerei per colpire i natanti dei trafficanti.

Una formula semplice: si affondano le navi, si bloccano a terra i rifugiati e i migranti.

L’idea di Matteo Renzi è identica a quella di Matteo Salvini. Impedire le partenze: chi non parte, non muore in mare, non arriva in Italia, non intasa i centri, non pretende assistenza. Non esiste. Come non esistono le guerre, la desertificazione, lo sfruttamento delle risorse, il neocolonialismo.

Non esistono le leggi razziste che impediscono a profughi e migranti di approdare in Italia usando normali traghetti ed aerei.

Che muoiano a casa loro.

Matteo Salvini lo predica, Matteo Renzi è determinato a renderlo possibile.

L’uno fa l’agnello, l’altro il lupo.

Secondo voi, chi è il più feroce?

Posted in immigrazione, Inform/Azioni, internazionale, razzismo.

Tagged with , , , , , .


Sotto il lenzuolo niente

IMG_20150418_201205Non ci possono essere dubbi. Dio si è certamente adirato per l’iniziativa “Preliminari per l’ostensione” promossa dalla Rete NoSindone in occasione della nuova esposizione pubblica del lino conservato nel Duomo di Torino. Dio non ce la poteva fare da IMG_20150418_205800solo ed ha chiamato in soccorso Zeus, che ha preparato per la serata del 18 aprile fulmini, saette, pioggia torrenziale e, con l’aiuto di Eolo, anche un bel vento ghiacciato che ha spezzato per qualche ora una calda primavera.

IMG_20150418_220124Gli sforzi dei tre sono serviti a poco. Gli anticlericali della Rete No Sindone hanno guadagnato i portici all’angolo tra via Roma e piazza Castello e hanno piazzato banchetti, striscioni, cibarie e sindoni e, tra prefiche, cristi imparruccati, IMG_20150418_214520sindoni, frati e drag queen hanno dato il via ad una serata irridente e beffarda.

Piazza Castello – surreale tra plasticoni dei gazebo per i pellegrini, giardini ir-reali inaccessibili, alpini con il mitra e poliziotti dell’antisommossa – era attraversata da plotoni di Digos armati di macchine fotografiche, IMG_20150418_194927che scattavano freneticamente. Il momento clou è stata l’apparizione di Saturnia Galattica, bionda drag in tacconi e fantascientifiche tette argento.

Poi è partita la rassegna video, tra film autoprodotti e d’autore, tra IMG_20150418_211917Bunuel, Torino Ribelle e Badhole.

IMG_20150418_211519Questo è solo il primo degli appuntamenti di questa primavera anticlericale che culminerà il 21 giugno con una street che attraverserà Torino in occasione della visita di Jorge Bergoglio.

Qui potete leggere l’appello della Rete NoSindone, sotto il lenzuolo niente.

Posted in anticlericale, femminismi, glbtq, Inform/Azioni, torino.

Tagged with , , , , , .


Tortura e potere

degDopo la condanna del governo italiano per i fatti della Diaz, che la CEDU ha definito tortura, si è acceso un vastissimo dibattito, che tuttavia spesso ha ignorato un fatto banale. Non ci sono poteri buoni e la tortura, e la copertura della stessa, fa parte della normalità. In una società gerarchica, statale, of course.
Abbiamo deciso di proporvi alcuni approfondimenti sul tema.
Di seguito l’articolo di Massimo Varengo comparso sul settimanale Umanità Nova.

Questa volta dobbiamo proprio ringraziare Renzi per avere chiarito, senza ombra di dubbio, quali siano i supremi valori dello Stato; a fronte di una condanna per tortura emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per violazione dell’articolo 3 della convenzione europea dei diritti umani per i fatti della Diaz, Genova 2001, Renzi ha riconfermato piena fiducia al capo della polizia di allora, Gianni De Gennaro arrivato, dopo una carriera in ascesa, a ricoprire il ruolo di presidente di Finmeccanica, nonostante che l’operato delle forze di polizia che lui comandava “deve essere qualificato come tortura”.
Ora, da che mondo è mondo, il capo di una qualsivoglia struttura è il responsabile della stessa; l’assolverlo da ogni schifezza che tale struttura possa aver compiuto, vuol dire che è lo Stato, in toto, a farsi carico della schifezza in questione. In aggiunta c’è da dire che De Gennaro è sempre stato uomo gradito alle amministrazioni USA, oltrechè ai partiti di centrodestra e di centrosinistra, e non è certo un caso che si ritrovi oggi a capo di Finmeccanica che è il primo gruppo industriale italiano nel settore dell’alta tecnologia e tra i primi gruppi mondiali nei sistemi di difesa/offesa, nell’aerospazio e nella sicurezza.
Non avevamo bisogno dei giudici di Strasburgo per sapere quella che è la scoperta dell’acqua calda: lo Stato non condanna mai se stesso e se oggi siamo di fronte ad un pronunciamento giuridico sovranazionale esso è dovuto al semplice fatto che lo Stato italiano, pur avendo aderito alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, non si è mai preoccupato di dare una veste legislativa a tale adesione, adeguando i suoi codici a quello che l’integrazione a livello europeo richiede.
D’altronde lo Stato ha il monopolio esclusivo della violenza, e lo ha esercitato e lo esercita nei modi che ben sappiamo. Come sappiamo che anche la sentenza di Strasburgo, emessa dopo ben 14 anni dai fatti, rappresenta, né più né meno, che uno specchietto per le allodole per le anime belle sempre alla ricerca di motivi per aver fiducia nel sistema democratico. Continued…

Posted in Inform/Azioni, memoria, repressione/solidarietà.

Tagged with , , , , , , .


Pirati e pescecani. La battaglia nella Rete

spie

L’incontro con Pepsy, navigatore esperto web, è stato una buona occasione per tanti di capirne di più delle nuove leggi che, dalla Francia, alla Spagna, passando per l’Italia stanno cercando di imbrigliare e censurare la Rete. E’ stata anche una buona occasione per analizzare le tante forme del controllo e per dare una prima occhiata al funzionamento delle batterie di cannoni delle navi pirata.
Ogni volta che la “libertà è in pericolo” gli Stati la difendono rubandocene grossi pezzi.
Promulgano leggi che danno più poteri alla polizia, inventano nuovi reati, che esercitano un maggiore controllo sulle nostre vite.
Internet, straordinario sistema di comunicazione, che per sua stessa natura sfugge alle vecchie regole e alle necessità che imbrigliano la carta stampata, è sempre più nel mirino dei legislatori. Sebbene gli Stati possano praticare talora la censura esplicita o il taglio dei flussi informativi, tuttavia solo regimi esplicitamente autoritari vi fanno ricorso.
I più preferiscono mantenere aperte le vie telematiche, che diventano il luogo ove sperimentare la messa sotto sorveglianza di un’intera società.
Non solo. Gli strumenti che la tecnologia offre alle polizie sono infinitamente più sofisticati che in passato, permettendo un’invasività mai conosciuta in precedenza.
Difendersi è difficile ma non impossibile.
Ogni giorno i pirati del web si affrontano in mare aperto con i pescecani della cyber polizia.

Ascolta la chiacchierata con Pepsy fatta in preparazione dell’incontro organizzato dalla FA torinese

Posted in controllo, Inform/Azioni, repressione/solidarietà, torino.

Tagged with , , .


Sotto la sindone… Preliminari per l’ostensione

papanero_bicolorDal 19 aprile c’è una nuova ostensione della Sindone a Torino. La kermesse clericale all’ombra della Mole culminerà il 21 giugno con la visita di Jorge Bergoglio.

Il lenzuolo custodito nel Duomo verrà esposto al pubblico: poco importa che sia un buon manufatto di qualche tessitura medievale, il miracolo, sostengono i preti, è la fede. In fondo costa meno degli psicofarmaci anche se è altrettanto dannosa. A seconda dei tempi e delle latitudini fa l’effetto dell’oppio, sopendo il desiderio di rivolta, oppure quello della cocaina, spronando alla guerra.

La città è stata militarizzata, i giardini reali e parte di piazza Castello sono stati requisiti per i pellegrini. Poliziotti e carabinieri hanno moltiplicato i posti di blocco, rinforzando la stretta poliziesca. Ogni grande evento è occasione per infittire i dispositivi disciplinari, mettendo sotto sorveglianza un’intera città.

In questa primavera la rete di controllo si estende da Torino a Milano.

A Milano l’Expo mette in scena l’Italia ai tempi di Renzi, tra cantieri miliardari e morti di lavoro, agro business e green economy, lavoro gratuito e servitù volontaria, sfratti e polizia, gentrification e colate di cemento.

Tra un panino trans-genico e un lenzuolo taroccato, buongustai e pellegrini potranno nutrire il corpo e l’anima con una sola gita tutto compreso. Peccato che le esposizioni universali dei preti, come quelle dei padroni, le pagano tutti, anche chi preferisce altri giochi sotto il lenzuolo.

Bergoglio benedirà i contadini che nutrono la terra, cui ogni giorno il mondo di Expo ruba il futuro, offrendo un ombrello a chi non regge i ritmi di produci-consuma-crepa ormai trionfanti in un paese, dove ogni tutela è stata bruciata sull’altare del nuovismo.

Renzi e Bergoglio sono complementari, l’uno è il puntello dell’altro. L’immagine di un uomo torturato ed ucciso, sebbene falsa, esprime la verità della condizione di tanti troppi uomini e donne cui la religione vuole imporre una morale di dolore e sopportazione.

La Rete NoSindone, che cinque anni fa diede vita a numerose iniziative in occasione dell’ultima esposizione del lenzuolo e della visita di Ratzinger, si prepara a scendere in pista con la propria critica irridente e corrosiva.

Continued…

Posted in anticlericale, glbtq, Inform/Azioni, torino.

Tagged with , , , , , , .


Prima sentenza per l’assemblea antirazzista

filo-spinato trib gal copySi è concluso oggi, al tribunale di Torino, il primo dei due processi all’assemblea antirazzista.

La tesi accusatoria del PM Padalino ne è uscita fortemente ridimensionata. Aveva chiesto 27 anni di reclusione e alcune migliaia di euro di multa, ha ottenuto 20 mesi di reclusione e 27.250 euro di multa per 27 antirazzisti. Solo cinque attivisti hanno subito condanne detentive variabili tra i tre e cinque mesi.
Alcune accuse minori sono cadute per prescrizione, altre sono state considerate prive di fondamento.
In piedi, e in modo parziale, sono rimasti pochi dei tanti episodi finiti nel calderone dell’inchiesta per associazione a delinquere aperta cinque anni fa dalla Procura Torinese e continuata nonostante la Cassazione avesse smontato il reato associativo.
Due gli episodi principali per i quali sono scattate le condanne.
La contestazione di fronte alla villetta del colonnello e medico Antonio Baldacci, che era responsabile della gestione del CIE per conto della Croce Rossa, il 24 maggio 2008, quando Fathi Nejl, un immigrato tunisino senza documenti, morì, dopo una notte di agonia in cui i suoi compagni chiesero invano che venisse ricoverato in ospedale.
Nei giorni successivi Baldacci dichiarò alla stampa che “gli immigrati mentono, mentono sempre”.
Baldacci ha chiuso la sua carriera e la sua vita, senza che nessuno gli chiedesse conto di quella morte. Gli unici a farlo sono stati condannati per lo slogan, “Baldacci uomo di merda” e per il passaggio del volantino “cinico profittatore dell’affare umanitario”. Va tuttavia rilevato che lo slogan “Baldacci assassino” non è stato considerato lesivo della reputazione del colonnello.
L’altro episodio, per il quale sono scattate quattro delle cinque condanne detentive, è la contestazione in un parco cittadino dell’assessore Curti.
Era il luglio del 2008. A Torino in via Germagnano, tra le baracche dei rom i bambini giocavano nel fango e tra i topi. L’alluvione di primavera per poco non si era mangiata tende e lamiere. Alcune famiglie, stanche di una miseria che aveva segnato ogni momento delle loro vite, decisero di prendersi la loro parte di futuro, occupando una palazzina dell’Enel in via Pisa. La casa era abbandonata all’incuria da molti anni. Ad un balcone c’era lo striscione con la scritta “casa per tutti!”
Uomini donne e bambini hanno dormito sotto ad un tetto sino al 15 luglio: per alcuni era la prima volta.
La mattina di quel giorno le truppe dello Stato in tenuta antisommossa fecero irruzione nell’edificio: i bambini, spaventati, si svegliarono urlando. Fuori li aspettava un pullman della GTT che li ha riportati alle baracche di via Germagnano.
Due giorni dopo, era il 17 luglio, in piazza d’Armi, nell’ambito del festival ARCIpelago era prevista una tavola rotonda. Politici e professori dovevano parlare di “Paure metropolitane”: tra loro Ilda Curti, assessore con la delega all’integrazione degli immigrati.
Non potevano mancare gli antirazzisti. Armati di striscione, volantini e megafono hanno parlato a Curti delle paure di chi, giorno dopo giorno, vive ai margini di una città che spende per giochi e spettacoli ma permette che i bambini crescano senza una casa.
Curti non tollerò la contestazione, diede in escandescenze ed abbandonò il palco.
Il giorno dopo filò dalla polizia e sporse denuncia.
La casa di via Pisa è rimasta vuota sino allo scorso anno, quando è divenuta sede di una prestigiosa scuola di design. I bambini di via Pisa sono cresciuti tra il fango e i topi.
Oltre sei anni dopo Ilda Curti è ancora assessore, il comune di Torino continua la politica degli sgomberi, cinque milioni di euro sono stati spesi da una cordata di associazioni e cooperative per dare a 250 immigrati rumeni rom un tetto in social housing temporaneo. Agli altri 1200 uomini, donne e bambini di lungo Stura Lazio sono state offerte ruspe, fogli di via e deportazioni in Romania. A fianco di chi viene gettato in strada, rastrellato, perquisito, c’è ancora chi vuole un mondo senza frontiere, senza classi, senza stati, senza razzismo.

Oggi quattro antirazzisti sono stati condannati per aver affidato ad uno striscione e ad un megafono la storia di un piccolo gruppo di rom che, sei anni fa aveva deciso farla finita con la miseria.

Nulla di cui stupirci. Finché ci saranno baracche e chi le abita, finché ci sarà chi ha tutto e chi poco o nulla, finché ci saranno frontiere, galere, CIE, finché ci sarà chi lucra sulle vite altrui, ci sarà anche qualcuno che deciderà di non voler stare alle regole di questo mondo intollerabile e deciderà di mettersi di mezzo.

Mercoledì 22 aprile il tribunale di Torino emetterà la sentenza per l’altro processo all’assemblea antirazzista. Qui si giocherà la partita più dura: Padalino ha chiesto 80 anni di reclusione, con pene variabili dall’anno e mezzo ai cinque anni e mezzo.
Appuntamento alle 9 in maxi aula 3

Posted in immigrazione, Inform/Azioni, razzismo, repressione/solidarietà, torino.

Tagged with , , .


Milano. Assemblea nazionale No Expo

no expoSabato scorso si è tenuta a Milano un’assemblea nazionale per fare il punto sulle iniziative della Rete No Expo in città e nel resto d’Italia. Per l’occasione è stato occupato l’ex Istituto Rizzoli, che ha ospitato anche un’assemblea studentesca.

Lunghissima la passerella di chi, dai vari territori, ha annunciato la propria partecipazione alle iniziative. C’erano gruppi di difesa del territorio, occupanti di case, No Tav e No Muos, lavoratori della logistica, precari ed immigrati.

Expo è una sorta di specchio dell’Italia al tempo di Renzi: bella confezione, all’insegna del nuovo e del bello, ma dentro il pacco c’é sfruttamento selvaggio, precarietà, lavoro gratuito, business dell’agroalimentare sia in versione hard boiled che green.

Le colate di cemento di expo sono l’immagine di un paese devastato e saccheggiato per opere il cui solo scopo è il drenaggio di denaro pubblico per fini privati.

L’assemblea ha ribadito, che, al di là delle giornate di lotta in occasione dell’inaugurazione, ci saranno iniziative per tutti i sei mesi.

Le giornate tra fine aprile e inizio maggio saranno una vetrina dell’Italia renziana: i riflettori puntati su Milano rappresentano anche per i movimenti un’occasione di mettere in campo un’opposizione capace di inceppare la macchina dell’expo, pur mantenendo una forte attitudine comunicativa.

Ascolta la diretta dell’info di radio Blackout con Maurizio, un compagno di Milano

Questo il programma delle giornate

29 aprile: Giornata antifascista contro il raduno fascista per la commemorazione per la morte di Ramelli

30 aprile: Corteo nazionale studentesco contro Expo a Milano (h 10, piazza Cairoli) e diffuso nei territori

– Inizio del campeggio internazionale No Expo che durerà fino al 3 maggio con dibattiti e workshop al Parco di Trenno

Primo maggio: Corteo per il centro cittadino dalle 14 da piazza 24 maggio

2 maggio: lotte diffuse per inceppare il primo giorno dell’esposizione

3 maggio: assemblea

Posted in Inform/Azioni, lavoro.

Tagged with , , , .


Tunisi. L’altro forum

tunisia-222x160Dal 27 al 29 marzo si è tenuto a Tunisi l’Incontro Anarchico Mediterraneo organizzato dall’Internazionale delle Federazioni Anarchiche, dalla Federazione Anarchica francofona e dal collettivo tunisino “Le Commun Libertaire”. All’incontro hanno partecipato anche organizzazioni e singoli compagni e compagne della sponda europea del Mediterraneo ed il Kurdistan Anarchist Forum, oltre ovviamente agli anarchici e libertari del Nord Africa, soprattutto tunisini. I compagni del Movimento Socialista Libertario egiziano hanno purtroppo potuto inviare solo un comunicato di saluti e sostegno solidale all’Incontro, perché la situazione repressiva imposta dalla dittatura militare in Egitto ha di fatto reso impossibile la loro partecipazione. Continued…

Posted in anarchia, Inform/Azioni, internazionale.

Tagged with , , .


Torture al G8 di Genova: la condanna della corte europea

diaz1Secondo i giudici della Corte Europea dei diritti dell’uomo, nella notte della Diaz, il 21 luglio 2010, è stato violato l’articolo 3 della convenzione europea dei diritti umani sul “divieto di tortura e di trattamenti disumani o degradanti”.

Il 21 luglio 2001 si era chiuso il G8 di Genova: tre giorni di manifestazioni e scontri tra polizia e manifestanti, un manifestante ucciso dai carabinieri, circa mille feriti. Molti manifestanti erano tornati a casa. Altri, soprattutto gli stranieri, si erano fermati a Genova.

La memoria di quella notte rimarrà per sempre impressa nei corpi e nelle menti dei 93 uomini e donne che quella notte dormivano alla Diaz. L’irruzione della polizia e il pestaggio feroce che ne seguì, lasciò sgomenti anche i giornalisti mainstream che il mattino successivo entrarono nell’edificio. Sangue raggrumato, capelli contro gli stipiti, libri, zaini, abiti alla rinfusa: le tracce di una vera “macelleria messicana”.

I poliziotti che massacrarono quelli della Diaz non sono mai stati “scoperti”, i funzionari coinvolti in quell’operazione – come quelli della caserma delle torture a Bolzaneto – se la sono cavata con la prescrizione. Tutti, o quasi, hanno fatto folgoranti carriere. Il capo della polizia De Gennaro è oggi a capo di Finmeccanica, il colosso dell’industria bellica italiana.

La sentenza di ieri è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato dal più anziano dei manifestanti della Diaz, all’epoca dei fatti aveva 62 anni, che si ritrovò con una gamba rotta, un braccio fracassato e lesioni ovunque.

Sebbene la sentenza della corte faccia propria la ricostruzione dei vari processi che segnava una secca divisione tra manifestanti dei blocchi giallo, blu e rosa e il blocco nero, indicato come unico responsabile degli eccessi della polizia, la sentenza della CEDU non manca di rilevare le caratteristiche strutturali delle violenze poliziesche in un paese dove l’impunità per le divise è del tutto normale.

Ascolta la diretta dell’info di Blackout con Eugenio Losco, avvocato di Milano, in prima fila nel difendere gli attivisti dei movimenti sociali che restano impigliati nelle maglie della legge.

 

Posted in Inform/Azioni, repressione/solidarietà.

Tagged with , , , , , , , .


Condannati i No Tav per la trivella di Venaria

no tav liberi tuttiTre mesi: questa la condanna inflitta a 25 No Tav per la trivella di Venaria, due le assoluzioni. La PM Emanuela Pedrotta aveva chiesto un anno di reclusione.
La PM, in linea con la Procura torinese, aveva sostenuto di voler perseguire un reato “comune” e non le opinioni dei No Tav. Nella sua requisitoria si era smentita facendo diffusamente delle identità politiche degli attivisti alla sbarra. Esplicito era stato riferimento agli anarchici.
Nulla di nuovo per il tribunale di Torino, che processa e condanna chi si batte contro il supertreno, scegliendo tra migliaia di attivisti i rivoluzionari piu noti.

Facciamo un passo indietro.

Nel gennaio del 2010 LTF, il general contractor per la realizzazione della Torino Lyon, annunciò una novantina di sondaggi tra Torino, Grugliasco, Collegno, Venaria e diversi paesi della Val Susa.
Buona parte di questi rilievi erano previsti in zone già sondate più volte ed erano quindi inutili. Si rasentò il ridicolo con ben sei sondaggi nell’immondizia della discarica di Basse di Stura.
Era chiaro a tutti che si trattava di sondaggi politici: per la prima volta dopo cinque anni dalla rivolta popolare che, nel dicembre 2005 aveva fermato l’opera, il governo intendeva riprovarci.
I 90 carotaggi – ma ne vennero fatti meno della metà – servivano a saggiare la forza del movimento No Tav.
Ogni trivella era accompagnata da centinaia di uomini armati.
I sondaggi furono un pretesto per fare un’esercitazione militare.
In zone abitate ne erano previsti pochi. Uno di questi era quello annunciato nei pressi di alcuni condomini di via Amati a Venaria.

A Venaria, grazie ad un’ampia solidarietà popolare, i No Tav riuscirono a rallentare i lavori finché in fretta e furia il cantiere venne smontato.
In via Amati la trivella arrivò nel tardo pomeriggio del 26 gennaio. Siamo in una zona di grandi palazzi stesi lungo la tangenziale, fiancheggiati da tralicci dell’alta tensione. Qui l’opposizione al Tav si legge, oggi come allora, nelle bandiere appese ai balconi.
Nel prato di fronte alla trivella ci siamo trovati in tanti: No Tav che si erano fatti tutti i presidi e gente di Venaria preoccupata per il proprio futuro, in questa periferia stesa tra la città e il niente delle auto in corsa oltre la barriera antirumore.
Continued…

Posted in ambiente, Inform/Azioni, no tav, repressione/solidarietà, torino.

Tagged with , , , , .


Germanwings. Depressione e turbocapitalismo

flat_earth2Sono trascorsi più di dieci giorni dal disastro aereo nel quale sono morte 150 persone che viaggiavano sull’airbus 320 della Germanwings diretto da Barcellona a Dusseldorf.
Da quando è stata diffusa la notizia che la causa più probabile del disastro è stata la decisione volontaria del copilota Andreas Lubitz, che ha così ucciso se stesso e altre 150 persone, la notizia non ha mai lasciato le pagine dei giornali main stream. Questa mattina era ancora in prima pagina del Corriere e della Stampa. Al centro di tutto la minuziosa dissezione mediatica della cosiddetta “malattia mentale” del copilota, il rimpallo di responsabilità sulla mancanza di controlli, le richieste di maggiori misure di sicurezza. Nessuno, o quasi, ha provato a osservare la vicenda con gli occhi diversi. Ogni anno cresce la schiera dei suicidi, alcuni dei quali decidono di morire ammazzando anche qualcun altro. Nessuno o quasi ha notato che la depressione, la tristezza, il disagio del vivere siano una costante nelle nostre società, dove nessuno o quasi corrisponde agli stereotipi proposti dall’immaginario pubblicitario, che, per vendere un prodotto, vende, insieme, uno stile di vita ideale. Chi non è adeguato, chi non si sente all’altezza ne patisce. A volte il patimento diventa intollerabile.

Uno dei pochi a riflettere su questi temi è stato Franco Berardi, “Bifo”, che ha scritto un articolo, che è rimbalzato su blog e socialnetwork in modo virale.

L’info di radio Blackout lo ha sentito per una riflessione sulla vita quotidiana al tempo della precarietà. Precarietà del lavoro, della vita, del futuro.

Ascolta la diretta

Di seguito il suo articolo:

Nella cabina di pilotaggio

Dicono che il giovane pilota Andreas Lubitz avesse sofferto di crisi depressive e avesse tenuto nascoste le sue condizioni psichiche all’azienda per cui lavorava, la Lufthansa. I medici consigliavano un periodo di assenza dal lavoro. La cosa non è affatto sorprendente: il turbo-capitalismo contemporaneo detesta coloro che chiedono di usufruire dei permessi di malattia, e detesta all’ennesima potenza ogni riferimento alla depressione. Depresso io? Non se ne parli neanche. Io sto benissimo, sono perfettamente efficiente, allegro, dinamico, energico, e soprattutto competitivo. Faccio jogging ogni mattina, e sono sempre disponibile a fare straordinario. Non è forse questa la filosofia del low cost? Non suonano forse le trombe quando l’aereo decolla e quando atterra? Non siamo forse circondati ininterrottamente dal discorso dell’efficienza competitiva? Non siamo forse quotidianamente costretti a misurare il nostro stato d’animo con l’allegria aggressiva delle facce che compaiono negli spot pubblicitari? Non corriamo forse il rischio di essere licenziati se facciamo troppe assenze per malattia? 
Adesso i giornali (gli stessi giornali che da anni ci chiamano fannulloni e tessono le lodi della rottamazione degli inefficienti) consigliano di fare maggiore attenzione nelle assunzioni. Continued…

Posted in idee e progetti, Inform/Azioni, internazionale.

Tagged with , , , , , .