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Sgombero con la pistola. Il comune premia i suoi servi! Striscione alla sede dei vigili

sgombero con la pistola28 novembre. “Sgombero con la pistola. Il comune premia i suoi servi!” Uno striscione con questa scritta è comparso sulla cancellata della sede dei vigili urbani di via Bologna a Torino.

Tre giorni prima in Sala Rossa l’ispettore Marina Ferrero e gli agenti scelti Gisella Maugeri e Riccardo Graziano erano stati premiati dal consiglio comunale con un solenne encomio alla loro professionalità.
Il comune elogia chi esegue con “abnegazione” le sue direttive. Una dimostrazione di sincerità dopo tante ipocrisie va apprezzata. La retorica della”città possibile”, delle case ai rom, dello sgombero gentile e consensuale si dissolve come neve al sole. Restano solo i complimenti a chi ha collaborato a gettare in strada uomini, donne e bambini.

I fatti per i quali i tre vigili del nucleo “nomadi” del comune di Torino sono stati solennemente lodati risalgono al 26 settembre, durante le ultime fasi dello sgombero della baraccopoli di lungo Stura Lazio.

In un video, girato dagli abitanti si vedono i tre puntare una pistola verso gente inerme, spruzzare spray urticante negli occhi di una bambina, immobilizzare in terra con un ginocchio un uomo ammanettato e accecato. Queste immagini dimostrano che i tre vigili, testimoni d’accusa al processo contro Aramis Botez, accusato di averli aggrediti, hanno dato sfogo alla fantasia nell’udienza del 21 ottobre.

Cos’era successo il 26 settembre? . Aramis e la sua famiglia, tornati dalla Romania dopo otto mesi, non trovano più la loro baracca. La 104, secondo la numerazione imposta dal comune, è stata abbattuta. La famiglia di Aramis ha accettato il patto con il Comune, rimpatrio in Romania in cambio di 300 euro al mese. La realtà è ben diversa. La famiglia riceve 50 euro al mese per tre mesi e 150 per il quarto, poi più nulla. In Romania non c’è lavoro, neppure i lavori in nero e sottopagati della maggior parte degli abitanti di Lungo Stura.
Tornare a Torino è una scelta obbligata. La baracca 23 è vuota e viene occupata. Questa storia, uguale a tante altre, dimostra il fallimento del progetto “la città possibile”. O, meglio, il fallimento della narrazione – intrinsecamente razzista – “sull’emersione dal campo”, come se il campo, la baracca fossero una scelta e non una necessità.
Ben riuscita invece l’operazione di sgombero, indolore, pezzo a pezzo, spesso con la complicità obbligata degli stessi abitanti, obbligati a collaborare alla distruzione delle baracche.
La trama logora del progetto la “città possibile”, si è lacerata del tutto in questi due mesi, in cui tra cortei, occupazioni, sgomberi e nuove occupazioni, la gente delle baracche, stanca di inganni e false promesse, ha deciso di prendersi una casa.

Al processo le testimonianze contraddittorie, iperboliche, esplicitamente razziste dei tre vigili urbani, che, secondo l’accusa sarebbero stati aggrediti e feriti da Aramis, hanno posto l’accento sulla paura dei tre vigili. Tutti “lavoravano” in Lungo Stura Lazio da molti anni, anni trascorsi a controllare, cacciare, multare, intimidire. Conoscono tutti per nome e sono abituati a vedere tutti chinare la testa. La reazione rabbiosa di Aramis, nonostante riescano facilmente a sopraffarlo, li stupisce e li spaventa. Temono che quella rabbia dilaghi, che altri decidano che la misura è colma, che non vogliano più subire umiliazioni. Le altre persone del campo non si avvicinano, limitandosi a gridare, ma ormai i tre vigili hanno perso la testa. Una di loro estrae la pistola e la punta verso le persone intorno, un’altra usa ripetutamente spray urticante contro Aramis, ormai ammanettato e chiuso in un angolo, l’ultimo vigile gli pianta un ginocchio nella schiena, schiacciandolo a terra.
Anche una bambina di 12 anni ha gli occhi gonfi per lo spray urticante. Uno dei tre vigili butta via la bottiglia d’acqua portata da una donna per pulire gli occhi del ragazzo.
In tribunale si giustificano dichiarando “eravamo in un campo nomadi, circondati da nomadi”. Un’affermazione che cerca la complicità di chi ascolta, che dovrebbe considerare in se pericolosi i “nomadi”: Pericolosi perché “nomadi”, rom, “zingari”. Pericolosi per quello che sono, non per quello che fanno. Un approccio in cui si radica la violenza razzista.
Il processo contro Aramis proseguirà il 17 febbraio. In quell’occasione verranno proiettati i tre video realizzati durante l’arresto di Aramis.
Video che inchiodano i tre vigili.
Evidentemente quel video deve aver convinto il consiglio comunale di Torino della bravura dei tre vigili. Di qui l’encomio “per aver gestito con fermezza, professionalità e abnegazione le delicate operazioni di ‘recupero’ del campo”. Nonché, ovviamente “le operazioni” di quel giorno.

Il comune premia i suoi servi

Qui potete vedere il video di quella giornata

Posted in immigrazione, Inform/Azioni, razzismo, torino.

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