L’Istat nel recente rapporto sulla povertà in Italia ci consegna l’immagine di un paese dove sono sempre più quelli che non ce la fanno ad arrivare a fine mese.
Mentre la politica si diletta nel gioco delle poltrone, la maggior parte degli abitanti della nostra allegra penisola deve vedersela con i conti che non tornano, tra salari che diminuiscono, disoccupazione che cresce, servizi che non ci sono, la tassa sulla casa e il futuro che non c’é.
Nel frattempo il parlamento continua a legiferare sulle nostre vite, preparandoci un altro anno di lacrime e sangue. Mentre trovano i miliardi per Tav e cacciabombardieri F35, tagliano ancora sull’istruzione, la sanità, i trasporti locali. Per evitare emorragie di voti prorogano per un po’ precari e sfratti, ma è sin troppo chiaro che si tratta di elemosine elettorali.
Intanto il governo delle meraviglie deve nascondere sotto il tappeto la polvere delle fandonie che ha raccontato, perché il PIL, ben lungi dal registrare il lieve aumento annunciato lo scorso anno da Monti, va sotto di oltre due punti. Non importa. Monti è l’uomo giusto per la governance che guida i destini di miliardi di esseri umani, l’uomo che con gentile indifferenza farà sì che le politiche di “aggiustamento strutturale” che hanno immiserito paesi già poverissimi vengano applicate anche da noi.
L’importante è che gli italiani continuino ad illudersi che la povertà è roba dell’altro mondo, mica per noi.
Ascoltate l’interessante approfondimento fatto dall’informazione di radio blackout che ha intervistato Francesco Carlizza sul rapporto Istat, ma non solo.
Tutti i numeri della nostra povertà
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– 21 Dicembre 2012
Processo agli antifascisti. La farsa continua
Torino, 20 dicembre 2012, aula 55 del tribunale. Il processo contro quattro antifascisti accusati di furto aggravato per aver strappato manifesti affissi dal partito La Destra in occasione della marcia su Roma va avanti.
Nell’udienza precedente i testimoni dell’accusa avevano sostenuto che i manifesti erano stati strappati, non rubati. Nonostante ciò il giudice aveva disposto che il procedimento continuasse con la medesima folle imputazione. Nel secondo atto il fascista chiamato a testimoniare ha suonato la stessa canzone, parlando di manifesti strappati, asserendo con faccia di bronzo invidiabile che la coincidenza con l’anniversario della marcia su Roma era del tutto casuale.
Il giudice ha concesso alla PM la possibilità di effettuare un riconoscimento sulla base di una dozzina di foto prodotte dalla Digos. Il testimone ha superato brillantemente la prova individuando a colpo sicuro tutti e quattro i compagni sotto accusa. Peccato che la descrizione da lui fornita a caldo coincidesse molto poco!
Il buon senso avrebbe suggerito che, almeno questa volta, la farsa terminasse, cancellando l’accusa di furto. Ma, lo sappiamo, il buon senso non appartiene ai luoghi dove si consuma la vendetta di Stato.
Il terzo atto è fissato per il 14 gennaio alle 13 in aula 55.
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– 21 Dicembre 2012
Slovenia. Che se ne vadano tutti!
La rivolta sociale partita dalle regioni più povere della Slovenia è dilagata nell’ultimo mese nell’intero paese. Imponenti manifestazioni hanno attraversato centri grandi e piccoli. La crisi internazionale ha colpito duramente la popolazione: fabbriche che falliscono, tagli alla spesa pubblica, disoccupazione in crescita hanno portato ad un’esplosione di cui si parla molto poco in Italia. La repressione poliziesca è stata durissima con decine di feriti, fermati ed arrestati, specie a Maribor, il maggiore centro industriale dell’est, la zona tradizionalmente più povera del paese.
Gli anarchici della federazione anarchica slovena, sono stati sin dalla prima ora in un movimento popolare, che ha rotto con i partiti istituzionali e grida nelle piazze “che se ne vadano tutti!”. Nell’ultimo mese la destra ha cercato di infiltrarsi senza troppo successo nelle manifestazioni di piazza, ma il pericolo di derive populiste ed autoritarie va individuato per tempo e per tempo respinto.
I compagni della federazione anarchica hanno redatto un documento/appello che invita a dare sostegno alla lotta e a farla conoscere all’esterno.
Potete leggere il testo integrale in italiano sul sito dei compagni di Affinità Libertarie, qui invece trovate l’originale in inglese.
Per ulteriore approfondimento potete ascoltare l’intervista a Matej e Thomas, due compagni di Maribor, sul sito di radio blackout.
Aggiornamento del 21 dicembre. Manifestazioni imponenti in tutti i centri della Slovenia: a Lubiana assediato per ore il parlamento da circa 10.000 manifestanti.
Il blocco anticapitalista promosso dagli anarchici della FAO ha raccolto oltre 400 persone, che si sono staccate dalla manifestazione facendo un giro nel centro cittadino prima di riunirsi al resto dei manifestanti.
Qui trovi il report e alcune foto del corteo scattate da due compagni del Germinal di Trieste presenti alla manifestazione.
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– 21 Dicembre 2012
Processo ai No Tav. Seconda tranche
19 dicembre. Al tribunale di Torino c’è l’udienza preliminare per otto No Tav, sotto accusa per la giornata di lotta del 3 luglio 2011, pochi giorni dopo il violento sgombero della Libera Repubblica della Maddalena. Questi compagni, alcuni già perquisiti il 26 gennaio di quest’anno quando ci la prima grossa ondata di arresti, inizialmente non erano stati coinvolti nel processo che vede alla sbarra altri 45 compagni e compagne. Solo in primavera è scattata anche contro di loro la repressione. Questo secondo troncone del processo contro i No Tav probabilmente verrà accorpato l’altro, forse già nella prossima udienza, fissata per il Primo febbraio 2013. In questo modo gli imputati del processone No Tav salirebbero a 53.
Per approfondimenti sulla vicenda potete ascoltare l’intervista ad uno degli avvocati della difesa, Eugenio Losco del Foro di Milano.
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– 20 Dicembre 2012
Nuove destre, vecchi fascismi
Quando un brand funziona, diventa appetibile per tutti. È il caso della formazione neonazista greca Xrisi Argi, che dalle briciole percentuali del 2009 nell’ultimo anno è passata al 7,5% di consensi elettorali, assicurandosi una discreta pattuglia di parlamentari. In Italia, alcuni fascisti in cerca di autore, nonostante la chiara impronta nazionalista tipica delle destre del sangue e della terra, hanno deciso di dar vita ad una versione italiana di Alba Dorata.
Troppo presto per sapere se si tratti di un’operazione di breve durata o di un investimento pubblicitario riuscito.
Se in Grecia la violenza della crisi ha consentito alla propaganda d’odio nazionalista dei fascisti di fare breccia, in Italia, dopo decenni di violente campagne contro immigrati e rom, il fronte della guerra tra poveri non pare essersi allargato per la crisi.
D’altra parte la retorica dell’immigrato che sottrae posti di lavoro all’italiano si infrange di fronte alla constatazione che gli immigrati nel nostro paese sono stati tra le prime vittime della crisi. Negli ultimi due anni c’è stato un arresto dei flussi migratori e, in alcuni casi, persino una ripartenza verso paesi più ricchi e stabili dell’Italia.
In Grecia, al di là della retorica antisistema, i fascisti hanno solidi appoggi nelle chiesa ortodossa e in settori dell’imprenditoria, che finanziano le iniziative di welfare sostitutivo messe in atto della compagine di Alba Dorata. I fascisti hanno due volti. Il volto feroce delle aggressioni, non di rado mortali, nei confronti degli immigrati, degli attacchi a botteghe e quartieri di immigrati e il volto caritatevole di chi porta soccorso ai propri connazionali in difficoltà.
Il nazionalismo diviene il collante che consente una narrazione antisistema, contro le banche, il capitale estero, l’Unione Europea, la vorace Germania.
Nel nostro paese, al di là delle sigle, la destra populista, contro il capitale finanziario, l’usura, il signoraggio sta divenendo egemone nel quadro delle formazioni neofasciste e neonaziste. Meno appeal ha la destra ultracattolica, ideologica rappresentata da Forza Nuova, oggi sicuramente minoritaria rispetto a Casa Pound. Intendiamoci. Anche la destra populista si schiera contro la libertà individuale, ma lo fa con maggiore accortezza. Meglio affondare i colpi contro il riconoscimento delle coppie omossessuali, che insistere su temi come la contraccezione, il divorzio o l’aborto, sui quali la possibilità di permeare il corpo sociale è decisamente minore.
In questo difficile passaggio elettorale molto dipenderà dalla scelta definitiva di Berlusconi di candidarsi. Il cavaliere ha per anni rappresentato una sorta di nuovo duce: se manterrà salda la decisione di scendere in campo, è probabile che i voti dell’estrema destra convergano ancora su di lui; se dovesse fare un passo indietro, probabilmente potrebbe aprirsi uno scenario più fluido, con possibili candidature autonome delle formazioni neofasciste.
Anarres ne ha parlato con Pietro Stara, autore de “La Comunità escludente”.
Ascolta l’intervista
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– 14 Dicembre 2012
Stragi fasciste, stragi di stato
Torino, 18 dicembre 1922. Le squadracce fasciste al comando di Pietro Brandimarte, torturarono e assassinarono sindacalisti, anarchici, socialisti. Tra loro Pietro Ferrero, anarchico della UAI, segretario della FIOM, torturato ed ucciso barbaramente.
Era l’epilogo di una storia cominciata con l’occupazione della fabbriche e terminata con la decisione imposta dai riformisti di abbandonare la lotta. Dopo i licenziamenti di massa, dopo la repressione, dopo la marcia su Roma le squadracce fasciste si presero la loro vendetta sugli operai torinesi, che avevano osato dichiarare guerra ai loro sfruttatori.
In piazza XVIII dicembre, di fronte alla vecchia stazione di Porta Susa, c’è una lapide che ricorda le vittime dello squadrismo fascista.
Quello che pochi sanno è che nel dopoguerra Brandimarte venne reintegrato nei gradi e seppellito con gli onori militari. L’Italia democratica imprigiona i partigiani, libera e onora i fascisti.
La ricostruzione di Marco Revelli
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Milano, 15 dicembre 1969. L’anarchico Pino Pinelli viene ucciso nei locali della questura di Milano e gettato dal quarto piano per simulare un suicidio. Tre giorni prima una strage di Stato, fatta da fascisti agli ordini del governo, aveva fatto 16 morti nella sede della banca dell’agricoltura in piazza Fontana. La caccia all’anarchico era scattata subito dopo la strage: decine e decine di compagni erano stati fermati e portati in questura e sottoposti a martellanti interrogatori. Giuseppe Pinelli, partigiano, ferroviere, sindacalista libertario, attivo nella lotta alla repressione, era uno dei tanti. Uno dei tanti che in quegli anni riempivano le piazze per farla finita con lo sfruttamento e l’oppressione.
Pietro Valpreda si farà tre anni di carcere prima che la pressione delle piazze porti alla sua liberazione.
Per quella strage ancora oggi non ci sono colpevoli, l’omicidio di Pinelli venne archiviato come “malore attivo”. Lo Stato non processa se stesso.
Anarres ne ha parlato Paolo Finzi, partecipe e testimone di quei giorni.
Ascolta il suo intervento
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Torino, 20 dicembre 2012. Entra nel vivo il processo contro quattro anarchici accusati di “furto aggravato” per aver strappato manifesti fascisti, affissi per l’anniversario della marcia su Roma.
Un banale gesto di difesa della memoria dei tanti che morirono, dei tanti che patirono persecuzioni, esilio, botte ed umiliazioni. Siamo a Torino. L’antifascismo fa parte del DNA di una città che combatté metro per metro per cacciare fascisti e nazisti.
“Furto aggravato” è reato che può costare da tre a dieci anni di reclusione.
Una follia giuridica, una delle tante lucide follie che la Procura di Torino, utilizza per chiudere la bocca a all’opposizione politica e sociale.
Continued…
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– 14 Dicembre 2012
Guerra delle poltrone o esodo conflittuale?
Populismo e demagogia, tra le convulsioni della politica istituzionale, il colpo di coda del cavaliere, la crisi sociale, il contratto dei metalmeccanici, lo sciopero di bandiera della CGIL, il moltiplicarsi di meccanismi disciplinari.
Questi i temi che si sono intrecciati nel corso della settimana, dopo l’attacco di Berlusconi e le dimissioni di Monti.
Ci attendono settimane di campagna elettorale feroce, in cui la scena sarà dominata dal riemergere di attitudini populiste, per ramazzare voti sugli slogan più che sulle proposte concrete.
Nei fatti in questi anni le politiche del centro destra non sono state troppo diverse da quelle del centro destra: la divaricazione è stata sul piano della comunicazione politica, più che nella concretezza delle scelte, scelte che hanno mirato a mantenere in piedi le relazioni sociali esistenti.
D’altro canto, nonostante la durezza della situazione sociale, nonostante il peggiorare delle condizioni di vita di tanta parte dei lavoratori, testimoniato dall’erosione del piccolo risparmio, stenta a prendere corpo un’opposizione adeguata alla sfida in corso.
Decenni di socialdemocrazia, di delega allo Stato, di rinuncia alla prospettiva di una gestione diretta di servizi e meccanismi di autodifesa sociale, fanno sentire il loro peso.
Vanno in controtendenza le lotte territoriali ed ambientali, che ri-costruendo un tessuto di relazioni su base locale, propongono nelle lotte diverse forme di partecipazione politica e di critica al partito unico, che, nelle sue varie articolazioni ci ha governato e si prepara a governarci ancora. Forse questi mesi di campagna elettorale potranno essere occasione per dare forza alle istanze di partecipazione diretta e di esodo dai meccanismi istituzionali.
Anarres ne ha discusso con Massimo Varengo.
Ascolta la chiacchierata
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– 11 Dicembre 2012
Il lavoro uccide. La strage dei migranti
A Torino, nell’anniversario della strage della Thyssen si torna a parlare di lavoro. Di lavoro che uccide, di padroni che lucrano, delle vite operaie che non valgono il costo di un estintore.
La strage dell’acciaieria torinese divenne storia collettiva perché la lunga agonia degli operai uccisi dall’incuria e dalla sete di profitto, in condizioni di lavoro che parevano storia di altri tempi, restituì alla nostra città la loro umanità. Ne abbiamo visto i volti, ascoltato lo strazio dei parenti, riconosciuto in loro quello che tanti di noi siamo o siamo stati.
Meno note sono le storie migranti, le storie dei lavoratori in nero, senza documenti, senza volto che muoiono più degli altri perché più ricattabili, più soli, più schiacciati dalle leggi che ne fanno mere pedine nel gioco del profitto. Eppure se oggi si vive peggio, se il lavoro è sempre più duro, se il ricatto dell’occupazione ci strangola, se gli omicidi bianchi e le morti nere si moltiplicano dipende anche dal nostro silenzio di fronte alla condizione dei nuovi schiavi, degli immigrati, senza carte e senza tutele, quando si accetta in silenzio la schiavitù di alcuni, si collabora a forgiare le catene per tutti.
Anarres ne ha parlato con Marco Rovelli, autore, tra gli altri, di “Servi” e “Il lavoro uccide”.
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– 10 Dicembre 2012
Il ricatto impossibile tra vita e lavoro
La drammatica vicenda dell’Ilva di Taranto ripropone uno scenario visto tante volte da Marghera a Cengio, da Torino a Massa: la scelta impossibile tra la vita e il lavoro, tra tutela dell’ambiente e salvaguardia dell’occupazione. In questo gioco perverso il prezzo più alto lo pagano sia i lavoratori sia chi vive vicino agli impianti di morte.
Non c’è uscita da questo ricatto che non sia anche un’uscita da questo sistema sociale.
Un’uscita che i movimenti ambientalisti, nei loro momenti più alti hanno prefigurato, ponendo al centro la tutela della salute, e proponendo opere di risanamento che garantiscano nuovi posti di lavoro.
Ne abbiamo parlato con Marco Tafel. Ne è scaturita una lunga chiacchierata che ha investito i temi della tecnologia, del suo utilizzo, delle prospettive neoprimitiviste, l’ecologia sociale e tanto altro.
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– 10 Dicembre 2012
No Tav. Alle reti e sull’autostrada
8 dicembre 2012. A sette anni dalla presa di Venaus il popolo No Tav è ancora in marcia.
Si comincia con il cibo condiviso a Venaus e a Chiomonte. C’è tanta gente, valligiani, torinesi, solidali da fuori, qualche francese. Un pullman di romani armati di trivelle di gommapiuma viene fermato al casello di Bruere, dove la polizia si vanta di aver controllato centinaia di persone.
Il giorno prima c’era stata una discreta nevicata, ma per il giorno dell’immacolata ribellione splende il sole. Il cielo è terso e bellissimo.
A Chiomonte la polizia da il la bloccando ogni accesso al sentiero No Tav che porta al fortino/cantiere della Maddalena.
A Giaglione, da dove partiranno circa 1500 persone, ci si muove intorno alle tre. Sulla mulattiera sono stati piazzati dei jersey che vengono subito giù. C’è ghiaccio e neve ma si va. In tanti sono venuti con i figli: in questo giorno più che in altri è un gesto politico, un gesto di rivolta, la risposta ai magistrati che spediscono alle famiglie convocazioni ai servizi sociali perché i loro ragazzi distribuiscono volantini No Tav. Giovani uomini e donne che camminano verso il cantiere stringendo le manine dei loro piccoli sono il simbolo di una rivolta, che non bada alle leggi scritte da chi devasta, opprime, deruba, ma alle ragioni di chi vive un presente di lotta, per non dover sopportare un futuro senza dignità.
La polizia attende i No Tav sul ponte del Clarea: digos e antisommossa.
C’è un lungo fronteggiamento, tra canti e slogan. Al tramonto si torna.
Con il buio qualcuno resta e prova a tagliare le reti. La polizia spara lacrimogeni ad altezza d’uomo, poi insegue invano i No Tav.
A Chiomonte, nel pomeriggio i No Tav fanno un’assemblea. Se l’accesso al sentiero è bloccato non resta che la via maestra delle truppe di occupazione e del turismo delle piste da sci. Proprio in questi giorni la Regione Piemonte ha deciso di finanziare con tre milioni di euro l’innevamento artificiale per garantire l’apertura degli impianti. La neve artificiale prosciuga le risorse idriche e inquina il terreno, trasformando le montagne in un parco giochi, ma quella neve la pagheranno tutti, anche di quelli che la montagna la praticano con rispetto. I No Tav occupano l’autostrada all’altezza della galleria del Cels, una barricata viene data alle fiamme, prima che gli attivisti lascino la zona.
La A32 resterà chiusa per ore.
A sette anni dalle giornate di Venaus siamo ancora in marcia. Abbiamo fatto tanta strada, tanta è ancora da fare. Il ritmo della lotta popolare scandisce i nostri passi.
La galleria di foto di Luca Perino
Il video del Fatto Quotidiano:
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– 9 Dicembre 2012
Il manganello e lo scarpone
Qualcuno la racconta come fosse una storia di treni: da tanto tempo questa è una storia di gente. Gente che ha scoperto, con pazienza, fatica e un pizzico di azzardo che l’ordine della cose non è disegnato una volta per tutte. Governo, politici e poliziotti tracciano la geometria del potere, quella che disegna i muri e le recinzioni che separano, dividono, chiudono.
Chi si mette gli scarponi e cammina per i sentieri di montagna sa che la strada della gente è fatta di passi che si incrociano, di tracce nel bosco che vivono perché c’è chi le percorre e ne ha cura. Sa che frontiere e filo spinato possono essere buttati giù, che gli uomini in armi messi a guardia possono essere cacciati.
Lo abbiamo imparato sette anni fa, tra le neve della Repubblica di Venaus e i sentieri del giorno dell’immacolata ribellione.
In questi sette anni chi vuole imporci il Tav ha lavorato per dividerci e per fiaccare la nostra resistenza. Hanno usato le armi della politica ma hanno comperato solo una manciata di politici di professione. Poi la parola è passata al manganello e al gas, ai poliziotti e ai giudici. Hanno usato la violenza e la paura. Ma non ci hanno piegato. Continued…
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– 7 Dicembre 2012
8 dicembre. Tra Venaus e Chiomonte
Sabato 8 dicembre, a sette anni dalla rivolta popolare che obbligò il governo a ritirare le proprie truppe da Venaus, dove stavano per partire i lavori per la Torino Lyon, le truppe di occupazione sono di nuovo in Valsusa per imporre la realizzazione di un’opera inutile, nociva, utile solo a drenare soldi pubblici a fini privatissimi.
In questi giorni la CMC, la ditta cresciuta alll’ombra del PCI e del PD, ha inaugurato l’inizio dei lavori per il tunnel geognostico di Chiomonte. Hanno impiegato un anno e mezzo, speso montagne di soldi per mantenere in piedi l’apparato militare che ha serrato in una morsa di ferro la Clarea.
Oggi come nel 2005 i No Tav lottano contro l’occupazione militare.
Hanno usato i manganelli, i gas, gli arresti, i fogli di via, il sequestro di persona, l’indimidazione verso i nostri figli. Le hanno provate tutte, ma non sono riusciti a piegarci.
La scommessa oggi è mettere insieme le tante resistenze di questo paese per creare la massa critica che li obblighi a fare marcia indietro.
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– 6 Dicembre 2012
L’Europa delle polizie tra Torino e Lyon
Raddoppio del tunnel del Frejus, cooperazione militare e repressione: questo in sintesi il vero esito del vertice italo-francese tenutosi a Lyon il 3 dicembre.
Per anni ci siamo sentiti cantare la canzone che il Tav avrebbe portato allo scambio modale tra gomma e ferro. Questo il mantra veniva ripetuto per giustificare la costruzione di una nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon, dando una patina di ambientalismo all’operazione e garantendosi l’assenso degli ecologisti moderati francesi.
Continued…
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– 5 Dicembre 2012
Lyon: foto e video
Meglio di tanti racconti la trasferta a Lyon dei No Tav italiani la raccontano i video e le foto.
Guarda il video realizzato da Luca Perino di San Giuliano di Susa dall’interno del pullman sul quale viaggiava.
Qui le sue foto
guarda anche il video realizzato dal Fatto Quotidiano
Di seguito alcuni scatti di Aldo Martini:
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– 4 Dicembre 2012
Liberté, egalité, fraternité. In diretta da Lyon
Ore 8,30. Il buongiorno si vede dal mattino. Dopo le espulsioni di venerdì e sabato circa 130 gendarmi e CRS attendono i No Tav all’uscita del tunnel autostradale del Frejus.
Partono controlli lunghissimi ed estenuanti. Man mano che i pullman vengono lasciati andare, attendono gli altri poco dopo la frontiera. Solo intorno a mezzogiorno partono i primi dieci alla volta di Lyon. Quando minacciano di bloccare tutto anche gli ultimi due pullman vengono fatti partire da Modane.
Un’auto viene fermata e gli occupanti vengono espulsi.
Diversi No Tav passano dal Monginevro dove vengono controllati ma riescono a passare.
Ore 11. Lyon è blindata per il vertice, la zona rossa è guardata da centinaia di uomini in armi. Numerosi No Tav francesi vengono fermati e portati in questura.
Ore 13. Alla prefettura di Lyon dove si sono incontrati Monti e Hollande sono stati firmati sei accordi, tra cui uno sui trasporti sottoscritto dai ministri italiano e francese. Pare tuttavia che si tratti del tunnel autostradale del Frejus.
Ore 14,30. Gli autobus provenienti dall’Italia sono fermati nuovamente alla barriera di Lyon. Li attende la polizia in assetto antisommossa. La misura è colma: i No Tav scendono dai mezzi ed affrontano la polizia, ma vengono subito circondati. Gli avvocati mediano e i pullman possono ripartire. Arriveranno a Lyon quando il vertice tra Monti e Hollande è terminato da un pezzo.
Ore 15,30. In Place Brotteaux circa 400 No Tav francesi e italiani accolgono la gente che scende dai pullman dopo un’odissea durata 11 ore. La piazza è blindata: uomini in assetto antisommossa la circondano. Intorno all’area ci sono anche reti mobili e cannoni ad acqua.
Ore 16. Secondo quanto riferiscono i mezzi di informazione francesi il governo italiano hanno firmato accordi sulla cooperazione tra le polizie, sulla difesa e sull’istruzione. Per quanto riguarda la Torino Lyon l’enfasi che caratterizza i media italiani non trova conferme. Non è stato firmato alcun nuovo accordo se non un impegno alla realizzazione dell’opera che deve essere approvato dai due parlamenti. L’impegno a quanto pare è subordinato alla richiesta all’UE di finanziare per il 40% il tunnel di base di 62 km tra Susa e S. Jean de Maurienne. Di nuova linea non si parla più. Per il “momento”, il nuovo tunnel monstre – fine lavori 2025 – si collegherà con le linee esistenti. Quasi un bluff.
Ore 16,40. I No Tav si riuniscono in assemblea. La polizia nega, nonostante il vertice sia finito da ore, ogni possibilità di muoversi in corteo. Armati di striscione i No Tav fanno un micro corteo per la piazza. La polizia impiega spray al peperoncino contro alcuni ragazzi che provano a forzare le reti.
Ore 17,30. dopo un’assemblea i No Tav arrivati dall’Italia in pullman si accingono a ripartire, ma la polizia non vuole lasciar partire italiani (in pullman e in auto) e francesi (a piedi). La situazione è di stallo.
Ore 18. I pullman ancora bloccati in place Brotteaux
Ore19,07. Caos in place Brotteaux. La polizia impedisce ai pullman di uscire dalla piazza se non scortati a uno a uno. Lo scopo è di isolare i No Tav francesi. La polizia distribuisce manganellate e spruzza spray al peperoncino per allontanare la gente a piedi da quella sui pullman. Su alcuni pullman è salita la polizia in assetto antisommossa.
Ore 20,24. I pullman sono tutti partiti: la polizia li ha scortati fino al casello, i gendarmi a bordo sono scesi.
Posted in Inform/Azioni, internazionale, no tav, repressione/solidarietà.
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– 3 Dicembre 2012