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Amnistia, carcere e leggi di classe

Lo sciopero elettorale di Marco Pannella ha fatto parlare molto della sua salute, decisamente meno della situazione nelle carceri italiane. Sebbene il sovraffollamento, il moltiplicarsi dei suicidi, le condizioni igieniche terribili siano ormai ammessi anche dalle istituzioni, al momento non pare delinearsi una possibile via d’uscita. Né momentanea né di lungo periodo.
I vari governi che si sono succeduti hanno propagandato la costruzione di nuove carceri, ma (fortunatamente) non hanno trovato i soldi per farle. Di amnistia o indulto neanche a parlarne: non procurano voti. Al momento l’unico provvedimento annunciato dal governo che si è appena dimesso è l’estensione della detenzione domiciliare.
Ovviamente di modifica delle leggi che hanno riempito le carceri e le riempirebbero di nuovo anche dopo l’amnistia nessuno ne vuol sapere.
Tre sono le leggi che in questi anni hanno contribuito a coniugare nella lingua di chi governa e di chi sfrutta una legislazione dall’impronta già vivacemente classista. Ricordiamo che nel nostro paese vengono puniti in modo molto più grave i reati contro il patrimonio che i delitti contro le persone – eccetto quelli più gravi.
Le leggi che hanno riempito le carceri in questi anni sono la Bossi-Fini sull’immigrazione, che prevede il carcere per chi non abbia ottemperato ad un ordine di espulsione, la Fini-Giovanardi che ha equiparato droghe leggere e droghe pesanti, spalancando le porte delle prigioni per qualche fumatore di spinelli, la Cirielli sulla recidiva che comporta la reclusione per un reato anche lievissimo se la condanna colpisce un recidivo.
Il carcere è una discarica sociale, l’amnistia potrebbe essere una boccata di libertà per molte persone, resta il fatto che solo una società scarcerata potrebbe farla finita con mura e gabbie.
Anarres ne ha parlato con Roberto Barbieri di Psycoatthiva.
Ascolta l’intervista

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Posted in Inform/Azioni, repressione/solidarietà.

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