La visita di Obama a Cuba ha un enorme valore simbolico, perché rappresenta l’inizio di un possibile disgelo delle relazioni tra i due paesi.
Il primo risultato pratico è stata la stipula di alcuni contratti commerciali, segno che, al di là delle chiacchiere, Washington è interessata a cercare di sottrarre alla Cina fette di mercato sull’isola.
Tra gli oppositori al governo della famiglia Castro ci sono opinioni discordi sull’incontro dell’Avana, la stretta di mano, che nonostante le reciproche punzecchiature sul tema dei diritti umani, rappresenta nei fatti una legittimazione da parte dell’amministrazione statunitense del governo cubano. Tra gli esuli a Miami, specie quelli più conservatori, è forte il timore di uno sdoganamento del regime, che potrebbe anche preludere ad un venir meno dello status privilegiato di cui godono i cubani espatriati in Florida.
Più possibilisti sono gli oppositori interni, che spingono per una democratizzazione del regime ed una progressiva apertura all’economia di mercato, nell’illusione di migliorare le proprie condizioni di vita.
Tra gli anarchici cubani prevale il timore che le aspettative dell’opposizione più moderata possa davvero portare all’imporsi dell’economia capitalista e lottano per una trasformazione in senso rivoluzionario del periodo di transizione che inevitabilmente ci sarà quando l’anziano Raul Castro giungerà a fine mandato.
L’info di Blackout ne ha parlato con Alfredo, un compagno che ha vissuto per vent’anni nella Repubblica Dominicana e conosce bene la realtà cubana, per aver partecipato alla recente costituzione della federazione anarchica di Cuba e del Caribe.
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