Grillo assume – e deforma – i linguaggi, i temi, le aspirazioni dei movimenti. La spinta partecipativa, la sfiducia nei confronti del sistema politico, la consapevolezza che il sistema è irriformabile, la tensione verso una maggiore equità nella distribuzione delle risorse, l’attenzione per i temi ambientali sono all’origine del suo successo. Il Movimento 5 stelle ha saputo intercettare un malessere diffuso e dargli una forma politica, sebbene sia la brutta copia, la ghignante caricatura di un percorso di libertà. La mimesi dell’accesso alla facoltà decisionale tramite web, funziona. Ma occorre capovolgere la prospettiva. Grillo e i suoi non sono un argine al divampare di una rivolta sociale simile a quelle scoppiate in Grecia, Slovenia, Spagna, ma il mero surrogato di una rivolta che non c’è.
Da questa prospettiva diviene importante indagare il modificarsi degli ambiti sociali in cui siamo forzati a vivere come premessa ad un’agire che deve fare i conti con la rappresentazione sociale che si è dipanata dalle aporie della modernità, delle sue promesse non mantenute pure all’interno di un orizzonte sempre più chiuso.
La politica come strumento di controllo disciplinare delle società non riesce più ad esercitare la funzione che le era propria da Hobbes in poi. Le società sono sempre più ingovernabili, sia per fattori “interni” al loro sviluppo, sia per l’emergere di soggettività la cui forza dirompente non è riassumibile all’interno delle compatibilità proprie della mediazione politica in senso autoritario.
Alcune – come le megalopoli africane – sono cresciute a dismisura al punto che nessuno riesce a governare l’esistente.
Questo apre spazi di libertà per chi è interessato a praticare questa prospettiva, nella consapevolezza che solo la sperimentazione sociale e politica dal basso, può relegare nell’ambito del superfluo la politica come gestione autoritaria.
Ne abbiamo parlato con Salvo Vaccaro dell’Università di Palermo. Ascolta il suo intervento
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By anarres
– 8 Aprile 2013
Venerdì 5 aprile. Un megafonino made in China da quattro euro, un mucchio di volantini, la samba armata di tamburi, un pink controllore che distribuisce biglietti, una piccola pattuglia di compagni in black and rose gli ingredienti di un pomeriggio di informazione e lotta lungo i binari della linea 4. Lì da oltre un anno la GTT ha messo i controllori per impedire a chi non ha soldi di viaggiare gratis.
“Signori e signore, buon giorno! Oggi paga Fassino! Con i soldi delle Olimpiadi, con quelli regalati alle banche e alle imprese. Qualche mese fa hanno ridotto le corse e aumentato il biglietto, in questi giorni hanno deciso di diminuire ancora le corse e aumentare il biglietto! Tra trent’anni i vostri nipoti potranno andare da Torino a Lione in sole tre ore! Che importa se oggi noi andiamo a piedi!”.
Dopo quet’indroduzione tra tamburi e slogan si va per il 4, mentre il controllore comincia ad agitarsi. I più timidi si limitano a afferrare il telefonino, altri gridano a gran voce e minacciano, prima o poi tutti decidono di bloccare il tram. Chiaro lo scopo di dissipare i sorrisi della gente che per lo più plaude e fa cenni di approvazione. Qualcuno persino si unisce al coro di “io il biglietto non lo pago!” “ridi in faccia al controllore!”.
In un caso il controllore viene seguito da un corteo di tamburi, in un altro intrattenuto da una lunga chiacchierata. Intanto la gente sale e scende e se la ride.
A Porta Palazzo incrociamo i vigili urbani: anche a loro è rivolto l’invito a lasciar stare i poveri senza biglietto, gli immigrati senza carte, tutti quelli che la crisi gli mangia la vita ogni giorno.
Di seguito il volantino distribuito sul tram.
Basta pagare il biglietto! Basta controlli e telecamere! Via i controllori dai tram!
Il governo dice che non ci sono soldi.
Mente. I soldi per le guerre, per le armi, per le grandi opere inutili li trovano sempre. Da anni aumenta la spesa bellica e si moltiplicano i tagli per ospedali, trasporti locali, scuole.
Nell’ultimo anno il governo in Piemonte ha diminuito la spesa per i trasporti di ben 9 milioni di euro. Hanno ridotto gli autobus, tagliato corse di treni per i pendolari, eliminato intere linee.
Non vogliono spendere per migliorare le nostre vite, perché preferiscono investire in telecamere e polizia. Hanno diminuito le corse, hanno aumentato il biglietto, ma sui tram hanno messo guardie, controllori e occhi elettronici. Continued…
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By anarres
– 7 Aprile 2013
I media ci raccontano la favola del gesuita che si fa Francesco, l’uomo dall’umiltà esibita come marchio per rendere presentabile sul mercato un prodotto ormai screditato.
Con la consumata abilità di chi gestisce con profitto una ditta millenaria, il conclave ha fatto la scelta più opportuna sul piano dell’immagine.
Ma chi è il “progressista” Bergoglio? Di sicuro un uomo che ha vissuto e prosperato all’ombra dei poteri forti nel suo paese, attraversando senza alcun problema i sette anni della dittatura militare di Videla. Altri gesuiti, altri preti seguaci della teologia della liberazione subiranno torture e galera. Non lui.
Sebbene piaccia alla sinistra cattolica, Bergoglio è stato eletto da un conclave disegnato negli ultimi trent’anni da Joseph Ratzinger, l’uomo che, come Prefetto per la congregazione della dottrina della fede – il nuovo nome dell’Inquisizione – ha regolato i conti con le tentazioni sociali della chiesa, specie in Sudamerica.
Dietro l’elezione di Bergoglio si allunga l’ombra del vecchio papa, che si è dimesso per poter vincere la dura partita di potere con il suo segretario di Stato Bertone.
Sullo sfondo lo scontro feroce per il controllo della banca vaticana, la guerra tra le due anime nere che si contendono il controllo della santa finanza, gli uomini dell’Opus Dei, vicini a Ratzinger, i potenti Cavalieri di Colombo, promossi da Bertone. Il conservatorismo antimoderno di Ratzinger contro il conservatorismo ultramoderno di Bertone.
Per tutti l’ambizione di controllare e disciplinare le vite di miliardi di persone, che il gusto per la vita e la libertà conduce ben lontano da ogni religione.
Anarres ne ha discusso con Paolo Iervese, compagno esperto di politica della chiesa.
Ascolta il suo intervento
Giovedì 11 aprile ore 21
corso Palermo 46 Paolo introdurrà il dibattito:
“Francesco è il lupo. Lo scontro di potere all’ombra del Vaticano”
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– 6 Aprile 2013
La decisione della corte suprema indiana di respingere il ricorso del colosso farmaceutico svizzero Novartis, che aveva intentato causa a due ditte locali per aver immesso in commercio il “generico” del glivac, un farmaco per la cura di alcune forme di leucemia e per il tumore del pancreas, consentirà ai malati indiani e, in generale dei paesi più poveri, di accedere alle cure, spendendo 170 dollari anziché i 1700 del prodotto della Novartis.
Negli ultimi anni l’India si è candidata al ruolo di farmacia dei poveri, contestando i diritti sulla proprietà intellettuali delle grandi multinazionali del farmaco.
Il caso del glivac è una vera truffa, poiché il prodotto della Novartis ha alla base la stessa molecola per la quale i diritti sono scaduti al decimo anno di utilizzo.
L’acronimo T.R.I.P.S. indica i Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, ossia gli accordi internazionali, fissati dal WTO, il Word Trade Organization, sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale.
In generale i T.R.I.P.S. sono in se una truffa, poiché, al di là della propaganda, l’investimento delle Big Pharma nella ricerca è minimo.
In genere esse intervengono, limitando nei fatti la libertà della ricerca stessa soltanto quando questa entra nella fase di sperimentazione diretta sui individui malati ma non incurabili.
La ricerca in senso stretto è interamente finanziata dal pubblico persino negli ultraliberisti Stati Uniti.
Naturalmente anche l’India, così come il Brasile e, più di recente, il Sudafrica non fanno che offrire prodotti per un mercato che comunque non sarebbe in condizione di assorbire l’offerta delle grandi Big Pharma, perché sia i singoli utenti, sia i governi dei paesi più poveri non potrebbero pagare il prezzo fissato per farmaci importanti come gli antitumorali o i retrovirali che consentono di contenere e cronicizzare l’AIDS.
Una prospettiva diversa è quella di creare associazioni tra persone malate e ricercatori per costruire dal basso le condizioni di una ricerca libera e a bassissimo costo.
Va da se il considerare merci i farmaci è in se un crimine.
Anarres ne ha parlato con Ennio Carbone, docente di medicina all’Università di Catanzaro, impegnato nella ricerca sul cancro.
Ascolta il suo intervento
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– 5 Aprile 2013
Ieri il parlamento ha votato, con consenso unanime da parte delle varie forze politiche, una risoluzione per sbloccare il pagamento dei debiti dello Stato verso le aziende fornitrici di beni e servizi. Oggi il governo avrebbe dovuto licenziare il decreto attuativo: difficoltà sul reperimento della copertura e dubbi sul possibile aumento dell’addizionale Irpef hanno fatto slittare ai prossimi giorni la decisione del governo.
Di cosa si tratta?
A chi sono destinati i soldi? Sul piatto ci sono 40 miliardi distribuiti in due anni.
Di questi sette sono destinati alle ditte che lavorano o hanno lavorato alle grandi opere, dall’Impregilo alla CMC. Chi sa se gli esponenti del Movimento Cinque Stelle che hanno votato il provvedimento lo sapevano?
Ascolta l’intervista realizzata dall’informazione di radio Blackout a Francesco, un economista bravo nel rendere trasparente la trama complessa delle scelte economiche
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– 3 Aprile 2013
Martedì 2 aprile, CIE di corso Brunelleschi a Torino. Nella notte un recluso ha appiccato il fuoco nell’area gialla, già più volte danneggiata. Tutte le aree, tranne quella femminile, sono state quasi completamente distrutte dagli immigrati in lotta. L’area bianca appena ristrutturata con materassi ignifughi e tavoli di cemento fissati al suolo è ancora vuota ed inutilizzata.
Oggi i detenuti sono solo 47. Da due giorni sono in sciopero della fame per ottenere la libertà, uno sciopero cui partecipano tutti, comprese le donne.
In mattinata un prigioniero tunisino è salito sul tetto per evitare l’espulsione.
In questi giorni sono stati ridotti i turni del personale interno al CIE: assistenti sociali, medici e infermieri e psicologi.
Gli addetti alle pulizie sono in fibrillazione: da diversi giorni trovano ovunque piccioni morti, hanno paura delle infezioni ed hanno protestato. Pare che stiano facendo analizzare uno degli animali morti. Tra la gente che gravita nel CIE c’è chi pensa che ad ammazzare i piccioni siano i resti del cibo che mangiano i prigionieri.
Un motivo in più per continuare lo sciopero della fame.
Mercoledì 3 aprile. Lo sciopero della fame è stato interrotto in tutte le sezioni tranne una, dove continuerà sino a questa sera.
Per approfondimenti ascolta la diretta realizzata dall’informazione di radio Blackout con Chiara, una compagna impegnata nella lotta contro i CIE
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By anarres
– 2 Aprile 2013
Lunedì 1° aprile. In questo aprile che sa di novembre l’appuntamento è alle reti del cantiere militarizzato di Clarea.
Si parte alla spicciolata, chi da Giaglione per la strada delle Gorge, chi da Chiomonte, attraverso il sentiero No Tav.
All’esterno del perimetro delimitato da reti, jersey e muri sormontati da filo a lamelle stanno costruendo una strada nuova, che colleghi direttamente il cantiere con strada dell’Avanà dove questa fa una curva a gomito. Quanto l’avranno completata potranno tenere più facilmente sotto controllo la recinzione per un lungo tratto. Per la stessa ragione hanno disboscato ampiamente quel versante della montagna, che pure si trova dal lato opposto all’area dove stanno perforando.
Una strada militare.
Man mano che i No Tav arrivano si piazzano lungo l’intero perimetro: chi alla baracca,chi più in alto, nella zona delle vasche, dove oggi si inaugura il campo della memoria.
Dopo il merendin parla Carlo. Nella sue parole il senso di quel campo. Indica i muretti a secco, pietre su pietre, piazzate a mano, generazione dopo generazione per proteggere la montagna da una frana. Una grande opera utile. Di fronte lo scempio fatto per una minuscola parte di un’opera inutile. In questo campo, sistemato e ripulito da volontari No Tav, si ricorderanno i tanti di noi che hanno condiviso il nostro cammino per un lungo tratto e ci hanno lasciati.
Intervengono poi alcuni del gruppo che è andato alla manifestazione No Muos di Niscemi: ci raccontano della lotta di là, dei radar, della sughereta distrutta, della lotta della gente che ha deciso di mettersi in mezzo contro il Muos e contro tutte le antenne. Ci raccontano della solidarietà tra popoli in lotta, dell’Italia che si unisce nella resistenza.
Si parla dei prossimi mesi, della lotta che deve continuare, giorno dopo giorno, nel contrasto alle truppe di occupazione.
A fine assemblea si decide una visita alla nuova strada. Dopo un po’ di battiture e fischi alle reti, chi ce la fa si arrampica alla strada e poi la risale sino ai blindati che aspettano i compagni all’incrocio con via dell’Avanà.
Si torna alla spicciolata.
Martedì 2 aprile. Nel tardo pomeriggio un gruppo di No Tav si materializza nell’area pic nic limitrofa al piazzale della Maddalena. Merenda nel prato prima del ritorno per il sentiero No Tav.
Si seguito il report di una dei partecipanti: Continued…
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By anarres
– 1 Aprile 2013
La polizia insulta, pesta, tortura, uccide. Solo raramente i crimini dei servitori dello Stato affiorano dal silenzio e dall’omertà che li coprono per divenire casi noti e discussi. Ancor più raramente gli atti più feroci tra i pochissimi che divengono di pubblico dominio, finiscono con un’inchiesta, un processo, una condanna.
Il caso di Federico Aldrovandi, un ragazzo di 18 pestato a morte mentre tornava a casa dopo una serata con gli amici, è uno di questi.
Solo la disperata tenacia della sua mamma ha consentito che le menzogne della polizia venissero smentite. La condanna – sia pure lieve – dei quattro poliziotti assassini costituisce un precedente che la polizia non può tollerare, perché mette in discussione l’impunità di cui godono da sempre uomini e donne in divisa.
Hanno reagito secondo il loro stile dopo la conferma della condanna dei colleghi per l’assassinio di Federico Aldrovandi.
Un gruppo del sindacato Coisp ha fatto un presidio di fronte al comune, dove lavora Patrizia Moretti, la mamma del ragazzo ucciso.
Un vergognoso tentativo di intimidazione verso una donna che ha affrontato un calvario durato otto anni. Lei ha reagito con forza e dignità, scendendo in strada e mostrando ai poliziotti la foto del figlio morto, con il capo in un lago di sangue.
Questa vicenda è stata occasione di una chiacchierata con Robertino Barbieri, un compagno con il quale abbiamo esaminato le strategie disciplinari e gli infiniti poteri di un apparato di polizia tra i più numerosi e ramificati al mondo.
Ascolta la chiacchierata
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– 30 Marzo 2013
Torino, 30 marzo 2013. Questa mattina 200 profughi rimasti in strada dopo la fine “dell’emergenza nordafrica“, hanno occupato una casa del villaggio olimpico, la “ex Moi” in via Giordano Bruno 201.
La palazzina blu, rimasta vuota per 7 anni, da oggi sarà la nuova casa per uomini e donne, che il governo italiano ha buttato in strada dal 28 febbraio, quando per decreto è stata fissata la fine della protezione. Chiuse le strutture di accoglienza, ai profughi sono stati dati 500 euro in cambio di una firma su documento che liberava lo Stato italiano di ogni responsabilità nei loro confronti.
Nonostante la spesa esorbitante di un miliardo e 300 milioni di euro, ai profughi della guerra in Libia non è stato garantito alcun percorso di inserimento nella nostra società. Ancora una volta “l’emergenza umanitaria” è stata una buona occasione di lucro per le tante organizzazioni del terzo settore che l’hanno gestita.
Occupare una casa vuota è stata la scelta di lotta e di autonomia di gente che lo Stato italiano voleva invisibile, dispersa tra le vie di una nuova cavalcata per l’Europa delle frontiere, nascosta in qualche buco per clandestini, accampata nelle campagne della raccolta e delle schiavitù.
Aggiornamento ore 17,30. Occupata alche la palazzina gialla dell’ex MOI, perché i posti in quella blu non bastavano per tutti.
Guarda il video de “Il fatto quotidiano”
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By anarres
– 30 Marzo 2013
È l’ultimo giovedì di marzo. Siamo al bivio tra la strada che scende al cancello dell’area occupata presso la Centrale Iren e quella che sale alla Ramats.
Si arriva stropicciandosi gli occhi per la levataccia. Per chi viene da Torino la sveglia ha suonato alle 4. La primavera si mostra nei germogli bianchi che sfidano il freddo di una mattinata dal sapore invernale.
Aspettiamo. Arrivano i primi mezzi. Quasi tutti, nel vederci, fanno subito dietro front, qualcuno si ferma ma capisce subito che oggi gli tocca il giro lungo, su per la statale 24, poi l’autostrada e lo svincolo che immette direttamente nel cantiere. Mezz’ora in più e il pagamento del pedaggio.
Comincia a nevicare. Fiocchi fitti, neve bagnata. C’è chi saltella, chi racconta di altre mattine, di altre lotte, chi cerca rifugio in auto.
Intorno alle 9 e un quarto arrivano i carabinieri in assetto antisommossa con quattro uomini in borghese – digos o, forse, ros. Sono di fuori, gente mai vista. Uno si lamenta che gli tocca fare pasqua a 500 chilometri da casa, che quello è il suo lavoro, che ha cinquant’anni e dei figli.
Intanto prende i documenti e minaccia denunce per violenza privata.
I poliziotti dal volto umano sono peggio della neve che infradicia le giacche e gela le ossa. L’ineffabile capitano dei carabinieri Mazzanti, calzando improbabili scarpe nere lucide come specchi, ridistribuisce i documenti.
Poi si va.
Un momento di ordinaria resistenza all’occupazione militare. I giochi della politica, i riflettori dei media sono lontani, lontanissimi.
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By anarres
– 30 Marzo 2013
Venerdì 29 marzo 2013. La lotta contro l’installazione del sistema di controllo satellitare Muos è divenuta sempre più radicale e radicata.
Nonostante gli affanni della politica, impegnata in un difficile gioco di equilibrismi, che si è tradotto nella decisione della giunta regionale siciliana di promuovere una nuova serie di controlli tecnici, la popolazione di Niscemi e i numerosi comitati No Muos impegnati nella lotta oggi non si accontentano più di bloccare il Muos e mirano ad ottenere lo smantellamento dell’intera base e delle antenne che già hanno causato gravi danni alla salute degli abitanti del paese.
I blocchi dei mezzi diretti alla base sono divenuti una pratica quotidiana, che impegna sia il presidio permanente sia il gruppo delle mamme No Muos. In questi mesi la repressione si è infittita tra botte, perquisizioni e fogli di via. La lotta non si arrestata. Anzi!
Alla vigilia del corteo nazionale di domani si moltiplicano le azioni di contrasto e gli sgomberi dei picchetti.
Questa mattina per ben due volte, sono stati violentemente rimossi i blocchi: alle 8,30 di fronte all’ingresso principale per far passare cinque automezzi di operai e militari Usa, e alle 11 – di fronte al presidio permanente – per far passare due automezzi con attrezzi di costruzione.
Ascolta l’intervista a Pippo Gurrieri del movimento No Muos
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– 29 Marzo 2013
E’ appena uscito per i tipi di Zero in Condotta un libro sulla vicenda del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, ucciso nei locali della questura di Milano nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, 1969, tre giorni dopo la bomba di Stato che uccise 17 persone nella banche dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano.
Il libro si intitola “e’ a finestra c’è la morti
Pinelli: chi c’era quella notte”
Gli autori sono Enrico Maltini e Gabriele Fuga.
Anarres ne ha parlato con Gabriele.
Ascolta l’intervista
Di seguito la presentazione del libro tratta dal sito di ZIC Continued…
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– 29 Marzo 2013
Il ministro degli Esteri Terzi si è dimesso a sorpresa, durante l’audizione parlamentare sulla vicenda dei marò, rispediti in India, dopo la decisione del paese asiatico di trattenere nel paese l’ambasciatore italiano.
Nella guerra tra opposti nazionalismi l’India segna un punto. Terzi ha deciso di smarcarsi tra gli applausi del centro destra. A guidare la claque l’ex ministro La Russa, tra i promotori del provvedimento che, nell’estate del 2011, permise la presenza di militari italiani a bordo di mercantili battenti la bandiera tricolore.
L’arroganza militarista dell’Italia nutrita da pregiudizi vetero coloniali di sapore salgariano, ha subito uno duro smacco.
Sullo sfondo i grandi interessi dell’Italia, primo fornitore di commesse militari ad un paese in vorticosa ascesa in un panorama mondiale sempre più multipolare.
Ascolta l’intervista a Stefano Capello realizzata dall’info di Blackout
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– 29 Marzo 2013
Al decimo giorno di chiusura delle banche cipriote, tra manifestazioni di protesta e scontri con la polizia, è stato raggiunto l’accordo che consentirà al governo cipriota di salvare le banche del paese, grazie ad un prestito di 10 miliardi di euro.
Il governo preleverà il 10% da tutti i conti bancari superiori ai 100.000 euro. Una mega patrimoniale, che, pur non avendo effetti immediati sulle condizioni di vita dei ciprioti, finirà con l’investire pesantemente l’economia del paese con un prevedibile scenario simile a quello greco.
Ascolta l’intervista realizzata dall’info di Blackout con l’economista Francesco Carlizza.
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By anarres
– 29 Marzo 2013
Il Tav è un’opera inutile, dannosa, devastante. Fermarla, impedire lo sperpero di risorse e lo scempio del territorio e della salute è importante. Importante in se, al di là del come.
C’è però dell’altro. Tra un barricata e una marcia, tra una giornata di blocco dell’autostrada e l’occupazione di una ditta collaborazionista, tra un picchetto ai cancelli e una giornata per i boschi c’è un movimento che ha costruito relazioni politiche dal basso, esperienze di partecipazione diretta, senza deleghe né sconti a nessuno, un senso altro dell’agire collettivo. Per i No Tav “uno vale uno” non è la mesta parodia recitata con abilità da un guru che mette il bavaglio ai “suoi” parlamentari e li dota di un paio di blogger/portavoce alle sue dirette dipendenze. Continued…
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By anarres
– 26 Marzo 2013