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Contro la (sacra) famiglia. Liber*

Piazza San Carlo, il salotto buono di Torino, è attraversata da una folla densa, intenta al passeggio che intervalla gli acquisti. Manca pochissimo a Natale. In piazza campeggiano da un lato l’albero luminescente, dall’altro il “Calendario dell’Avvento” di Luzzati, una sorta di presepe. Tutto pagato dal comune e dalle solite banche sponsor.
Quest’anno a sorpresa c’erano anche le anarcofemministe, che, al suono di canzoni anticlericali e femministe, hanno aperto uno striscione con la scritta “Contro la (sacra) famiglia. Libere e liberi!”.
Alcuni passanti erano indignati, altri curiosi, altri ancora hanno apprezzato l’iniziativa.
La polizia, che presidia il centro storico, non si è accorta di nulla.
Una piccola rottura dell’ordine simbolico e materiale, che il governo della città e quello del paese, impongono in occasione delle feste cattoliche di fine anno.
Di seguito il volantino distribuito in piazza.
“Libertà, uguaglianza, solidarietà. La modernità si costituisce intorno a questi tre principi, che spezzano la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo, basato su un potere assoluto, perché sancito da dio. Ci raccontano che su questi principi si sia costituita una società dove la sovranità passa dal re al popolo, nascondendo il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.
Tanta parte dell’umanità non ha potuto stare sotto il loro ombrello. Poveri, donne, omosessuali, bambini erano/sono rimasti fuori. La loro universalità, formalmente neutra, è modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto è margine. Chi non era ed è pienamente umano, ossia pienamente “uomo”, non può certo aspirare alla libertà.
Una libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni. Per chi ne è escluso si tratta di privilegi, per chi vi è incasellato diviene una gabbia normativa.
Il matrimonio è stato a lungo un legame sancito dallo Stato e dalla Chiesa che fissava la diseguaglianza e l’asservimento delle donne, sottomesse al marito alla cui tutela venivano affidate. Eterne minorenni, e per sempre inadeguate ed incapaci, passavano dalla potestà paterna a quella maritale.
Le lotte che hanno segnato le tante vie della libertà femminile hanno in buona parte cancellato quella servitù, ma non sono riuscite ad intaccare il nucleo sociale ed etico su cui si fondano: la famiglia.
La famiglia è la fortezza intorno alla quale si pretende di ri-fondare un ordine politico e sociale gerarchico ed escludente.
A sinistra come a destra il dibattito non è sulla famiglia ma solo su “quale” famiglia. Chi la vorrebbe estesa alle coppie omosessuali, chi la vuole modellata sulla “sacra” famiglia.
Lo Stato, non per caso, nega diritti e tutele alle persone che scelgono di non sposarsi, di non piegarsi alla legalizzazione dei sentimenti, delle passioni, della tenerezza, di rifiutare l’imposizione di un modello rigido di relazione, costruita sulla coppia e sui loro figli. Una relazione che, in quanto tale, diviene socialmente riconoscibile.
Oggi un governo clerico-fascista prova a ri-modellare le nostre vite cercando di impedire la libera scelta di avere o non avere figli, creando inoltre serie difficoltà a chi vuole divorziare.
Il vice premier leghista, lo stesso che con il collega pentastellato Toninelli ha condannato a morte tante bambine e bambini nel Mediterraneo, vuole un mondo di mamme e di papà, di italianissime famiglie armate di presepi che rappresentano un mondo pastorale fatto di statuette di plastica, montagne di carta e laghi di stagnola. La vita vera è fatta di gente che non arriva a fine mese, di persone private dei documenti e gettate in strada, di uomini donne e bambini sgomberati e denunciati.
La (sacra) famiglia di preti e governanti mira a costringere le donne ad adeguarsi ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.
Ma non hanno fatto i conti con le tante donne, che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro da preti e fascisti. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.
Percorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.
La libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.
Se la normalizzazione delle nostre identità erranti è il prezzo per accedere ad alcuni diritti che si ottengono solo con il matrimonio, un legame sancito e regolato da Stato e Chiesa, allora questo prezzo non siamo dispost* a pagarlo.
Vogliamo attraversare le nostre vite con la leggerezza di chi si scioglie da vincoli e lacci.
Il percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.
Una scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.

Wild C.A.T. – Collettivo Anarcofemminista Torino”

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