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Dopo St. Imier. Il futuro che non c’é più

Qui, ora, subito. In realtà mai più.
Questa breve formula riassume il sentire diffuso, trasversale, plurale che attraversa la generazione del dopo muro.
Una generazione che si affaccia al mondo e lo crea per se in un tempo che chi è venuto prima vive come dopo. Dopo l’Unione Sovietica, dopo l’egemonia marxista, dopo i marxisti critici che vollero salvare l’insalvabile, dopo la dittatura, la repressione, le infinite calunnie della propaganda dei regimi dell’est e dei loro supporter.
Quest’anno a Torino gli eredi di quella storia non sono riusciti ad entrare nella piazza del primo maggio, quella stessa piazza che nerboruti funzionari sindacali, blindavano con mazze ad ogni voce critica. Sono trascorsi solo 25 anni: un’intera era geologica. Per noi, vecchi, un lieve, tenerissimo, dopo. Per quelli che non hanno conosciuto quella strana isola che era Berlino ovest un semplice ma pesantissimo oltre. Oltre tutto il Novecento. Il secolo delle rivoluzioni e delle dittature, il secolo del capitalismo trionfante.
Gli anarchici più giovani attraversano il nostro tempo con il passo leggero di chi non deve sostenere il peso tremendo che generazioni di anarchici hanno dovuto reggere. Il peso dello strafottente realismo di chi la rivoluzione pretendeva di averla fatta, di chi, pur critico, marciava con le stampelle della scienza che sa la storia e i suoi ineluttabili approdi.
Quando Berlino ha cessato di essere un’isola, quando il mondo è diventato tutto uguale, tra radioline cinesi e panini macmerda fatti in serie è tramontato il sole dell’avvenire.
Non si è certo eclissata la critica o la voglia di vivere diversamente. Non è venuta meno l’indignazione per un mondo intollerabile, per un assetto sociale irriformabile, per un tempo che vive della gloria effimera della merce. I monumenti del nostro oggi sono le torri che bruciano quel che resta del fasto che brilla per una stagione e poi si spegne rapido.
Semplicemente dopo questo tramonto non c’è un nuovo sole, perché l’alba è lontana, forse inattingibile, per alcuni forse persino non desiderabile. Certo non all’ordine del giorno.
A Saint Imier, tra migliaia di anarchici che avevano accolto l’invito per un incontro a 140 anni dalla fondazione dell’Internazionale antiautoritaria, tra tante anime, esperienze, percorsi che si incontravano, riallacciando fili e tessendone di nuovi, questo nodo problematico non è mai stato esplicito. Eppure c’era.
Continued…

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Anarchici arrestati. La solidarietà dei No Tav della Valsusa e del Trentino

Lunedì 27 agosto. All’alba di questa mattina è scattata l’ennesima operazione repressiva contro anarchici impegnati nei movimenti sociali, in particolare quello antimilitarista e quello No Tav.
L’accusa di associazione sovversiva ha investito 43 anarchici trentini. Il PM aveva chiesto l’arresto di otto anarchici, il gip ha disposto per uno, Massimo, la detenzione in carcere, per un’altra, Daniela, la reclusione nella propria abitazione.
Ancora una volta la magistratura ricorre ad un reato associativo per cercare di bloccare le lotte sociali, incarcerando i compagni e le compagne più attivi per dividere i movimenti e spaventare tutti.
Non per caso l’operazione, pur decisa il 2 agosto, è scattata a pochi giorni dall’inizio del campeggio No Tav a Marco di Rovereto.
Il movimento No Tav ha espresso immediata solidarietà ai compagni arrestati ed inquisiti, chiedendone l’immediata liberazione.
Di seguito il comunicato emesso in serata dai No Tav del Trentino e della Val Susa dopo le assemblee che si sono svolte a Chiomonte e in Trentino. Continued…

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Olimpiadi. La ginnastica di guerra di De Coubertin

A Londra sono in pieno svolgimento le Olimpiadi: le cronache parlano di gare e medaglie in un’orgia di esaltazione nazionalista in chiave “sportiva”.

Ma c’è l’altra faccia della medaglia, quella della repressione e del controllo, che stringono in una morsa la capitale britannica.

In perfetta sintonia con l’autentico “spirito olimpico” di Pierre De Coubertin.

Ne abbiamo parlato con Robertino, autore di un articolo sul settimanale “Umanità Nova” di cui vi riportiamo alcuni stralci.

Ascolta l’intervista

Scarica l’audio

La capitale britannica è reduce da un 2011 che il quotidiano The Guardian ha definito “l’anno più caldo della storia londinese dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”, riferendosi ai cortei studenteschi e sindacali che ne hanno attraversato incessantemente le strade, alle acampadas di Occupy London e ai violenti riot dello scorso agosto. Il governo Cameron e l’amministrazione cittadina hanno allestito un’enorme macchina repressiva contro i guastafeste. Il dispiegamento di forze dell’ordine coinvolge più di 30 mila persone, di cui 7500 militari, con la città sorvegliata da elicotteri modello killer egg (già usati nella guerra in Somalia del 1993 e resi famosi dal film Black Hawk Down), missili terra-aria sui tetti, cani antiesplosivo, mezzi anfibi e fregate da guerra a spasso per il Tamigi, jet militari pronti a partire.

La polizia ha introdotto inoltre nuove misure cautelari, come l’Asbo (una specie del nostro Daspo per gli ultras) che vieterebbe l’accesso agli impianti sportivi del Villaggio Olimpico ed alle grandi cerimonie ospitate a Londra.
Il primo a fare le spese dell’Olympic Asbo è stato (già ad aprile) Simon Moore, un militante anarchico che aveva partecipato alla protesta contro la costruzione di un impianto olimpico nell’est della città. Il provvedimento gli vieta anche di trovarsi vicino a eventi di importanza nazionale come il giubileo di diamante della regina e l’apertura ufficiale del Parlamento, con la minaccia di finire direttamente al carcere in caso di inosservanza del divieto.
Nel frattempo, è scattata anche l’operazione decoro. Sono state allestiti dei grandi tendoni dentro i quali saranno alloggiati senzatetto, ubriachi e tossicodipendenti ed anche se la prostituzione non è reato in Gran Bretagna, le retate contro le lavoratrici del sesso nelle zone del villaggio olimpico vanno avanti ormai da settimane. Insomma, di tutto e di più per non disturbare il sacro Spirito Olimpico… Ma davvero lo Spirito Olimpico è così meritevole?

Continued…

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No Tav. Altre denunce e obblighi di dimora

Martedì 31 luglio. Con puntualità e precisione sono stati recapitati 12 avvisi di garanzia con tanto di misure restrittive della libertà a 12 No Tav. Questa mattina all’alba la digos ha prelevato dal campeggio Max / Obelix e gli ha notificato l’obbligo di dimora a Torino, stessa sorte toccata a Giorgio cui, oltre al domicilio coatto a Bussoleno, è stato imposto il coprifuoco notturno. Ad altri cinque No Tav è stato notificato il divieto di ingresso a Chiomonte. Il pubblico ministero aveva chiesto che fossero arrestati, ma il Gip ha preferito misure restrittive più lievi.
Tutti e 12 sono accusati di resistenza, lesioni e violenza a pubblico ufficiale per la giornata di lotta alle reti dell’8 dicembre scorso. Una giornata durissima per i No Tav che scelsero di andare in Clarea.
Gli uomini in divisa ebbero ordine di colpire e fare male: ci furono numerosissimi feriti di cui tre molto gravi. Un No Tav padovano ci ha rimesso un occhio, uno di Venaus ha perso l’udito da un orecchio, dopo essere stato a lungo in prognosi riservata.
Oggi sono arrivati i nuovi pacchi dono della Procura. Non sono i primi, non saranno certo gli ultimi, poiché le veline dei giornali da tempo annunciano nuovi provvedimenti per le occupazioni dell’autostrada di quello stesso 8 dicembre e dello scorso fine febbraio.
La Procura torinese continua nel suo lavoro di cane da guardia del partito trasversale degli affari. Abbaiano e azzannano ma il movimento non si tira indietro. Anzi. La marcia di sabato scorso è stata la miglior risposta a chi pensa che denunce, restrizioni, fogli di via, botte possano spaventare i No Tav.
Sempre più gente sta imparando cosa sia la democrazia reale. Sempre più gente pratica la politica del basso, in autonomia dall’istituito, nella consapevolezza che la libertà non si mendica ma si conquista. Pezzo per pezzo.

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No Tav. Isolati i violenti. In divisa

Prefetto e questore le avevano provate tutte pur di tenere a casa i No Tav. Zona rossa per tutta l’area del cantiere: divieto di passaggio su tutte le strade di accesso all’area del campeggio a Chiomonte e alla zona del campo sportivo a Giaglione. Vietati anche i sentieri e i boschi.
Vietata ovviamente anche la marcia.
Chi ci andava rischiava una denuncia.
Per un’intera settimana ci sono stati posti di blocco in ogni paese, fermi, espulsioni, un clima pesante per mettere paura, per cercare – ancora una volta – di spezzare il movimento in buoni e cattivi, in chi manifesta in modo pacifico e chi attacca le reti, rompe di muri, affronta lacrimogeni e manganelli.
Nonostante tutto l’apparato militare e la propaganda terrorista dei media migliaia di persone hanno partecipato alla marcia da Giaglione a Chiomonte di sabato 28.
C’erano i giovani, gli anziani, i bambini, c’erano quelli del posto e i solidali accampati a Gravela.
Molti sono stati costretti a lasciare l’auto sulla statale perché i carabinieri bloccavano gli accessi a Giaglione, l’area del campeggio è stata inaccessibile in auto per l’intera giornata.
Come se non bastasse i jersey bloccavano la strada delle Gorge prima del cantiere e la polizia impediva il passaggio dal ponte sul Clarea prima della Borgata limitrofa alla zona occupata.
Nessuno si è perso d’animo: il lungo serpente umano si è inerpicato in alto guadando il fiume a monte. I più agili aiutavano quelli meno capaci: anche i bambini piccoli sono passati tra salti d’acqua e rocce. Il cantiere si scorgeva dall’alto: un deserto di polvere e filo spinato pieno di uomini in armi contro tanta gente che marciava su per i boschi in barba a tutti i divieti.
Lentamente la gente è arrivata al campeggio, lo stesso campeggio da dove era partita la marcia notturna della settimana prima, perché – ancora una volta – siamo tutti black bloc.
Il giorno dopo il quotidiano La Stampa ha titolato. “Isolati i violenti in Val Susa”.
Sì, certo. Quelli in divisa.

Guarda le foto di Luca Perino

guarda il video su youreporter

Prossimi appuntamenti:
Martedì 31 luglio ore 21
coordinamento comitati no tav / assemblea al campeggio di Chiomonte

Mercoledì 1 agosto ore 18
Appuntamento al campeggio per azioni di lotta contro le truppe di occupazione, le ditte che lucrano e i partiti che vogliono il tav

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Il grembiule a quadretti

C’è chi pensa che la lotta No Tav attraverserà le prossime generazioni. Il No Tav ha già segnato le vite di tante persone. Oggi in piazza ci sono ragazzi che ieri erano bambini, tante volte ci è capitato di accompagnare nell’ultimo viaggio uno di noi.
Finora le botte, gli arresti, la violenza non sono bastate a piegarci. Anzi! Ogni volta che hanno colpito duro la nostra rivolta è dilagata ovunque mettendoli in difficoltà.
Ma.
Le lotte e i movimenti durano quando segnano punti all’avversario. Le sconfitte alla lunga logorano. La rassegnazione è una malattia insidiosa e mortale, è la malattia che attraversa da lunghi anni il nostro paese, la malattia di chi ha perso la speranza che questo non sia il solo mondo possibile.
È su questo che puntano i nostri avversari. Auspicano che un anno di occupazione militare riesca a fiaccare la nostra resistenza. Non sgomberano subito il campeggio, perché sanno che sapremmo reagire, ma provano a soffocarci con continui controlli, con i fogli di via, con l’esistenza stessa del cantiere militarizzato.
Non siamo più nel 2005. Allora si andò di slancio e il governo venne preso alla sprovvista: c’era in noi tutta la forza della prima volta, l’insurrezione si fece con la spontaneità con cui si impastano i sogni dei bambini. Prima che arrivi il buon senso, la disciplina che incarcera i corpi ed ingabbia le menti, prima del grembiule a quadretti, della campanella, del banco, del tempo rubato che dalla scuola porta alla servitù del lavoro.
In questi sette anni siamo stati in gamba. I giochi della politica, gli amministratori voltagabbana, la sottile illusione che il gioco delle istituzioni si potesse giocare con altre carte, tra liste civiche e “democrazia partecipativa” non ci hanno fatto smarrire la via.
Quando le armi della politica hanno ceduto il passo alla politica delle armi abbiamo saputo ancora una volta metterci di mezzo, nella chiara consapevolezza che solo la nostra azione diretta poteva impedire che l’arroganza e la violenza dispiegata dello Stato cantassero indisturbate la loro canzone.
Sapevamo che quando il potere non riesce a sedurre, quando il grande fratello non riesce a farsi amare, allora colpisce ed uccide.
Oggi ci serve forza ed intelligenza. I nostri avversari sono cattivi ma non sono stupidi, sanno usare l’inganno e la violenza, i giudici e i poliziotti, i giornalisti e l’illusione partecipativa.
Continued…

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Val Susa. Sequestri e rastrellamenti

La “nuova” strategia contro i No Tav è chiara. Strangolare il movimento in una morsa militare, estendendo l’occupazione a strade e paesi. Ieri, mentre a Torino si riuniva il comitato per l’ordine e la sicurezza, sei blindati carichi di poliziotti e carabinieri dell’antisommossa e alcune auto piene di digos che salivano in alta valle sui curvoni del Belvedere, sopra Susa, hanno invertito la marcia, si sono messi di traverso per fermare una decina di auto che procedeva nella direzione opposta.
La statale 24 che porta al valico del Monginevro è stata bloccata a lungo. È passata una buona mezz’ora prima che polizia permettesse la circolazione a senso unico alternato delle auto. Chi passava guardava esterrefatto la scena da tempi di guerra. Una sessantina di persone sequestrate per due ore e mezza con il pretesto di un controllo di documenti. Tutti fotografati in mezzo alla strada.
Una decina di energumeni intorno all’auto di due donne che avevano osato protestare.
Ieri era mercoledì. Il giorno – pubblicizzato su tutti i siti e le liste – per le azioni di contestazione No TAV verso le truppe di occupazione, le ditte collaborazioniste, i partiti che vogliono imporre con la violenza il Tav.
Per bloccare l’iniziativa sono arrivati al sequestro preventivo dei manifestanti.
Un assaggio di quello che ci aspetta nei prossimi mesi.
Alla riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza hanno partecipato il sindaco di Torino Fassino, il presidente della Provincia Saitta, il questore, i comandanti di carabinieri e guardia di finanza, oltre al capo della Procura Caselli e al suo vice Beconi. Questi due in veste di “esperti”. Alla faccia della separazione dei poteri e della neutralità della magistratura. L’incontro si è concluso senza alcun comunicato ufficiale, ma la linea decisa è chiara. Nessuno sgombero del campeggio No Tav, se non si ripeteranno le “violenze” della notte del 21 luglio durante l’assedio alle cantiere militarizzato di Clarea. In quell’occasione il capo della digos, Giuseppe Petronzi, venne lievemente ferito.
Nonostante i toni arroganti alla fine è prevalsa la cautela, poiché le forze del disordine sanno bene che lo sgombero del campeggio Gravela di Chiomonte potrebbe allargare il fronte a tutta la valle, rendendo molto più difficile tenere sotto controllo la protesta.
Invece di un’immediata azione di forza hanno deciso di costellare i paesi e le strade della Val Susa di check point.
Potrebbe essere un boomerang, perché la violenza dello Stato, invisibile in Clarea, diviene palpabile per le strade della valle. Ieri hanno sequestrato per ore 60 persone. Tutte colpevoli. Colpevoli di essere No Tav e di non rassegnarsi alla violenza di ha trasformato la Clarea in un campo militare.

Sabato 28 luglio ore 15
Marcia popolare No Tav da Giaglione a Chiomonte

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Ostaggi del nucleare

Tra Chiomonte, Bussoleno e Borgone. Una lunga notte. Erano giorni che il tam tam degli attivisti contro il nucleare diffondeva la notizia – tenuta accuratamente segreta – della ripresa dei trasporti nucleari tra il deposito di scorie di Saluggia e lo stabilimento di La Hague in Francia, dove le scorie vengono riprocessate, prima di tornare a Saluggia, pericolose come prima. In Francia restano solo il plutonio, ossia la materia prima per fare le bombe atomiche, e il mox, un combustibile nucleare.
Intorno a mezzanotte al campeggio No Tav di Chiomonte arriva la conferma che il Castor, il treno speciale adibito ai trasporti di scorie, è partito da Vercelli. Tutte le stazioni lungo il percorso sono blindate. A Bussoleno, dove si sono dati appuntamento gli antinuclearisti di Torino e della Val Susa, arrivano 17 blindati di polizia e carabinieri, oltre ad un contingente di vigili del fuoco e un paio di ambulanze.
Il treno carico di attivisti provenienti dal campeggio No Tav di Chiomonte viene fermato e tenuto sotto sequestro dalla polizia che impedisce a tutti di scendere. Nonostante le pressioni di un altro centinaio di compagni e compagne, che si sono raccolti nel parcheggio di fronte alla stazione di Bussoleno, i ragazzi del treno vengono tenuti in ostaggio per oltre quattro ore. Verranno liberati a gruppi di dieci solo dopo il passaggio del Castor.
Il campeggio di Chiomonte viene assediato per buona parte della notte. Dal cancello numero 1 del fortino della Maddalena, quello che chiude strada dell’Avanà dopo la centrale Iren, escono il camion con l’idrante, una grossa ruspa, mentre sei blindati riversano all’esterno il loro carico di robocop che attraversano il ponte diretti al campeggio. Si fermano solo quando le luci dell’accampamento resistente si spengono. Il buio disinnesca i robocop, che si fermano ma torneranno nel loro recinto solo dopo il passaggio del treno.
Gruppetti di attivisti di spargono per la valle diretti ad altre stazioni. Un gruppo più numeroso viene intercettato dalla polizia alla stazione di Borgone dove si scatena la caccia all’uomo. Tra Borgone, San Didero, Bruzolo vengono fermate decine di attivisti, che restano a loro volta ostaggio delle forze del disordine sino al passaggio del treno nucleare.

Il treno questa volta è passato quasi in orario, ma ancora una volta è stato rotto il muro del silenzio che accompagna questi trasporti.
Ne devono fare altri nove entro dicembre, e presto torneranno le scorie partite negli anni scorsi.
Racconta questa storia al tuo vicino di casa, al collega di lavoro, all’amico al bar.
La prossima volta possiamo essere molti di più, lungo l’intera tratta del treno. Dove ci aspettano e dove non ci aspettano. Il bello della lotta popolare è la straordinaria capacità di radicarsi nei territori, moltiplicando all’infinito i luoghi di resistenza.

Questa sera a Torino punto info su treni nucleari e Tav.
Appuntamento alle 20,30 in via Po 16.

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Treno nucleare. Presidio a Bussoleno

Bussoleno. Presidio antinucleare
alla stazione dalle 23 di questa sera (lunedì 23 luglio)

Il presidio è rimandato alle 23 del 24 luglio nel caso il trasporto delle scorie nucleari sia domani.

Torino. Martedì 24 luglio punto informativo sui treni nucleari
ore 20,30 in via Po 16

A proposito di treni nucleari…
Lo sai che in Piemonte di notte passano treni pieni di scorie nucleari?
Lo sai che questi trasporti continueranno sino alla fine del 2012?
Lo sai che nei prossimi giorni, forse addirittura questa notte, passerà un treno nucleare?
Non passava più dall’aprile dello scorso anno, quando qualche centinaio di attivisti si sedette sui binari della stazione di Avigliana per rallentare il treno e far sapere a tutti che una bomba atomica viaggiava a pochi passi dalle loro case.
La polizia portò via uno ad uno gli antinuclearisti ma il muro del silenzio venne abbattuto. Per 15 mesi i trasporti sono stati interrotti.
Lo sai che la Regione Piemonte ha una legge che prescrive che venga fatto un piano di emergenza in caso di incidente a uno di questi treni?
Lo sai che – secondo questa legge – tutti quelli che abitano nel raggio di tre chilometri per lato dalla ferrovia dovrebbero fare le esercitazioni nel caso uno di questi treni deragliasse o saltasse per aria?
Probabilmente no. Non lo sai perché nessuno te lo ha detto. I responsabili delle ferrovie, il sindaco, la prefettura, la questura tengono la bocca chiusa.
A Viareggio l’incidente ad un treno di materiali chimici ha fatto morti e feriti. Immaginate se toccasse ad un treno pieno di scorie altamente radioattive.
In questi giorni potrebbero riprendere. Le prefetture piemontesi hanno pubblicato sui siti le ridicole norme di seguire in caso di incidente. L’unica misura consigliata a chi abita a 300 metri dalla linea ferroviaria è chiudersi in casa. Continued…

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Susa. Assedio a Martina

Quando uomini in armi bivaccano in un lembo di terra trasformata in cantiere militarizzato, quelli che lavorano e si arricchiscono al servizio delle truppe di occupazione sono collaborazionisti.
A Susa si chiamano Martina e Italcoge, ditte più volte fallite e rinate dalla proprie ceneri, ditte dalle frequentazioni allegre, il genere di ditta che prospera nel sottobosco degli appalti e delle commesse pubbliche. Gente che ha il fisico e l’attitudine morale per il ruolo.
Poco cambierebbe se al loro posto fossero altri, con tutte le carte e i conti in regola, senza amicizie imbarazzanti, perché chi collabora alla distruzione del territorio, chi da man forte per la realizzazione di un’opera che serve solo ad arricchire chi la fa e chi, nei palazzi del potere, la vuole fare ad ogni costo.
C’è lavoro e lavoro.
Chi fa la guerra, chi bombarda la popolazione dell’Afganistan, chi manganella e gasa per difendere un’occupazione militare è un criminale. Un criminale ben pagato, premiato e coccolato, ma pur sempre un criminale. Non basta la divisa o il mandato di un ministro a dare legittimità al mestiere delle armi.

Nel pomeriggio del 20 luglio – nell’anniversario dell’assassinio di Carlo Giuliani – l’appuntamento era davanti all’ingresso della ditta Martina. Tre ore di assedio, tra interventi, slogan, balli occitani.
I collaborazionisti avevano prudentemente anticipato il rientro dei camion nel piazzale, da dove spiavano nervosi i No Tav accampati di fronte all’ingresso.

Un adesivo con la foto di un poliziotto che scaglia una grossa pietra e la scritta “pecorella non violenta” passa di mano in mano. Qualcuno prende l’iniziativa e ne fa omaggio al capitano dei carabinieri Mazzanti e ad alcuni digos.

Intorno alle sette si va al presidio di Susa per la cena. La sindaco Amprino ha deciso la demolizione del presidio, i No Tav sono decisi a difendere questo primo avamposto di lotta contro il cantiere per il tunnel di base.
Le ditte collaborazioniste sono ovunque. Anche i No Tav sono ovunque.

Prossimi appuntamenti:
Assemblea e coordinamento comitati No Tav lunedì 23 luglio ore 21
Incontro di lotta al campeggio di Chiomonte mercoledì 25 luglio ore 18

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No Tav. Azione contro le truppe di occupazione. Venerdì 20 tutti a Susa!

Mercoledì 18 luglio. Un centinaio di No Tav parte per il Sestriere: da qualche giorno le truppe di occupazione sono alloggiate nell’ex villaggio olimpico, una delle tante strutture fantasma costruite per le kermesse olimpica del 2006.
Si sale per tornanti tra montagne bellissime: purtroppo all’arrivo l’architettura tipica di certo turismo di montagna colpisce come un pugno nello stomaco.
Bandiere, fischietti, pentole, slogan. I carabinieri dell’antisommossa si bardano in fretta e furia: uno esibisce le imbottiture da robocop sui jeans. Schierati per la battaglia del manganello scalpitano, mentre cori e slogan ricordano loro che non sono i benvenuti, che neppure durante le pause verranno lasciati in pace. Alcuni villeggianti osservano dai balconcini, uno saluta i No Tav.
Poi di nuovo giù per i tornanti. A Cesana, all’hotel Chaberton, che ospita i finanzieri, nuova suonata di pentole e coperchi.

Un buon segnale. Non c’è pace per chi viene a farci guerra.
Lontani dal loro fortino/cantiere, lontani dalle recinzioni e dal filo spinato, sono meno sicuri di se, meno arroganti.
Hanno scelto con cura il posto dove fare il tunnel geognostico. Un’area poco abitata, lontano dalle case e dagli occhi dei più, un posto perfetto per un’occupazione militare. Si sono illusi che il movimento avrebbe continuato ad estenuarsi nell’assedio impossibile del cantiere militarizzato.
Si sono sbagliati. Gli ingranaggi dell’occupazione militare e della macchina che lucra e propaganda il Tav sono dappertutto. Come noi.
Il fortino non è una via crucis da percorrere obbligatoriamente per celebrare il rito collettivo del taglio di qualche metro di filo spinato.
Questa volta, lo sappiamo bene, lo Stato intende andare sino in fondo per spezzare un movimento divenuto simbolo di rivolta un po’ ovunque.
Dobbiamo tenerne conto. Soprattutto dobbiamo decidere il senso di una lotta il cui esito resta comunque incerto. Abbiamo l’ambizione di vincere, perché abbiamo imparato che vincere fa bene. Conta anche vincere bene, senza deleghe a qualche cacciatore di poltrone, senza rinunciare mai alla propria dimensione di movimento popolare, senza affidarsi ai giochi della politica internazionale.
Senza rassegnarsi, riducendo la propria resistenza alla ripetizione rituale della pressione sul cantiere, sperando che il tempo sia dalla nostra.
Solo se sapremo scandire con intelligenza e passione un tempo altro potremo mettere – ancora una volta – in difficoltà un avversario che non fa sconti a nessuno.

Oggi il GUP ha rinviato a giudizio tutti i 45 imputati No Tav che hanno scelto il dibattimento, nonostante l’inconsistenza del teorema della Procura.
Sempre oggi – sulle pagine della Stampa – Massimo Numa ha descritto un quadro fosco, fatto di brigatisti e insurrezionalisti, arrivando persino ad accostare i tre No Tav, che hanno deciso di rinunciare alla difesa legale, al ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Adinolfi. Non pago ha tirato in ballo il lontano omicidio di Fulvio Croce per meglio delineare un quadro eversivo che proietti la propria ombra sulla lotta No Tav.
Sono anni che resistiamo alle campagne di certa stampa asservita alla menzogna di Stato. I No Tav hanno piè fermo e spalle larghe.

Venerdì 20 luglio saremo ancora in piazza.
Appuntamento alle 16,30 nel piazzale della stazione di Susa per una presidio di lotta contro le ditte che lucrano sul Tav.
Non lasciamo in pace chi ci fa guerra!

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Le rovine di Bolzaneto

La sera prima un temporale aveva rotto per qualche ora l’estate. Noi si stava stipati nel camper a mangiare pasta e discutere.
Si sapeva di andare in guerra. Per le strade deserte scorazzavano le camionette, l’autostrada già da giorni era deserta come neppure a novembre in riviera. Chi si avventurava verso il centro raccontava delle gabbie che serravano il cuore della città, dei check point, dei lasciapassare, degli energumeni che esibivano le nuove divise imbottite.
Nonostante l’apparato militare esibito, nonostante il ragazzo ridotto in fin di vita a Goteborg da un poliziotto che gli aveva piazzato tre pallottole nella schiena, giovedì 19 luglio 2001 c’era un’aria festa a Genova. Migliaia di bandiere rosse e nere coloravano il corteo dei migranti.
Il 20 luglio, il giorno degli assedi alla zona rossa, il giorno dei tanti punti di incontro, perché ciascuno potesse giocare la propria partita nel modo che preferiva, dormimmo a Sampierdarena, a due passi da piazza Montano, dove sarebbe partito il corteo dei lavoratori in sciopero e di Anarchici contro il G8, il cartello che metteva insieme tanta parte degli anarchici italiani. E non solo.
Le assemblee erano una babele di lingue, idee, aspettative: i traduttori arrivavano esausti a fine giornata.
Nelle prime ore del mattino giunge la chiamata dai compagni rimasti nella zona est: la polizia ha fatto irruzione al centro sociale “Pinelli”. È il primo segnale di una giornata lunga, lunghissima. Continued…

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Vendetta è fatta

La Cassazione ha confermato – con qualche piccolo sconto – le durissime condanne emesse in appello nei confronti di 10 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio per le giornate di Genova 2001.
I poliziotti responsabili di botte e torture, pur condannati, sono liberi: per cinque compagni e compagne si aprono le porte del carcere.
Sono trascorsi 11 anni da quel luglio.

La magistratura conferma la propria funzione disciplinare nei confronti delle lotte politiche e sociali. La trasformazione di qualche danneggiamento in un reato che costa dagli otto ai 15 anni di reclusione è un’operazione di alchimia giudiziaria che, al di là delle vite concrete che sta macinando, deve rappresentare un monito forte per tutti coloro che lottano contro l’ordine politico e sociale nel quale siamo tutti forzati a vivere.
In questi stessi giorni si stanno moltiplicando azioni repressive che mettono in scena una vera torsione delle norme vigenti per poter meglio imbrigliare i movimenti di opposizione.
Uno dei cardini di tante azioni giudiziarie è l’introduzione della responsabilità collettiva. Il principio per cui basta trovarsi in un certo posto per essere giudicati colpevoli di reati gravissimi.
“Devastazione e saccheggio”, un reato da tempi di guerra, applicato per disastri epocali come quello del Vajont, è stato usato a Genova per condannare 10 compagni e dare un avvertimento a tutti coloro che oggi come allora si battono contro le politiche di devastazione e predazione del territorio, contro le guerre, il militarismo, la proprietà privata, il razzismo, lo sfruttamento.
In questi stessi giorni il principio della responsabilità collettiva viene usato nei processi a No Tav, antirazzisti, antimilitaristi.
Oggi capita di essere accusati di furto aggravato per aver strappato un manifesto fascista, di veder moltiplicare inchieste per reati associativi del tutto implausibili, ma utili per arrestare e tenere in carcere preventivo decine di oppositori politici.

Tante onde si sono infrante nel porto di Genova. Il movimento che venne represso nel sangue di quelle giornate di luglio, oggi viene condannato con una sentenza che ne colpisce dieci ma investe decine di migliaia di persone, che scesero in piazza contro la ferocia del capitalismo e degli stati.
Chi ha vissuto quei giorni sa che la democrazia non fu tradita, ma si tradì.

Chi è stato a Genova sa chi siano i devastatori e saccheggiatori.

Vogliamo liberi i compagni e le compagne condannati da uno Stato che uccide, bombarda, tortura e seppellisce con anni di galera chi non si piega al suo ordine.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org
tel. 333 3275690

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Condannata No Tav. Corteo spontaneo a Torino

11 luglio, tribunale di Torino. L’aula è stipata di No Tav, tantissime le donne, strette strette sulla panca, per dare solidarietà ed appoggio a Nina e Marianna, le due No Tav, arrestate il 9 settembre dopo una serata di lotta alle reti di Clarea. Due delle tante che lottano attivamente contro il Tav.
Marianna non c’è, Nina arriva trafelata. Abbracci, strette di mano: sulle facce di tutti restano i brillantini di quella di Nina.
Poi esce il giudice e la cerimonia delle vendette di Stato ha inizio. Nina viene assolta, a Marianna danno otto mesi di reclusione.
Per resistenza.
La stessa resistenza di tutti i No Tav, che si battono contro l’occupazione militare.
La gioia di Nina è abbuiata dalla condanna di Marianna.
Una sentenza che non ci stupisce: la procura, che ha tenuto in carcere per quindici giorni le due No Tav, voleva dare una segnale. Non riuscendo in alcun modo ad incastrare Nina, hanno condannato Marianna, che secondo un poliziotto avrebbe tirato una pietra. Cade tuttavia il teorema del concorso morale, perché Marianna è stata condannata per resistenza, mentre è caduta l’accusa di lesioni.

In strada il presidio solidale si trasforma in corteo. Si parte cantando “Bella ciao”, perché oggi, come ogni giorno di quest’anno di lotta, siamo tutti partigiani, black bloc, gente che la libertà non la mendica ma se la prende.
Una lunga camminata, con frequenti blocchi agli incroci: si va alla stazione di Porta Nuova, poi in via Roma, dove i cronisti di Cronacaqui salutano dal balcone facendo le corna. “Servi” è il grido di tutti quanti. Poco più avanti un gruppo di passanti plaude e saluta il corteo.
Si fa tappa alla RAI: dove gridiamo “Marianna è una di noi”, “Tutti liberi! Tutte libere!”. Non manca un caldo saluto al capo della Procura Caselli. Il corteo si scioglie davanti alla Regione in piazza Castello.
Per un breve momento la memoria torna ad un altro 11 luglio, quello del 1998, quando Sole si impiccò nei bagni della comunità “Sotto i ponti” dove era reclusa con l’accusa di aver fatto parte di una banda armata. Un momento di umana pietà per una ragazza il cui orizzonte di vita si è oscurato sino a spegnersi.
Se poliziotti e giudici sperano di fare paura, di intimorirci con arresti e condanne, fanno i conti senza la gente del movimento No Tav.
La Resistenza continua. Al cantiere militarizzato, per le strade sonnolente di Torino, davanti alle ditte collaborazioniste, ovunque ci sia chi erige un muro solcato di filo spinato.

Ascolta il resoconto dell’udienza e la testimonianza a caldo di Nina su radio Blackout

Sempre da radio Blackout ascolta l’intervista di analisi della sentenza con l’avvocato di Nina, Gianluca Vitale

prossimi appuntamenti:

Lunedì 16 ore 7 ad Arquata contro gli espropri per i lavori del Tav tra Genova e Tortona

Lunedì 16 ore 21 assemblea popolare No Tav al campeggio resistente di Chiomonte

Mercoledì 18 ore 18 appuntamento di lotta al campeggio

Mercoledì 18 ore 21 serata informativa sulle ditte che lucrano sul Tav

Venerdì 20 giornata di lotta a Susa. Appuntamento alle 16,30 in piazza della Stazione a Susa, presidio attivo davanti a Italcoge e Martina, poi si va al presidio di Susa sotto sgombero. Cena al sacco e concerto.

Sabato 21 passeggiata notturna al cantiere militarizzato.

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Sommersi e salvati. A pagamento

Il governo Monti ha emanato un decreto che alza le sanzioni nei confronti di chi impiega lavoratori immigrati in nero. Ai padroni viene tuttavia offerta la possibilità di ravvedersi. Un ravvedimento operoso, poiché lo Stato incasserebbe mille euro per ciascun clandestino oltre al versamento degli oneri contributivi.
Questo decreto arriva ben tre anni dopo l’emissione della direttiva europea numero 52, che prescriveva un giro di vite nei confronti dei padroni che impiegano lavoratori stranieri in nero.
Chi ravvisasse nella decisione del governo Monti una sorta di “ravvedimento operoso” non si faccia illusioni.

Il governo Monti ha bisogno di far cassa. Il resto sono chiacchiere e retorica.

La conclusione di questa vicenda è già scritta. Tanti muratori, colf, badanti, operai immigrati chiederanno al padrone di essere regolarizzati.
Molti resteranno con un pugno di mosche in mano: nessuna “emersione” e fors’anche la minaccia di licenziamento.
In questa roulette russa, che macina le vite di tanti, oltre ai sommersi ci saranno anche i salvati, i fortunati che troveranno un padrone disponibile a metterli a posto con le carte. Non è neanche il caso di aggiungere che i soldi per la multa e per il pagamento dei contributi li tireranno fuori gli immigrati stessi.

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