Renzi ha calato le sue carte. Carte pesanti. A Torino i numeri dei disoccupati, dei precari, dei senza casa, dei senza futuro non sono statistica ma innervano il tessuto sociale.
Il gioco di Renzi è volgare ma abile. Dopo decenni di erosione di libertà, quei pochi che ancora ne godono possono essere dipinti come “vecchi” privilegiati. Chi è nato precario, chi a trent’anni ha una laurea e risponde al telefono, chi a 29 si ritrova ad essere un apprendista licenziato per sempre, non ha mai conosciuto le tutele dell’articolo 18.
Il PD targato Renzi cerca di contrapporre i figli disoccupati ai padri costretti a lavorare sino alla tomba.
È la fine di ogni finzione socialdemocratica. I figli della crisi stanno imparando ad attraversarla, agendo forme di conflitto che provano a di ri-definire un terreno di lotta che getti la questione sociale nel tessuto vivo delle nostre città. Una strada ancora in salita in cui la violenza della polizia si intreccia con la rassegnazione di tanti. Ancora troppi.
Il movimento di lotta per la casa, i facchini che bloccano i gangli della circolazione delle merci, ultimo nodo materiale, nella smaterializzazione e parcellizzazione delle produzioni e dei contratti, sono i segni – per ora ancora troppo deboli – di un agire che si emancipa dal piano meramente rivendicativo e scende sul terreno della riappropriazione diretta.
La crisi e la macelleria sociale che ci è stata imposta, la perdita irreversibile di un ampio sistema di garanzie e tutele, la fine dello scambio socialdemocratico tra sicurezza e conflitto, ci offre la possibilità di agire lotte che si emancipino dall’illusione della tutela statale.
Senza dimenticare che il rinnovato vigore della destra alimenta steccati e soffia sul fuoco della guerra tra poveri. Se non riusciremo a creare un ponte tra condizioni sociali separate da anni di frammentazione fisica e culturale, se non sapremo intrecciare le pratiche e i percorsi rischiamo – ancora una volta – una sommossa di piazza agita dalla destra.
Chi, dopo l’indizione dello sciopero generale da parte delle CGIL, nutrisse illusioni farebbe bene a ricordare che il precariato e il caporalato legale, sono stati sdoganati con gli accordi del 31 luglio 1993 e del 3 luglio 1994. I vent’anni di tabula rasa di diritti e tutele che sono seguiti l’hanno sempre vista complice.
La CGIL gioca una partita la cui posta è bloccare i tagli a distacchi e finanziamenti, i lucrosi spazi di cogestione che Renzi sta attaccando.
Sul piano sociale si moltiplicano le reti territoriali, che intrecciano legami solidali nella pratica quotidiana, nella relazione diretta, nella costruzione di percorsi di esodo conflittuale dall’istituito.
La scommessa vera è costruire nel conflitto, fare della fuoriuscita dalla morsa delle regole del capitalismo e dello Stato, il punto di forza per l’estendersi delle lotte.
Uno spazio pubblico strappato alla delega democratica, che in alcune occasioni si è creato nelle lotte per la difesa del territorio, è stato laboratorio di idee e proposte radicali. Aumentano coloro che riconoscono l’incompatibilità tra capitalismo e salute, tra capitalismo e futuro, offrendo spazi all’emergere di un immaginario, che mette all’ordine del giorno, come necessità di sopravvivenza, la rottura dell’ordine della merce.
Le lotte contro gli sfratti e per l’occupazione di spazi vuoti spesso non si limitano a cercare di sottrarre alcuni beni al controllo del mercato, ma negano legittimità alla nozione stessa di proprietà privata.
La fine delle tutele apre uno spazio – simbolico e materiale – per riprenderci le nostre vite, sperimentando i modi per garantir(ci) salute, energia, cura degli anziani e dei bambini fuori e contro il recinto statuale. La scommessa è tentare percorsi di autonomia che ci sottraggano al ricatto del “peggio”, ai processi di servitù volontaria (leggi, ad esempio, lavori/tirocini/stage non pagati etc.), alla continua evocazione dell’apocalisse che abbatte chi non segue i diktat della politica nell’epoca del liberismo trionfante, della finanza anomica, della logica del fare per il fare, perché chi fa mette in moto l’economia, fa girare i soldi, “crea” ricchezza.
Sappiamo che questa logica “crea” solo macerie.
Lasciamo che Renzi e i suoi le spalino, noi abbiamo un mondo nuovo nei nostri cuori, nelle nostre teste, nelle nostre braccia.
Questo testo verrà diffuso dagli anarchici della FAT al corteo dei lavoratori in sciopero domani a Torino