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Messaggio di Luca all’assemblea No Tav

Un saluto a tutti gli attivisti e attiviste No Tav di Val Susa e non solo
Mando questo piccolo contributo per l’assemblea e anche in vista delle prossime mobilitazioni.

Prima però, due parole sul mio stato di salute: sono ancora sdraiato in un letto ma in lento e costante miglioramento. Le ferite si stanno chiudendo e nei prossimi giorni proverò ad alzarmi in piedi.
Negli ultimi giorni una febbre fastidiosa mi ha fatto tribulare non poco.
In ogni caso si prospettano ancora alcune settimane di ospedale e poi fisioterapia per una riabilitazione che si annuncia abbastanza lunga.

So che siamo alla vigilia di ulteriori momenti importanti per il Movimento, io riesco a seguire a distanza gli accadimenti ma anche questa volta non potrò essere li fisicamente. Consideratemi comunque moralmente presente con il mio spirito e la mia tenacia. Immagino che tutti noi siamo pieni di rabbia per quello che continuiamo a subire da anni, sarebbe importante però che questa rabbia non si sfogasse con gesti di violenza gratuita ma che venisse trasformata in una lucida determinazione al fine di aver una maggiore efficacia nell’azione sul campo.
Stiamo tutti crescendo in questi mesi e credo che l’esperienza accumulata da ognuno di noi sia un fondamentale bagaglio da mettere a frutto nei momenti importanti.
Io credo che ce la faremo a fermare quest’opera ma il traguardo è tutt’altro che vicino, per cui già a partire dalla prossima settimana chiedo a tutti di dare il massimo. La fortuna spesso ci ha accompagnato (anche nel mio caso), e credo che sarà ancora per un po’ nostra alleata.

Forza coraggio e gioia a tutti. Ora e sempre No Tav!

2 aprile 2012
da un letto di ospedale, Luca Abbà

ps. autorizzo a pubblicare questo comunicato su siti e liste di Movimento ma diffido (con poche speranze però) i mass media di farne oggetto di speculazione.

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11 aprile. Appello dal movimento No Tav. Diffondere la Resistenza

Questo appello è rivolto a tutti gli uomini e donne che, in questi lunghi mesi di occupazione militare, in questi mesi di lotta e resistenza NoTav, si sono schierati al nostro fianco in ogni dove d’Italia.

Grazie a voi è stato chiaro a chi ha cuore e intelligenza che la lotta dei No Tav di quest’angolo di Piemonte è la lotta di tutti coloro che si battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali.

Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro e di tutti. Il futuro dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutti quelli che pensano che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque.
In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni.

Dopo la terribile giornata del 27 febbraio, quando uno di noi ha rischiato di morire per aver tentato di intralciare l’allargamento del fortino della Maddalena, il moltiplicarsi dei cortei, dei blocchi di strade, autostrade, porti e ferrovie, in decine e decine di grandi e piccole città italiane ci ha dato forza nella nostra resistenza sull’autostrada.
In quell’occasione abbiamo capito che, nonostante le migliaia di uomini in armi, il governo e tutti i partiti Si Tav erano in difficoltà. Si sono aperte delle falle nella propaganda di criminalizzazione, si sono aperte possibilità di lotta accessibili a tutti ovunque.

Il 27 febbraio non si sono limitati a mettere a repentaglio la vita di uno dei noi, hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintata con reti, jersey, filo spinato.

Il prossimo mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale.
Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino fortificato come in guerra solo uno alla volta: se qualcuno non si presenta procederanno comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno cominciare davvero i lavori.

I No Tav anche questa volta ci saranno. Saremo lì e saremo ovunque sia possibile inceppare la macchina dell’occupazione militare.

Facciamo appello perché quel giorno e per tutta la settimana, che promoviamo come settimana di lotta popolare No Tav, ci diate appoggio. Abbiamo bisogno che la rete di solidarietà spontanea che ci ha sostenuto in febbraio, diventi ancora più fitta e più forte.

Non vi chiediamo di venire qui, anche se tutti sono come sempre benvenuti, vi chiediamo di lottare nelle vostre città e paesi.
Vi chiediamo di diffondere la resistenza.

Movimento No Tav

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Milano. Serata No Tav, No Repressione. Intervista a Eugenio Losco

Domani a Milano ci sarà una serata NO-RAV, No Repressione ad Alta Velocità.

Ospiti gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini ed alcuni esponenti del movimento contro la Torino Lyon. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’avvocato Losco e abbiamo discusso con lui del tema della serata: i nuovi scenari repressivi contro le lotte politiche e sociali.

Radio Blackout ha intervistato Eugenio Losco.
Ascolta qui l’intervista
 
Giovedì 29 marzo
NO R.A.V. – Repressione ad Alta Velocità
Incontro a Milano con gli avvocati Losco e Straini – difensori dei No Tav milanesi arrestati – ed alcuni esponenti del movimento No Tav.

Per fare il punto sugli arresti del 26 gennaio e ragionare sulle strategie repressive di governo (daspo, arresto in differita, fermo di polizia, nuovo reato associativo) e magistratura (torsione delle leggi attuali per bloccare l’opposizione politica e sociale).
Ore 21 alla FAI milanese in viale Monza 255

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Poligono di Quirra. Il punto su una strage di Stato dopo l’inquisizione di generali ed esperti

L’inchiesta sulla strage che da molti anni colpisce le popolazioni che vivono nella zona del Poligono di Quirra è giunta ad una prima conclusione. Nel registro degli indagati sono finiti in venti: gli ex comandanti del poligono sperimentale di Perdasdefogu e del distaccamento di Capo San Lorenzo, ma anche i responsabili sanitari del comando militare, alcuni professori universitari e i membri di un commissione nominata dal Ministero della Difesa che avrebbero dovuto studiare gli effetti della contaminazione dell’uranio.
Nell’elenco dei primi venti indagati è finito anche il sindaco di Perdasdefogu, uno dei paesi su cui ricade la gigantesca base militare sarda. Walter Mura, insieme al medico competente del poligono, è accusato dal procuratore Domenico Fiordalisi di aver ostacolato l’inchiesta sul disastro.
Nelle ossa di dodici cadaveri riesumati per ordine del magistrato ci sono tracce del micidiale torio. Le persone stroncate dal nemico radioattivo potrebbero essere non meno di centosessanta. E proprio per questo la Procura della Repubblica di Lanusei ha deciso di approfondire ulteriormente l’inchiesta sui veleni della base militare del Salto di Quirra.
La diffusione dei tumori e delle leucemie tra gli abitanti della zona, secondo la tesi della procura, dimostrano come le sostanze tossiche e radioattive abbiano contaminato il suolo, le falde acquifere che alimentano diversi paesi e persino l’atmosfera. Gli effetti, oltre alla morte di tanti militari e dei pastori che hanno allevato le loro greggi dentro il poligono, sono dimostrati dalla nascita di bambini e agnelli malformati. Ora c’è la prova, quella che non hanno mai riscontrato le commissioni nominate per far luce su uno strano fenomeno di cui si parlava da molti anni. E anche per questo, nell’elenco degli indagati, ci sono professori e altri specialisti che avrebbero volutamente negato gli effetti della contaminazione.

Secondo Francesco, attivista antimilitarista di Villaputzu, l’inchiesta sarebbe stata aperta per bloccare una possibile insorgenza popolare, ridare fiducia nelle stesse istituzioni che per decenni hanno coperto la strage, perché gli affari potessero andare avanti.
Purtroppo in molti casi le stesse vittime diventano complici. I pastori, che, quando non ci sono esercitazioni, pascolano le pecore nella vastissima area del poligono, non hanno purtroppo interesse a far rilevare che i loro animali vivono in un territorio pesantemente inquinato.
La stessa proposta di riconversione dal militare al civile del Poligono non modificherebbe la situazione, poiché le ditte private che già oggi sperimentano nel poligono, producono danni equivalenti se non superiori a quelli dei militari. Solo la chiusura definitiva del Poligono aprirebbe qualche prospettiva per la salute delle persone e per un diverso futuro del territorio ogliastrino.

Ascolta l’intervista a Francesco per Radio Blackout

scarica il file

Di seguito una scheda sul poligono del Salto di Quirra.
È la base militare sperimentale più grande d’Europa, costruita intorno al 1954 ed estesa su circa13.500 ettari a terra, con una ulteriore superficie che si estende a mare fino a superare l’intera superficie dell’isola di Sardegna (quasi 29 mila Kmq).
In quanto base militare viene utilizzata dall’esercito italiano e da eserciti stranieri (NATO, ma non solo) per esercitazioni e addestramento.
In quanto sito di sperimentazione, la base è attrezzata ed utilizzata per la prova di prototipi di armamenti e come mercato dimostrativo dove i produttori di armi possono esporre ai potenziali acquirenti il funzionamento e l’efficacia dei dispositivi proposti. Questa funzione rende il PISQ molto particolare: esistono al mondo solo altri tre poligoni che possono essere noleggiati da eserciti stranieri e industrie private. Il costo medio è di circa 50 mila euro l’ora.
Le attrezzature del Poligono sono usate anche per il test di tecnologie militari applicate ad usi civili (se ha senso tale distinzione): si tratta di esperimenti pericolosi ed esplodenti, come quelli sulla tenuta degli oleodotti o sui motori dei razzi per satelliti, che richiedono le stesse strutture usate per la prova di armamenti. Attualmente sono questi gli usi con le ricadute più pesanti in termini di inquinamento.
Continued…

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No Tav. Verso l’11 aprile: una primavera resistente

Meno catene per Tobia, Mambo, Jacopo
In questa settimana si sono allentate le catene per alcuni dei No Tav arrestati il 26 gennaio per la resistenza allo sgombero della Maddalena.
A Jacopo, che si trova ai domiciliari, è stato permesso di comunicare con l’esterno, Mambo e Gabriele sono passati dalla galera alla prigione casalinga.
Tobia, reduce da una settimana di ricovero in ospedale dopo la fine dello sciopero della fame, sta meglio. Il giudice gli ha ulteriormente ridotto le misure restrittive: da venerdì ha l’obbligo di dimora a Torino con coprifuoco serale e notturno. Sabato mattina è passato al presidio contro la crisi in corso Vercelli, lunedì è tornato a lavorare.
Sono ancora in carcere sette No Tav: Juan, Maurizio, Marcelo, Niccolò, Luca, Giorgio, Alessio.
Sabato pomeriggio i compagni di Giorgio, rinchiuso in semi-isolamento a Saluzzo, hanno organizzato un presidio al carcere. Di fronte alle altre carceri i presidi solidali si erano svolti contemporaneamente l’11 febbraio.

Abbiamo intervistato Tobia sul suo “27 giugno”, sulla giornata di resistenza allo sgombero della Maddalena, per la quale è stato arrestato il 26 gennaio.

Ascolta la sua testimonianza

Giornata nei campi di Luca
Domenica 25 marzo l’appuntamento è al Cels, la frazione di Exilles dove vive e lavora Luca Abbà, il contadino folgorato su un traliccio durante lo sgombero della baita Clarea.
Luca, poco a poco, si sta riprendendo ma ci vorranno lunghi mesi e tante altre sofferenze per curare le gravissime ustioni che gli hanno inciso le carni.
Un folto gruppo di No Tav armato di rastrelli e altri attrezzi da lavoro pulisce i castagneti di Luca e a fa altri lavori, che oggi lui non può fare. Un segno di solidarietà concreta, che è anche la misura della irrimediabile diversità del movimento No Tav, del suo saper fondere solidarietà e resistenza, autogestione e conflitto.
Nel pomeriggio, dopo un pranzo condiviso, canti e balli si scende al cancello della centrale a Chiomonte. Alcuni si avviano per il sentiero, altri restano al ponte e fanno battiture e slogan. I primi riescono ad arrivare al curvone che conduce alla Maddalena prima di essere intercettati dalle truppe in assetto antisommossa e tornare indietro. Per i secondi, dopo un avvio sonnacchioso, arrivano due blindati e un lince. Vengono salutati con slogan e nuove battiture.

Ascolta l’intervista di Danilo di Exilles sulla giornata

Verso l’11 aprile
Il 27 febbraio, il giorno dello sgombero della Baita Clarea e del gravissimo incidente a Luca, le truppe dello Stato hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintato con reti, jersey, filo spinato. Dopo dieci mesi, senza preoccuparsi di fare le procedure per l’occupazione “temporanea” hanno fatto l’ultimo passo, la presa dei terreni, dove scavare per il tunnel geognostico.
Mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale. Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino solo uno alla volta, scortati dalla polizia: se qualcuno non si presenta procederanno comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno cominciare davvero i lavori.
I No Tav non mancheranno certo all’appuntamento, i sindacati di base daranno copertura convocando sciopero sia nel privato che nel pubblico, per consentire a tutti, anche a chi lavora, di partecipare. L’appuntamento sarà al fortino, ma i No Tav hanno imparato la lezione: la macchina dell’occupazione militare può essere messa in panne, scegliendo di volta in volta dove e quando agire.
Uscire dal catino della Clarea, dalla trappola allestita dallo Stato, che vuole nascondere la militarizzazione del territorio e la resistenza dei No Tav, mette in difficoltà un avversario che usa armi da guerra e poi intesse elegie alla non violenza.
La lotta popolare ha trovato il proprio ritmo, con azioni cui possono partecipare tutti.
Il movimento No Tav ha lanciato una settimana di lotta, facendo appello perché in ogni città ci siano iniziative l’11 aprile e i giorni successivi.
Dopo la caduta di Luca in ogni angolo d’Italia ci sono state manifestazioni, blocchi, presidi, occupazioni. Per il governo Monti non è stato un momento facile: le migliaia di uomini e donne in armi inviati in Val Susa servivano a poco, se ovunque si moltiplicavano le azioni di resistenza.
La lotta No Tav è divenuta un affare nazionale, perché l’opposizione al supertreno è lotta contro lo sperpero di denaro pubblico, spinta alla partecipazione diretta, rifiuto della delega in bianco, della logica della merce, del profitto ad ogni costo, della violenza di Stato come strumento di regolazione dei conflitti.

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Torino. Anarchici a giudizio per furto… per aver staccato manifesti fascisti!

Cosa fareste se vedeste un po’ di fascisti affiggere manifesti sulla marcia su Roma? Naturale che i manifesti finiscano in terra.
Il fascista Lonero accusa quattro anarchici di “furto” per aver strappato i manifesti del suo partito inneggianti alla marcia. Una follia? Non per il solerte PM Rinaudo che ha deciso il rinvio a giudizio. Si va in aula il 28 maggio.

I fatti.
Era la vigilia del 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma. Nel pomeriggio c’era stato un presidio No Tav in piazza Castello, in serata una riunione No Tav nella sede del centro di documentazione “Sereno Regis” in via Garibaldi 13.
All’uscita dalla riunione alcuni compagni si dirigono alle auto per andare a casa, quando all’improvviso una macchina con a bordo quattro uomini entra sgommando a grande velocità in via Garibaldi, una via pedonale del centro. Ne scendono quattro uomini che affiggono manifesti de “La Destra” inneggianti alla marcia su Roma. I manifesti vengono strappati e i compagni riprendono la via di casa.
I fascisti non gradiscono, inseguono gli anarchici che si fermano ad aspettarli. I fascisti, tra cui il segretario cittadino e capogruppo in comune Giuseppe Lonero, si lamentano, invocano la democrazia e si vantano di non aver infastidito il presidio No Tav del pomeriggio.
Gli anarchici dichiarano il proprio antifascismo e se ne vanno.
Il giorno dopo Lonero diffonde un comunicato nel quale dichiara che lui e i suoi camerati sarebbero stati “aggrediti da un gruppetto di No Tav che aveva appena finito di manifestare in piazza Castello. Personaggi, in evidente stato di ubriachezza o probabilmente sotto effetto di sostanze stupefacenti, che hanno continuato ad insultarci e hanno staccato ripetutamente i nostri manifesti”.
Non pago degli insulti a mezzo stampa Lonero si è precipitato dalla Digos ed ha sporto denuncia per… furto! Una porcheria che non stupisce da parte di un fascista.
Come non stupisce che uno come il PM Rinaudo, specializzato nella caccia all’anarchico, già titolare di numerose inchieste contro i libertari torinesi, abbia colto la palla al balzo per formulare l’ennesima accusa. Nel mirino quattro anarchici torinesi, tre dei quali, aderenti alla nostra Federazione.
Un’accusa insensata che tuttavia fa gioco per criminalizzare gli anarchici, i No Tav e chiunque si batta contro un sistema politico e sociale fondato sulla gerarchia e l’oppressione.
Non sarà quest’ennesimo attacco della Procura torinese a tapparci la bocca. Anzi!

Federazione Anarchica Torinese –FAI
Corso Palermo 46 – riunioni ogni giovedì alle 21 (questa settimana la riunione della FAT è anticipata a martedì)

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Torino. La crisi? La paghino i padroni!

Sabato 24 marzo
Ore 10/13 in corso Vercelli angolo via Elvo
in Barriera di Milano a Torino
Presidio contro la crisi

La crisi morde forte nelle nostre periferie. Nei quartieri dove arrivare a fine mese non è mai stato facile, tanti non ce la fanno a pagare il fitto e il mutuo, rischiando di finire in strada. A Torino si moltiplicano gli sfratti, mentre ci sono 150.000 appartamenti vuoti.
Tra l’IMU, la nuova tassa sulla casa, i fitti alle stelle, i mutui capestro la casa è sempre più un’emergenza sociale. Da molti anni a Torino non si fanno case popolari, poco fruttuose per la potente lobby del cemento e del tondino, che, si è arricchita con le speculazioni di Spina Due e Spina. E presto tre potrebbe essere ai blocchi di partenza un nuovo blocco di cemento e affari tra lo scalo Vanchiglia e la Barriera di Milano.
Però anche a Torino, tra resistenza agli sfratti e occupazioni abitative, sta crescendo la lotta per la casa.
Il governo dice che non ci sono soldi. Mente. I soldi per le guerre, per le armi, per le grandi opere inutili li trovano sempre. Da anni aumenta la spesa bellica e si moltiplicano i tagli per ospedali, trasporti locali, scuole.
La nuova linea tra Torino e Lyon che cercano di imporre con la forza, occupando militarmente il territorio, è un affare da 22 miliardi di euro. Un centimetro di Tav costa 1.200 euro, come lo stipendio di un operaio.
Non vogliono spendere per migliorare le nostre vite, perché preferiscono investire in telecamere e polizia. Sui tram della linea 4, che attraversa da nord a sud la città, collegando Barriera a Mirafiori hanno messo le guardie private, obbligando chi non ha soldi per il biglietto ad andare a piedi.
Stanno varando una riforma del lavoro che renderà le nostre vite ancora più difficili e precarie. I padroni potranno licenziare come e quando vorranno.
Alzi la testa, lotti per il salario, la sicurezza sul lavoro, contro il dispotismo di capi e caporali? Di te non c’è più bisogno, vai via!
Si torna indietro e ci dicono che stiamo andando avanti.
L’aumento dell’età pensionabile nega una vecchiaia serena agli anziani e taglia altre prospettive per i giovani, che, tra calcolo contributivo e precarietà a vita, prenderanno una mancia come pensione.
Da anni il lavoro è diventato una roulette russa: i lavori precari, malpagati, pericolosi, in nero sono diventati la regola per tutti.
Napolitano esorta i sindacati a “far prevalere l’interesse generale su qualsiasi interesse e calcolo particolare”. Per interesse generale Napolitano, Monti e tutta l’allegra compagnia di affaristi e banchieri, intendono quello dei padroni, per interesse particolare, quello di chi viene sfruttato ogni giorno da un padrone.
Chi si fa ricco con il lavoro altrui non guarda in faccia nessuno. Chi governa racconta la favola che sfruttati e sfruttatori stanno sulla stessa barca e elargisce continui regali ai padroni.
I padroni si sentono forti e passano all’incasso di quel che resta di garanzie, libertà, salario. Un macello che gronda sangue.
Monti vuole la fine delle lotta di classe, con la resa senza condizioni dei lavoratori. I sindacati di Stato sono sul punto di accontentarlo. I lavoratori, strangolati dalla crisi, dall’aumento di tariffe e dalla riduzione di salari e garanzie saranno disponibili a fare altrettanto?
C’è chi non ci sta, chi si ribella ad un destino già scritto, chi vuole riprendersi il futuro.
Sono i No Tav, che da Torino alla Valsusa, resistono all’occupazione militare, allo sperpero di risorse pubbliche, alla devastazione dell’ambiente. Sono i ragazzi tunisini che bruciano le frontiere, sono i prigionieri dei CIE che sfondano le porte e scavalcano i muri. Sono gli sfrattati che non si rassegnano alla strada ed occupano le case vuote. Sono gli studenti che scendono in piazza perché hanno imparato a loro spese che nulla è garantito se non dalla lotta. Sono i lavoratori che stanchi di piegare la testa vogliono riprendersi un po’ della loro vita.
Cambiare la rotta è possibile. Con l’azione diretta, costruendo spazi politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione, abbandonando l’illusione elettorale, perché destra e sinistra in questi anni si sono divise su tutto ma non su quello che conta. Hanno attuato lo stesso programma: farci pagare la crisi dei padroni finanziando le imprese e tagliando i servizi.
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa, di tirare a campare, di rassegnarsi. Che se ne vadano tutti!
Un mondo di liberi ed eguali è possibile. Tocca a noi costruirlo.

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torino
Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21

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Stato di polizia. Solidarietà agli antirazzisti e ai No tav colpiti dalla repressione

Negli ultimi vent’anni il disciplinamento dei lavoratori immigrati è stata ed è tuttora una delle grandi scommesse dei governi e dei padroni, che puntano sulla guerra tra poveri per spezzare il fronte della guerra di classe.
Nel nostro paese è stata costruita una legislazione speciale per gli immigrati, persone che, sebbene vivano in questo paese, devono sottostare a regole che ne limitano fortemente la libertà.
Chi si oppone alle politiche e alle leggi discriminatorie e oppressive nei confronti degli immigrati entra nel mirino della magistratura.
Il prossimo 13 aprile si aprirà il processo contro una quarantina di antirazzisti torinesi, tra cui tre aderenti alla FAI torinese. Un megaprocesso che la Procura torinese vuole ad ogni costo, nonostante l’impalcatura giuridica su cui si fondava non abbia retto. Nel marzo del 2010 scattarono le manette per sei antirazzisti incarcerati con l’accusa di “associazione a delinquere”. L’etichetta associativa venne apposta dai PM Padalino e Pedrotta sull’Assemblea antirazzista di Torino, che per circa un anno – dal maggio del 2008 al maggio del 2009 – fu il fulcro da cui si dipanarono numerose iniziative di informazione e lotta.
L’associazione a delinquere – secondo i PM – era finalizzata a compiere reati come la violenza privata, l’imbrattamento, il disturbo della quiete.
Manifestazioni, presidi, occupazioni simboliche, striscioni, scritte, azioni di protesta divenivano tasselli di un disegno criminoso elaborato “all’interno del movimento anarchico”.
Il reato associativo cadde e gli antirazzisti vennero scarcerati. Nonostante ciò la megainchiesta è andata avanti mettendo insieme vari episodi, non tutti riconducibili all’humus politico dell’assemblea antirazzista, all’evidente scopo di ridurre a questioni di ordine pubblico l’attività politica e sociale di quegli anni. Attività che, sia pure di minoranza, contribuirono a tenere accesi i riflettori ed a sostenere le lotte dentro i CIE, contro lo sfruttamento del lavoro migrante, contro la militarizzazione delle periferie.
La Questura torinese – sconfitta più volte nel tentativo di costruire impalcature associative intorno alle lotte sociali e, in particolare, agli anarchici – negli ultimi anni ha moltiplicato i procedimenti contro l’opposizione politica e sociale nel capoluogo subalpino.
Banali scritte sui muri, contestazioni pubbliche, manifestazioni spontanee, persino i manifesti finiscono sui tavoli della Procura che imbastisce processi su processi. La recente condanna a tre mesi a due anarchici della FAI torinese per il contenuto di un manifesto antileghista la dice lunga sulla scelta della Procura di trattare le lotte sociali in termini di ordine pubblico. Nel manifesto era scritto: “25 aprile. Resistenza. Ieri camicie nere… oggi camicie verdi / Ieri squadracce… oggi ronde / Ieri leggi razziali… oggi leggi razziste / Ieri ebrei e rom… oggi immigrati e rom / Oggi il fascismo ha il volto della Lega / Bossi, Maroni, Borghezio… / a piazzale Loreto c’è ancora tanto posto!”.
Secondo il tribunale di Torino che ha emesso la sentenza quel manifesto era una minaccia.
Questa sentenza è ben più che una minaccia alla libertà di dire, scrivere e diffondere la propria opinione.
La vicenda dei No Tav privati della libertà, per la partecipazione alla resistenza allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, nonostante le accuse siano del tutto banali, la dice lunga sulla volontà di stroncare con la repressione un movimento che non riescono a sconfiggere né con le armi della politica né con la politica delle armi.

La Procura Torinese – sotto la guida del Democratico Caselli – è uno dei tasselli di un’operazione disciplinare in grande stile che il governo bipartisan guidato da Mario Monti, sta facendo nel Piemonte occidentale.
Torino e le sue valli sono il laboratorio nel quale sperimentare le politiche di repressione e controllo sociale per gli anni a venire.
La presenza di un ampio e variegato movimento anarchico, il moltiplicarsi delle iniziative di lotta che mettono insieme resistenza e autogestione, radicalità e radicamento sono una sfida che lo Stato non può permettersi di perdere.
Il governo risponde alle lotte sociali con la militarizzazione dei territori, la Procura con carcere e processi.
Non a caso il Democratico Fassino e il leghista Cota, divisi su tutto, specie sulla spartizione delle risorse pubbliche, vanno a braccetto nel sostenere le operazioni repressive della Procura.
Non è più tempo di compromessi socialdemocratici: non ci sono le risorse e, soprattutto, c’è la chiara volontà di spezzare la resistenza degli anarchici, degli antirazzisti e dei No Tav, perché altrimenti il tappo sulla pentola a pressione rischia di saltare in tutto il paese.
Il governo prepara nuove leggi per meglio imbrigliare chi lotta e, in particolare, gli anarchici. Le proposte sul tappeto sono tante: dal fermo di polizia, all’arresto in differita, dalla ri-penalizzazione dei blocchi di strade e ferrovie sino ad un nuovo reato associativo, scritto apposta per gli anarchici. Qualcuna forse andrà in porto altre no. Ma sin da ora basta la torsione delle leggi attuali per aprire processi e spalancare le porte del carcere.

Per impedire che le lotte sociali siano ridotte a questioni di ordine pubblico, occorre che le lotte crescano e si diffondano in tutto il paese, coinvolgendo in prima persona sempre più persone, sino ad obbligare il governo e la magistratura a fare dietrofront.
Ma non solo. Serve una campagna ampia, forte, di sostegno ai compagni vittime della repressione.
La Commissione di Corrispondenza della FAI esprime la propria solidarietà ai No Tav in carcere e agli antirazzisti torinesi sotto processo per l’assemblea antirazzista.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org
tel. 3333275690

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Domenica No Tav tra Susa e Torino. La solidarietà dei lavoratori del teatro Regio


 

 

 

 

 

 

 

Susa 18 marzo. Giornata di lotta, autogestione, riconsegna alla città di spazi abbandonati.
Nonostante la pioggia tanti No Tav hanno partecipato al corteo con tanto di banda, che, dopo aver attraversato le vie cittadine, si è recato alla Colombaia, vecchia costruzione militare abbandonata al degrado da molti anni e l’hanno occupata.
Per una giornata il luogo, che domina dall’alto la città di Susa, è tornato a vivere con concerti e cibo condiviso. Gli imbianchini di movimento hanno anche fatto una grande scritta “No Tav”, ben visibile dalla città.
Guarda le foto.
Nel pomeriggio giro in Clarea a fianco di reti e filo spinato e approdo alla baracca di lamierino rimasta fuori dal recinto degli occupanti.

Torino. In serata diverse centinaia di persone si sono raccolte in piazza Castello, dove era atteso Monti per lo spettacolo verdiano di chiusura dei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
La conclusione delle kermesse patriottica è stata degna dell’incipit. Allora le truppe dello Stato italiano repressero nel sangue la rivolta delle popolazioni meridionali, che avevano visto tradita ogni speranza di libertà e giustizia. Oggi le truppe dello Stato italiano occupano militarmente la Maddalena di Chiomonte e blindano Torino per tenere lontani i No Tav, che si oppongono alla devastazione del territorio e allo sperpero di risorse.
Piazza Castello è stata spezzata in due da un imponente schieramento di polizia e carabinieri, che hanno transennato la piazza all’altezza di Palazzo Madama, impedendo a tutti di raggiungere il teatro Regio.
Turi Vaccaro ha provato a eludere l’apparato di polizia ma è stato fermato dalla polizia. Un grande striscione con la scritta “Monti basta TAVanate” è stato appeso in piazza.

I No Tav si sono comunque fatti sentire tra cori, battiture e fischietti, spostandosi di continuo da un lato all’altro della piazza.

I lavoratori del Teatro Regio hanno distribuito un volantino dal titolo “Io non ho paura (dei No Tav)”.
Vale la pena riportarne alcuni stralci: “Siamo un gruppo di lavoratori del Teatro Regio, dove si tiene il concerto di chiusura delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Era previsto che il concerto fosse gratuito e aperto alla cittadinanza.
È stato invece riservato ad un pubblico selezionato, perché le note tensioni con il movimento No Tav (che evidentemente scuote nervi e coscienze) hanno causato una ulteriore stretta dei già rigidi protocolli di sicurezza per le alte cariche istituzionali.
Esprimiamo tutto il nostro dissenso per una scelta che costringe a blindare e militarizzare un luogo di lavoro e di divulgazione culturale. I motivi che scatenerebbero quest’emergenza riguardano la lotta di una popolazione per la difesa del proprio territorio, che in questi anni ha coinvolto strati sempre più ampi della società civile e del mondo del lavoro e trova simpatizzanti attivi anche tra noi. Non ci sentiamo né minacciati né in emergenza, se non per l’atteggiamento e le reazioni delle istituzioni, che a nostro parere portano unicamente ad alimentare tensioni e paure fuori controllo e vanno nella direzione di un’indiscriminata repressione delle istanze sociali e popolari ”

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No Tav. Barricata sull’autostrada

Bussoleno, 17 marzo. L’appuntamento è in piazza del mercato intorno alle 16. Sin dall’assemblea di lunedì la scelta era chiara: continuare a mettere i bastoni tra le ruote alle truppe di occupazione. Gettare sabbia di un ben oliato meccanismo, che ha fatto dell’autostrada la strada maestra per uomini e mezzi.
Un’azione veloce, veloce. Si salta sulla A32 poco prima dello svincolo di Chianocco: legna e quel che c’è a fare la barricata. Poi si va.
Per un’ora l’autostrada viene chiusa in direzione ovest e per quasi due resta bloccata verso est.
Nonostante il mostruoso apparato militare che controlla questo lembo di Piemonte occidentale, i No Tav, anche oggi, hanno gettato una manciata di sabbia nell’ingranaggio.
Uscire dal catino della Clarea, dalla trappola allestita dallo Stato, per rendere invisibile la militarizzazione e la resistenza dei No Tav, dimostra di essere la leva più efficace, per mettere in difficoltà un avversario che pesta, gasa, picchia, umilia e poi intesse elegie alla non violenza.
La lotta popolare sta trovando il proprio ritmo, con azioni facili, cui possono partecipare tutti.
Giorno dopo giorno si moltiplicano le iniziative.

Domani mattina – ore 9 – appuntamento a Susa per una giornata di informazione, condivisione, autogestione del territorio, riappropriazione di spazi.
Nel pomeriggio appuntamento per famiglie: giro in Clarea, dove nuovi cancelli e barriere rendono tangibile l’occupazione e la devastazione del territorio.

Passo dopo passo sino all’11 aprile, quando lo Stato, che il 27 febbraio ha già preso con la forza i terreni intorno alla baita, spedirà i suoi funzionari per rendere legale l’occupazione “temporanea”. I proprietari, scortati dalla polizia, potranno entrare solo uno alla volta. Così l’occupazione di fatto diverrà de iure e i lavori potranno cominciare davvero.
Per quella settimana il movimento No Tav sta preparando numerose iniziative di lotta e farà appello perché ovunque in Italia ci si metta di traverso.
Se lo Stato crede di poter ridurre le ragioni dei No Tav ad una questione di ordine pubblico, occorre scompaginare le carte e moltiplicare le resistenze.
Lo Stato occupa la Maddalena, i No Tav occupano dappertutto.

Rassegna stampa
L’articolo di Repubblica
Quotidiano.net

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Tav. Treni ad Assorbimento Vorace

 

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha commissionato una ricerca previsionale su “Il futuro dell’energia. Uno scenario per il 2020”.
Di seguito i risultati della ricerca.

La rete dei trasporti urbani su gomma e su rotaia verrà potenziata, come alternativa al trasporto individuale, con il risultato di ottenere economie energetiche. Un maggiore ricorso al trasporto ferroviario sarà determinato dallo sviluppo di una rete ferroviaria più moderna e veloce.
Il Treno ad Alta Velocità non darà un contributo al risparmio energetico poiché, mentre consentirà lo spostamento più veloce di un limitato numero di utenti, lascerà però indietro un servizio meno funzionale per gli utenti della rete intercity e regionale. Ciò, quindi, determinerà una ricaduta in termini di più frequente scelta della mobilità individuale a mezzo di autovettura.
Il saldo energetico derivante dalla diffusione del Treno ad Alta Velocità resterà negativo anche nel lungo termine poiché esso – oltre alle ingentissime spese energetiche (viadotti, gallerie, rete elettrica) per la costruzione della rete – consumerà quantità di elettricità notevolmente superiori alle altre tipologie di treno. La strategia che promuove i treni ad alta velocità resterà invariata, nonostante il loro elevato consumo di energia.

Il futuro dell’energia, uno scenario per il 2020, settembre 2011

L’indagine, curata dalla S3.Studium, ha visto il coinvolgimento di: Maria Berrini (Presidente dell’Istituto Ambiente Italia); Marco Cattaneo (Direttore responsabile di “Le Scienze”); Leonardo Maugeri (Presidente di Polimeri Europa S.p.A.); Roberto Moneta (Segreteria tecnica Dipartimento Energia del Ministero dello sviluppo Economico); Massimo Nicolazzi (Chief Executive Officer di Centrex Europe Energy & Gas AG); Giorgio Osti (Professore dell’Università di Trieste); Clara Poletti (Direttore dello IEFE – Università Bocconi); Sergio Ulgiati (Professore dell’Università Parthenope di Napoli); Maurizio Urbani (libero professionista, esperto di ambiente ed energia). La ricerca previsionale è stata diretta da Stefano Palumbo e si è avvalsa della collaborazione di Ruben Criscuolo e Camilla Monda.

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37 anni ben vissuti. Buon compleanno Luca!

Oggi Luca Abbà compie 37 anni. 37 anni vissuti con coraggio, voglia di lottare, rischiando in prima persona e non delegando a nessuno. Vissuti con gioia pur sapendo che i sentieri della libertà sono spesso in salita. Una salita che nelle ultime settimane è stata molto erta. Ma per quanto il percorso sia difficile per una persona degna non c’è altra vita che valga la pena vivere.  

Buon compleanno Luca!

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Fine dello sciopero della fame. Tobia ha ottenuto un pezzettino di libertà

Dopo 13 giorni Tobia ha interrotto lo sciopero della fame. Da oggi torna e mangiare, perché da oggi può nuovamente scrivere lettere e mail, telefonare, ricevere visite. Non potrà però andare a lavorare. La sua lotta – anche grazie all’ampio sostegno ricevuto – ha pagato.
Questa sera lo abbiamo riabbracciato, bevuto insieme un dito di vino e parlato delle tante cose capitate dal 26 gennaio quando Ada, la sua compagna, chiamò per avvertire che gli uomini dello Stato se lo stavano portando via.
Un fiume di parole, il racconto di un pezzetto di vita separata nei corpi, ma unita nel comune sentire una lotta che cresce giorno dopo giorno.

Di seguito la prima lettera di Tobia.

 Ho ricevuto nel pomeriggio, da parte del mio avvocato, la comunicazione che il giudice ha revocato il “divieto di comunicare con qualsiasi mezzo”, emesso nei miei confronti dal giorno della concessione – da parte del tribunale del riesame – della detenzione domiciliare – il 13 febbraio – e mantenuto sino ad oggi. L’altra mia richiesta, di poter recarmi al lavoro presso l’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea, è stata negata.
Pur amareggiato per il fatto che non venga riconosciuto il mio diritto a guadagnarmi il pane, reputo la conquista del diritto a comunicare, imposizione che non aveva ragioni dal punto di vista delle esigenze cautelari, un passo avanti verso il ridimensionamento dell’inchiesta contro il movimento No Tav, che ogni giorno di più si rivela per quello che è: un’odiosa macchinazione repressiva ad uso meramente politico e mediatico.
Pertanto dichiaro di aver sospeso da stasera lo sciopero della fame iniziato il giorno il 3 marzo.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto in questa battaglia.
A sarà dura!

Tobia Imperato

Torino, 15 marzo 2012

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La parabola di Chianocco

Il video girato sull’autostrada occupata dai No Tav da Manolo Luppichini di Fratelli di Tav. Era il 29 febbraio, l’autostrada era occupata da tre giorni. La polizia caricò con idranti, lacrimogeni e manganelli sin dentro il paese.

La parabola di Chianocco da fratelli di TAV su Vimeo.

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Val Susa. Il deserto e le sbarre

Per anni i nostri passi hanno segnato lievi i sentieri della Val Clarea, della strada delle Gorge, lì dove la Valle si stringe, il fiume scorre tra pareti strette e la presenza umana si presenta nelle vigne che salgono su pendii ripidi ed assolati. L’autostrada è il primo segno tangibile di un mondo che corre veloce per far girare le cose, secondo logiche segnate dal ritmo del denaro, un ritmo forsennato che ingoia se stesso, che non ha futuro, perché vive dell’eterno presente della transazione che in un istante sposta miliardi, incurante delle vite straziate di tanta parte del pianeta.
Qui siamo dei privilegiati e lo sappiamo bene, sappiamo che le briciole della grande torta bastano a farci campare decentemente. Ma i nostri passi non sono in difesa di privilegi, ma perché una vita decorosa non sia più un privilegio ma una possibilità offerta a tutti. Qui e in tutti i remoti altrove di questa terra.
Nell’ultimo anno i nostri passi si sono moltiplicati, confusi, spesso affrettati. La strada delle Gorge, l’imbocco della Val Clarea sono divenute terreno di guerra. Una guerra moderna. Le truppe che avanzano, devastano picchiano e gasano i civili. I civili, specie quelli che osano resistere, etichettati come delinquenti. Ancora non hanno detto che tutti, anche i bambini, siamo terroristi. In Afganistan lo fanno da dieci anni, qui stanno ancora attrezzando l’apparato propagandistico. Per ora si limitano ad additare anarchici e antagonisti. Con l’eccezione di Mario Virano, l’architetto con il doppio ruolo di Commissario Straordinario per la Torino Lyon e presidente dell’Osservatorio tecnico sul Tav, che ha dichiarato che gli estremisti non sono infiltrati, ma vengono invitati dai valsusini. Anche lui, non diversamente da chi ama contrapporre i valligiani buoni e sciocchi agli specialisti della guerriglia venuti da fuori, chiude gli occhi di fronte alla verità. La verità banale che il movimento No Tav è ampio, trasversale, plurale ma unito dalla capacità di discutere e decidere insieme i propri obiettivi.
In Clarea, dal 27 giugno dello scorso anno, abbiamo visto crescere il deserto: alberi tagliati e recinzioni, filo spinato e asfalto, blindati e cingolati.

Sono trascorse due lunghe settimane dal 27 febbraio, quando sono usciti dalle reti per prendersi tutto, compresa la baita No Tav. Per poco non si sono presi anche la vita di Luca, folgorato dall’alta tensione, mentre un agente rocciatore/rambo lo inseguiva sul traliccio che sta davanti alla Baita.
Luca poco a poco migliora, è stato operato per cercare di rimuovere i tessuti del braccio necrotizzati dalla corrente, ma forse sarà necessaria un’altra operazione. Domenica 11 marzo una piccola folla di compagni e amici si è radunata davanti al CTO per un presidio silenzioso che gli facesse sentire la nostra vicinanza.
La baita invece è stata ingabbiata dalle reti e dai jersey. Intorno il deserto ha fatto altri passi avanti: gli alberi sono venuti giù, il terreno è stato spianato. Il traliccio sul quale era salito Luca e, dopo di lui, Turi, ha una corona di filo spinato a lamelle, quello che taglia la carne come decine di rasoi affilati.
La vecchina di gommapiuma è stata impiccata ad uno dei jersey che stringono la baita.
Uno sfregio. Vogliono umiliarci, riescono solo a farci più forti.
Questa settimana le azioni sono proseguite tutti i giorni, anche se il ritmo è stato più lento.

Lunedì 5 marzo. Bussoleno, ore 18,30: il vento della Val Susa ghiaccia tutti ma non raffredda la voglia di lottare. Dopo una breve assemblea si decide di fare una capatina in autostrada: si torna allo svincolo di Vernetto, sgomberato con la violenza mercoledì scorso e chiuso dalla polizia senza alcun motivo apparente. O, forse, un motivo c’è: punire, chiudendo l’uscita autostradale – in questo tratto gratuita – la gente di Bussoleno e di Chianocco. Qui i No Tav sono tanti, quelli in prima fila nella lotta come quelli che hanno aperto le porte delle case e dei cortili a chi fuggiva dalle cariche.
Si blocca l’autostrada per un’oretta. Poi si va.

Martedì 6 marzo. Assemblea popolare al Polivalente di Bussoleno. Poche parole, molte proposte operative: una 24 ore di lettura delle 150 ragioni No Tav ai cancelli che serrano strada dell’Avanà a Chiomonte, spezzone No Tav al corteo delle donne di sabato 10 a Torino, presidi alle carceri dove sono rinchiusi gli attivisti arrestati il 26 gennaio, nuovi blocchi dell’autostrada e delle ferrovie, azioni di disturbo agli alberghi che ospitano le truppe di occupazione.

Mercoledì 7 marzo. Per 24 ore a Chiomonte alcune decine di No Tav si alternano nella lettura delle 150 ragioni della lotta.

Giovedì 8 marzo. Un presidio di donne No Tav a Susa si trasforma in corteo e si dirige al Comune. Per strada interseca la sindaco Gemma Amprino, schierata sul fronte Si Tav, e la “invitano” ad un dibattito in Municipio. Lì, dopo la discussione, le offrono un mazzo di lacrimogeni dipinti di giallo, l’unico fiore che cresce in abbondanza in questo primo scorcio di primavera valsusina.

Sabato 10 marzo. In piazza Castello le femministe della Casa delle donne, legate a filo doppio all’amministrazione di centro sinistra della città, disertano l’appuntamento. Le donne No Tav con il loro striscione “partigiane della Val Susa” sono la maggioranza delle circa 400 persone che lentamente percorrono via Roma per raggiungere la Stazione di Porta Nuova blindata dalla polizia.
Niente mimose ma grandi mazzi di prezzemolo, per evocare il passato che sta tornando, con lo spettro reale degli aborti clandestini. In Piemonte presto nei consultori ci saranno i volontari del movimento per la vita, mentre Cota promette soldi a chi non abortisce.
Le donne No Tav, ricordando le sentenze che definiscono “lieve” lo stupro di gruppo, scandiscono lo slogan “la violenza sulle donne cosa vuoi che sia, in Val Susa la fa la polizia”.

Domenica 11 marzo. È il giorno dei presidi davanti ad alcune delle carceri dove sono rinchiusi i No Tav. In Piemonte si fanno presidi alle Vallette di Torino, dove sono rinchiusi Alessio e Jack, a Ivrea, dove è imprigionato Luca. Ad Alessandria il presidio si fa in centro città, dove già il giorno precedente si era svolto un presidio contro il terzo valico ed in solidarietà a Tobia.
Poi tutti convergono al CTO dove è ricoverato Luca Abbà.

Sullo sfondo resta la questione dello sciopero generale, approvato per acclamazione in ben due assemblee, si incaglia nelle maglie dei giochi istituzionali. La Cominità Montana prende tempo, alcuni attivisti temono il confronto con il 2005, la Coldiretti ha deciso di sedersi al tavolo delle trattative, i commercianti della Ascom si sono defilati da tempo. Così la decisione definitiva slitta in avanti.

Mentre scriviamo è in corso un incontro tra Regione, Provincia, Comune di Torino e sindaci No Tav, cui in extremis è stato invitato anche il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano.

Comune, Provincia e Regione mettono sul piatto un po’ di soldi di compensazioni, in cambio della non belligeranza delle amministrazioni. Vogliono rompere il pur fragile asse tra il Movimento e la maggioranza dei sindaci. Plano ha dichiarato che il consenso non si compra, ma si è detto disponibile a discutere, il suo predecessore Ferrentino, diversamente dagli altri non chiede di interrompere i lavori, ma ripropone il suo F.A.R.E., ossia il progetto di realizzare a gradi la Torino Lyon, partendo da Torino. Ma, con buona pace del sindaco di S. Antonino, gli interessi sono tutti sul tunnel e sul suo Tav “a rate” da tempo il governo ha tirato la riga blu. Solo se il conflitto crescesse al punto di consigliare una tregua, il vecchio venditore di fumo potrebbe tornare utile.

Al di là dei giochi istituzionali la partita vera si gioca altrove. Il governo pare pronto ad andare avanti ad ogni costo, i No Tav sono decisi a resistere. Due settimane fa i No Tav – per la prima volta in 10 mesi – hanno messo in difficoltà il governo. La lotta si è estesa a tutta Italia, saldandosi con le tante resistenze del nostro paese. Scegliendo di giorno in giorno i luoghi e i modi dell’agire, decidendo da se come e dove inceppare il meccanismo dell’occupazione militare, hanno posto un bel po’ di bastoni tra le ruote di un apparato poliziesco imponente. Nonostante l’ancor più imponente apparato propagandistico, alcune crepe nell’informazione irreggimentata si sono aperte.
§Un’intera classe politica gioca in Val Susa la propria capacità di controllare con la forza un territorio, senza perdere troppo consenso. Se vengono sconfitti qui, tutto potrebbe diventare più difficile nel resto d’Italia. Lo sanno loro, lo sappiamo noi.

Maria Matteo (quest’articolo uscirà sul prossimo numero, il 10, del settimanale Umanità Nova)
Per ripercorrere le tappe di queste due lunghe settimane leggi i due articoli precedenti.

“La Val Susa paura non ne ha”, uscito sul numero 8, e “No Tav. Cronache resistenti. Quelli che non mollano”, uscito sul numero 9.

Ascolta l’approfondimento di Anarres sulla lotta No Tav, trasmesso domenica 11 a radio blackout

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