Dell’ultimo incidente nucleare in una centrale francese hanno parlato solo alcuni siti specializzati. Sui media il silenzio è stato fragoroso.
Eppure l’incidente occorso nella centrale normanna di Flamanville è solo l’ultimo di una lunga serie nelle centrali dei cugini d’oltralpe. E come tutti sanno le radiazioni sono poco rispettose dei confini nazionali.
D’altra parte i resti dell’avventura nucleare italiana sono ancora qui a testimoniare i pericoli di una tecnologia, che si lascia alle spalle scorie pericolosissime e centrali da smantellare.
In Italia come è noto non c’è un deposito nazionale per il materiale irraggiato proveniente dalle centrali e dagli ospedali, tuttavia il 95% di queste si trovano in un deposito provvisorio situato in una piana alluvionale a Saluggia.
Non lontano da Saluggia c’é l’ex centrale di Trino, con la sua piscina piena di barre.
Il mese scorso il governo ha deciso il suo smantellamento. Sarebbe una buona notizia se la zona tornasse ad essere prati e boschi. Invece no.
Al posto della centrale sorgerà un secondo deposito «provvisorio». Inutile dire che anche questa è una zona alluvionale. Nel 2000, quando il fiume esondò, la popolazione diede vita a numerose manifestazioni di protesta per il grave inquinamento delle falde.
Tutte queste amenità prescindono dal fatto che nel solo deposito Nato di Ghedi ci sono una quarantina di testate nucleari, che nei porti come Napoli e Taranto attraccano normalmente sommergibili atomici.
Anarres ne ha parlato con Lorenzo Bianco, attivista antinucleare.
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– 15 Novembre 2012
Che il liberalismo scontasse la propria astrazione giuridica non è certo una scoperta di questo o dell’altro secolo. D’altra parte l’eguaglianza dei diseguali è l’astrazione sulla quale naufraga il preteso universalismo di quell’approccio.
Ai margini di quella narrazione stavano gli altri. Gli estranei, i barbari dell’altrove non secolarizzato e le donne, la cui sottomissione è a lungo una posta che si può giocare solo sottranendole all’umano.
Oggi in Europa le politiche razziste fanno leva sulla libertà delle donne e dei soggetti glibt insidiata dai barbari dell’altrove. Nello specifico gli immigrati dai paesi musulmani.
La violenza – che pure c’é – contro le donne, se commessa da immigrati viene etnicizzata, sfruttata per dimostrare l’incompatibilità di queste persone con la libertà dell’occidente laico e capitalista. Come se le istituzioni delle varie confessioni cristiane non fossero sostenute e spesso finanziate dai governi della laicissima Europa. Come se gli italiani non commettessero decine di femminicidi all’anno, in un’escalation da paura.
Come se la libertà femminile fosse un’avventura ormai compiuta, da difendere con frontiere e filo spinato.
I media su quest’impalcatura costruiscono cronache che alimentano il pregiudizio e danno credibilità all’operazione.
Ne abbiamo parlato con Ricke, donna, lesbica che vive in germania e sperimenta, giorno dopo giorno di essere meno bianca di quanto era abituata a credere di essere.
Ascolta la chiacchierata
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– 15 Novembre 2012
Mercoledì 14 novembre. La polizia militarizza completamente l’area vicino all’uscita autostradale di Susa sulla statale 25, che viene chiusa con Jesey. Lì piazzano un’ennesima inutile trivella: siamo di fronte al presidio No Tav, in frazione S. Giuliano.
Dalle 18, dopo una veloce assemblea, i No Tav si radunano di fronte allo schieramento di polizia. Intorno alle otto meno un quarto gli uomini al servizio dello Stato cominciano a sparare lacrimogeni.
Nonostante la durezza della situazione i No Tav non se vanno. Sino alle otto le auto passano in mezzo a lacrimogeni e idranti. I Tir resteranno bloccati sul piazzale in mezzo al fumo.
Sarà la cifra dell’intera serata di lotta: da una parte i manifestanti che bloccano le due statali, fanno battiture, intonano slogan, dall’altra la polizia che bagna con gli idranti e gasa sino a rendere irrespirabile l’aria.
I lacrimogeni arriveranno sin nelle case della frazione S. Giuliano, la zona di Susa destinata ad diventare cantiere Tav.
I No Tav aiutano i tir a defluire, perché gli autisti sono intossicati dai gas.
Prima della 21 nuova assemblea che decide che la lotta vada avanti tutti i giorni, con appuntamento alle 18 al presidio di Susa.
Poi riprendono le battiture e i blocchi. Una barricata è data alle fiamme. Intorno alle 22,30 volano ancora i lacrimogeni.
A mezzanotte i No Tav si salutano rinnovando l’appuntamento per l’indomani.
Il governo è avvertito: ogni chiodo che pianta se lo suderà minuto per minuto.
Ascolta il racconto della serata in un’intervista rilasciata all’info di Radio Blackout da Mario Fontana del presidio internazionale di Susa
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– 15 Novembre 2012
L’appuntamento è alle 17,30 al presidio di Susa. I segusini sono in pista dalla notte precedente, quando, approfittando delle tenebre e del sonno di chi per campare deve lavorare, centinaia di poliziotti e carabinieri hanno accompagnato di soppiatto tre trivelle per l’ennesimo sondaggio politico in Val Susa.
L’assemblea è veloce veloce. C’è chi vuole andare a vedere da vicino l’area militarizzata, chi invece opta per il blocco dei mezzi obbligati dalla polizia ad uscire a Susa.
Sin dalla notte precedente la polizia aveva bloccato la statale 24, rendendo difficile muoversi agli abitanti di Traduerivi, e chiudendo la A32 in direzione Torino. I cartelli della Sitaf avvertivano che il blocco era dovuto ad una fantomatica manifestazione No Tav.
Questa sera i No Tav hanno bloccato davvero i Tir, lasciando passare le auto e i mezzi di lavoro più snelli. Intorno alle sette e mezza la coda sulla statale 25 era di quasi undici chilometri.
Intorno alle 19,30 un poliziotto perde la testa e minaccia con la pistola i No Tav di ritorno dalla visita alle trivelle: alla fine dovrà andarsene di corsa spinto dalla naturale indignazione dei manifestanti. Il Tg3 trasformerà l’episodio in “aggressione alla polizia”.
I No Tav sono ormai avvezzi alla neolingua dei media e non ci badano più di tanto.
Intorno alle ventidue la protesta si sposta alla rotonda di Chianocco e, di lì, all’autostrada. In breve in corrispondenza con le due rampe di accesso vengono erette barricate poi date alle fiamme.
Per questa notte per il cambio turno i poliziotti di guardia alle tre trivelle e al fortino/cantiere di Chiomonte dovranno fare il giro lungo, su e giù dal Sestriere. Intanto la maternità dell’ospedale di Susa è stata chiusa. Un pezzo di sanità che se ne va, aggiungendosi ai tanti altri tagliati in quest’ultimo anno. L’ennesimo insulto a chi lotta contro lo sperpero di risorse pubbliche per finanziare le varie clientele dei partiti. Di governo e di opposizione. Qualunque sia il governo, qualunque sia l’opposizione.
La resistenza continua. Ogni giorno.
Prossimi appuntamenti:
Giovedì 15 novembre assemblea contro la repressione nella sala consiliare del comune di Bussoleno in via Traforo.
Martedì 20 novembre assemblea popolare al Polivalente di Bussoleno.
Mercoledì 21 novembre presidio al tribunale di Torino per la prima udienza di uno dei processi ai No Tav
Lunedì 3 dicembre manifestazione No Tav a Lyon in occasione del vertice Monti/Hollande.
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– 14 Novembre 2012
Report sull’ultimo sciopero generale e sugli ulteriori tagli votati dal parlamento greco del gruppo dei Comunisti Libertari di Atene.
Mercoledì 7 novembre il Parlamento greco ha votato il nuovo pacchetto di misure di austerità. E’ quasi impossibile descrivere nel dettaglio, anche a grandi linee, il loro impatto sulla vita della popolazione, ma in generale si può dire che, con nuovi licenziamenti, uniti ad una diminuzione ulteriore di stipendi, pensioni e sussidi, stanno abbattendo quel poco che è rimasto in piedi dopo tre anni di austerità. Continued…
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– 12 Novembre 2012
Il governo greco ha votato le misure di austerità imposte al paese dalla Trojka (FMI, UE, BCE) come condizione alla concessione di 31,5 miliardi di euro di prestito. La maggioranza di governo continua a perdere pezzi sotto la pressione di una piazza che non è più disponibile a pagare: i tagli sono passati per un pelo, mentre fuori dal parlamento impazzava la battaglia tra polizia e lavoratori in sciopero.
Questo sciopero, durato 48 ore, è il quarto in un mese e mezzo ed è l’indice di una resistenza che non molla ma non riesce neppure a vincere.
Tra le decisioni prese l’elevamento dell’età pensionabile a 67 anni, l’abolizione di tredicesima e quattordicesima, circa seimila licenziamenti tra i dipendenti pubblici, e, sempre nella pubblica amministrazione, prolungamento del blocco del turn over.
In una situazione in cui l’assistenza sanitaria è già un lusso per pochi, l’ultima mazzata è l’introduzione di un ticket di 25 euro per l’accesso al pronto soccorso. Sarebbe una cifra di tutto rispetto anche in Italia, in Grecia è un’enormità, poiché il salario medio si aggira sui 400 euro.
Tuttavia anche queste misure potrebbero non bastare: la decisione definitiva sullo stanziamento del prestito è stata rimandata a fine novembre. Nell’attesa migliaia di lavoratori resteranno ancora senza stipendio, che la pubblica amministrazione non paga da mesi.
In questa situazione l’unica possibilità reale è la creazione di reti di mutuo appoggio tra città e campagna, la pratica di itinerari di fuoriuscita dal capitalismo e dalle sue regole.
Giorgios P., un compagno del Collettivo dei comunisti libertari di Atene, ne ha parlato ad Anarres
Ascolta l’intervista
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– 12 Novembre 2012
La crisi di un sistema politico che riesce solo ad escogitare nuovi modi di riprodurre se stesso è uno spettacolo che va in onda tutti i giorni. Sempre più noioso, ripetitivo, inutile.
La revisione del Porcelllum, la legge elettorale che blinda le liste e moltiplica gli eletti di chi vince è, in questo senso, esemplare. Le scelte dei partiti variano in base ai sondaggi per le prossime elezioni: è il trionfo del “no future”, la spazzatura istituzionale che si mostra nuda e senza vergogna. Il re che passeggia senza abiti per la città non svela nulla che tutti non sappiano già.
La risposta alla crisi del sistema – se dobbiamo credere ai sondaggi – è quella del buffone che si fa re. L’immagine si deforma, l’invettiva sostituisce l’argomentazione, tutti sono una piazza ma quella piazza ha un solo volto. Un solo ghigno. L’immagine più accattivante è quella del comico che nuota nello stretto. Come resistere alla tentazione di sovrapporgli le bracciate di Benito Mussolini o quelle di Mao nello Yang-tse? Populismo, demagogia, linguaggio “popolare” (Bossi però si sarebbe risparmiato di fingere cultura citando il punto G).
Tutto questo però convoglia un desiderio di partecipazione autentico, che rimanda ad un rifiuto forte del sistema politico odierno.
D’altra parte i risultati delle elezioni siciliane paiono alludere ad un forte straniamento da tutti i percorsi della rappresentanza. Questi risultati forse mettono in campo un desiderio di uscita da percorsi istituzionali. Un altrove che non c’è. È possibile che tanti siano personaggi in cerca di autore, è anche possibile che si aprano spazi per la sperimentazione di percorsi di autogoverno e autogestione della società.
Parimenti interessanti sono le pratiche concrete di esodo dal quadro istituzionale messe in campo dai movimenti di resistenza alla devastazione ambientale e allo sperpero di risorse.
Anarres ne ha parlato con Massimo Varengo di Milano e Salvo Vaccaro di Palermo
Ascolta la chiacchierata con Massimo e quella con Salvo
Scarica gli audio: 1 – 2
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– 11 Novembre 2012
Il 12 novembre il ministro dell’Interno Cancellieri sarà a Chiomonte, per passare in rassegna le truppe di stanza nel cantiere/fortino e per rassicurare il sindaco di Chiomonte Pinard, che vede, giorno dopo giorno, diminuire la propria popolarità presso i concittadini.
Sebbene non invitati anche i No Tav hanno assicurato la propria partecipazione. Come avrebbero potuto mancare?
Di seguito stralci dall’appello redatto dal coordinamento comitati No Tav.
“Lunedì 12 novembre arriverà in valle di Susa il ministro degli interni Cancellieri. Motivo di tale onore è portare solidarietà alle forze dell’ordine e al sindaco di Chiomonte Pinard. Ecco l’ennesima provocazione di un governo che da ormai più di un anno ha militarizzato parte del nostro territorio e in più occasioni ha dimostarto di voler risolvere il problema tav a suon di manganelli, lacrimogeni e arresti. Ed è bene sottolineare che tale metodologia è stata utilizzata non solo in valle di Susa ma in ogni luogo d’Italia dove ormai i diritti dei cittadini sono calpestati: ne sanno qualcosa gli studenti, gli operai, i migranti.
Lunedì dobbiamo esserci e dobbiamo essere in tanti.
Per ribadire che questa valle non è e non sarà mai pacificata fino a che si continuerà a volerla devastare. Per ribadire che la violenza utilizzata dalle sue truppe e dalla magistratura non ci intimoriscono e non ci fermerà.
Accogliamo tutti insieme il ministro Cancellieri. ”
appuntamenti
Piazza del municipio di Chiomonte ore 9
Campo sportivo di Giaglione ore 8,30
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– 10 Novembre 2012
Il 4 novembre ci sono state iniziative antimilitariste e contro la guerra in tutta Italia. A Trieste sono stati appesi in giro per la città striscioni, a Palermo c’è stato un presidio contro il Muos nella via titolata al generale Magliocco, un criminale di guerra fascista; a Reggio Emilia, il 3 novembre, un corteo ha attraversato il centro cittadino, a Novara s’è svolto un presidio contro gli F35, presidio anche a Cosenza con interventi e musica.
A Torino, in corso Ferrucci a fianco del tribunale, secondo quanto riferisce il sito Indymedia, il monumento sormontato da un’aquila che regge un cannone dedicato alle brigate degli alpini, è stato decorato con la scritta “no a tutti gli eserciti”. Su quel muro campeggiano i nomi delle guerre coloniali e della guerra combattuta a fianco dei nazisti dall’Italia fascista.
Un tricolore è stato dato alle fiamme davanti ad uno dei tanti luoghi che celebrano le guerre e chi le fa.
Un gesto di solidarietà agli antimilitaristi torinesi sotto processo per vilipendio alla bandiera e alle forze armate.
Nell’anniversario di quell’immane massacro che fu la prima guerra mondiale lo Stato Italiano festeggia le forze armate. Nel 2009 un gruppo di anarchici fece una parata irridente e uno bruciò la bandiera italiana. Per questo gesto simbolico 11 antimilitaristi sono sotto processo. Il compagno che ha bruciato la bandiera rischia sino a due anni.
Fare la guerra significa ammazzare, torturare, violentare, occupare città e paesi. Gli Stati trasformano una ginnastica di morte in attività onorevole, ben pagata. Chi lo dice rischia la galera.
Alla faccia degli altisonanti principi che sancirebbero la libertà di dire la propria.
Il 3 novembre, sempre a Torino, c’è stato un punto informativo al Balon, il mercato delle pulci torinese, da alcuni mesi sotto la morsa della militarizzazione per cacciare gli abusivi che resistono testardi agli sgomberi.
In quell’occasione è stato distribuito un volantino che ricorda che l’Italia è in guerra, che il mestiere delle armi, anche se si esibiscono fanfare, medaglie e bandiere al vento è un lavoro da assassini. Assassini legalizzati, assassini di Stato, assassini che godono dell’impunità e di un buon stipendio.
Ve lo riportiamo di seguito: Continued…
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– 5 Novembre 2012
Sabato 3 novembre. Castagne, vin brulè, cioccolata calda, musica popolare e tanta gente per l’inaugurazione del nuovo presidio di Chiomonte. Dopo un mese e mezzo di lavori la casetta che sorge dove era la cucina del presidio è mostrata con giusto orgoglio dai compagni che più si sono dati da fare per costruirla. La cucina, il soppalco, la zona notte e il bagno nuovo di zecca sono pronti.
A metà pomeriggio l’inaugurazione “ufficiale”. Al posto dei soliti nastri colorati due No Tav tagliano con le cesoie un grosso pezzo di filo spinato. Poi i discorsi, l’impegno, ancora una volta rinnovato, alla resistenza.
Dall’altro lato della Dora, vicino al check point militare che chiude strada dell’avanà, imprigionando le vigne e l’area del Museo archeologico, fatto chiudere dalla polizia dopo l’occupazione dell’area, c’è una casetta di legno nuova nuova: questa è la posizione avanzata del presidio, quella da cui tenere d’occhio le mosse delle truppe di occupazione.
Nei fatti il presidio funziona già da oltre un mese: ogni mattina c’é un gruppo di No Tav che fa colazione davanti ai cancelli, impedendo così alle ditte collaborazioniste di usare quest’ingresso più comodo e meno costoso per accedere al cantiere. Una mattina un “lavoratore” ha addirittura minacciato con un martello i No Tav distesi davanti al cancello. Il prefetto Di Pace ha infine prescritto alle ditte di usare il varco aperto sulla A32. Il prefetto non vuole altre grane ma se i No Tav mollassero il presidio quotidiano al cancello, i camion riprenderebbero a passare.
Dopo l’inaugurazione i più, scarponi e pila in mano, hanno imboccato il sentiero No Tav, che aggira il Check point e raggiunge l’area del cantiere/fortino. Lì, complice la scarsa presenza di truppe, sono volati petardi e qualche metro di concertina è stato tagliato. La polizia ha risposto usando gli idranti.
Il sindaco di Chiomonte, Renzo Pinard, uno che da giovane organizzava i campi paramilitari fascisti a Pian del Frais, lo stesso che aveva dichiarato con enfasi che si sarebbe dimesso se avessero militarizzato il suo paese, è entrato in fibrillazione, minacciando di restituire la fascia tricolore – ma non la poltrona – se il ministro Cancellieri non si fosse recato a Chiomonte. Pinard, non si preoccupa che una buona parte delle vigne siano in zona occupata, non bada alla chiusura del Museo archeologico trasformato in bivacco per le truppe, non si accorge che l’area del cantiere/fortino di Clarea si è trasformata in un deserto, ma è in ambascia perché in località Gravela c’è un presidio No Tav. Intanto le truppe dello Stato, che sorvegliano giorno e notte la zona, illuminandola come allo stadio, non si sono accorti che qualcuno la scorsa settimana ha danneggiato proprio la vigna del sindaco.
Qui qualche foto della giornata e un video dell’inagurazione. Sulla passeggiata in Clarea vedi il video del Fatto Quotidiano
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– 5 Novembre 2012
La mappa della logistica in Emilia-Romagna e Lombardia? È una mappa dello sfruttamento e della violenza. La violenza dei caporali, la violenza dello stato. La violenza di Ikea. nonostante Quella di azienda “friendly” è solo una patina. Ma la lotta dei lavoratori prosegue: nemmeno le manganellate, le botte e i lacrimogeni la fermano.
Piacenza. Area logistica di Le Mose. Una distesa enorme di capannoni e edifici anonimi. Col minimo comune denominatore dello sfruttamento. Il magazzino Ikea è lunghissimo, l’emblema del nuovo schiavismo: contratti non rispettati, minacce di licenziamento, salari pagati la metà di quella prevista. E così come ai magazzini dell’Esselunga a Basiano, come alla Tnt di Piacenza i lavoratori, tutti immigrati, si rivoltano.
I lavoratori lottano? La polizia carica. Violenza ed attacchi padronali la mattina del 2 novembre. Cinque feriti tra i lavoratori che dalle 6 stavano partecipando al picchetto per bloccare gli ingressi al magazzino. Che si vanno ad aggiungere ai feriti dei giorni precedenti. Da 12 giorni infatti i lavoratori stanno manifestando davanti ai cancelli per reclamare il rispetto del contratto.
Già nelle altre mattine polizia era intervenuta su ordine del questore facendo il proprio lavoro contro i lavoratori e i solidali seduti a terra. Dopo l’attacco della celere quattro lavoratori sono finiti al Pronto Soccorso. Le botte non hanno fermato la lotta ed i lavoratori hanno rifatto i picchetti. La risposta è stata altra violenza contro il presidio dei lavoratori della consorzio CGS, di cui fanno parte tutte e tre le cooperative che lavorano per il magazzino Ikea (Euroservizi, Cristall e San Martino).
Chi è il presidente della cooperativa San Martino? Mario Spezia, vicepresidente della Camera di Commercio di Piacenza, ex-presidente della Provincia di Piacenza nella giunta targata Pd. Nel 2009 Spezia era finito sotto inchiesta per un giro di false fatturazioni relativo ad alcune cooperative di cui era presidente. Anche le immagini parlano chiaro: i celerini si accaniscono su ragazze e ragazzi indifesi, colpevoli di essere solidali con la lotta degli operai. Ma Ikea non tollera nessuna protesta. Tutto deve filare liscio. Tutto deve tacere.
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– 3 Novembre 2012
La scorsa settimana i mezzi di informazione hanno diffuso la notizia del ritiro dei vaccini antinfluenzali della Novartis dalle farmacie. Pare che questi vaccini abbiano effetti negativi per la salute ed è quindi logico che tempestivamente le autorità sanitarie siano intervenute.
Sin qui tutto bene, al di là delle legittime preoccupazioni a reperire in tempo le dosi per i bambini, gli anziani, i malati cronici, le categorie per le quali anche una “banale” influenza può essere mortale.
È sufficiente tuttavia esaminare un po’ meglio l’intera faccenda per rendersi conto che qualcosa non torna. Sul sito di Novartis c’è un comunicato ufficiale che smentisce che i vaccini siano stati distribuiti: in questo caso cosa starebbero facendo i carabinieri in giro per le farmacie a caccia di questi vaccini mai distribuiti?
Non solo.
Qualsiasi medicinale viene testato prima di essere messo in commercio.
Nei siti delle autorità preposte a questi controlli risulterebbe che già a metà settembre i test preliminari avevano evidenziato che il vaccino antinfluenzale della Novartis poteva indurre una malattia grave come la narcolessia.
Perché allora i vaccini sono stati messi in commercio e poi ritirati solo a fine ottobre?
Anarres ne ha parlato con Ennio Carbone dell’università di Catanzaro.
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– 3 Novembre 2012
Era il 313. AMilano l’imperatore romano Costantino promulga l’editto che pone fine alla persecuzione nei confronti dei cristiani e mette le fondamenta per la trasformazione della religione cattolica in religione di Stato.
Una mostra inaugurata nelle scorse settimane a Milano festeggia l’evento come alba di una nuova era di pace e tolleranza.
Sono passati 1700 anni ma la vocazione della chiesa cattolica a rinsaldare un mito che neghi la realtà di un potere feroce, che, forte dell’editto costantiniano si costituisce e si consolida in quegli anni, non è certo venuta meno.
La mostra milanese alimenta una narrazione falsa, che nasconde una storia di terrore e persecuzioni nei confronti di tutti coloro che verranno additati come eretici. Di lì a poco nel concilio di Nicea verranno poste le basi di un’istituzione che ha macinato le vite e segnato il corso della storia per 1700 anni.
Per quale ragione Costantino fece quella scelta? In fondo il cristianesimo non era soltanto una delle tante religioni semitiche, che facevano capolino a Roma, dai confini dell’impero.
Il mescolarsi di elementi misterici con il logos della filosofia greca rese possibile alla chiesa dare solide fondamenta teoriche ad un formidabile apparato di dominio. Tanto formidabile da osare contendere all’impero il suo primato temporale.
Anarres ne ha parlato con Paolo Iervese, il proprio vaticanista di riferimento.
Ascolta la chiacchierata
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– 1 Novembre 2012
Sono quasi 870 milioni le persone – vale a dire una su otto – che nel biennio 2010-2012 hanno sofferto di malnutrizione cronica, denuncia il rapporto ONU sulla fame nel mondo.
The State of Food Insecurity in the World 2012 (SOFI) (Lo Stato dell’Insicurezza Alimentare nel mondo), pubblicato congiuntamente dalle tre agenzie ONU di Roma – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e il Programma Alimentare Mondiale (PAM) – presenta stime aggiornate sulla fame nel mondo, basate su dati più precisi e su una migliore metodologia per misurarli.
La maggioranza delle persone che soffrono la fame – circa 852 milioni – vive nei paesi poveri, e rappresenta il 15% della loro popolazione complessiva, mentre i restanti 16 milioni vivono nei paesi sviluppati.
Tra il 1990 e il 2007 il numero delle persone che soffrono la fame è calato in modo molto più marcato di quanto non si prevedesse, mentre invece dal 2007-08 i progressi si sono rallentati e stabilizzati.
100 milioni di bambini sotto i cinque anni sono sottopeso, in condizioni di non poter sviluppare a pieno il proprio potenziale umano, la malnutrizione infantile uccide ogni anno più di 2,5 milioni di bambini.
Questo lo stato della “malattia” denunciato con enfasi dai responsabili dalle organizzazioni ONU.
Sullo sfondo restano le cause di una simile tragedia, in un mondo dove un’infima minoranza usa e spreca quanto basterebbe a por fine alla fame.
Gli esperti dell’ONU si sbracciano ad indicare le loro ricette inutili, perché è una sola la ricetta efficace: farla fine con la diseguaglianza, il capitalismo, gli Stati.
Ne abbiamo parlato con Salvo Vaccaro dell’Università di Palermo.
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– 31 Ottobre 2012
Questa notte, di fronte alla concessionaria Ferrari di via Boggio a Torino, è comparso uno striscione con la scritta “la Ferrari difende i marò assassini”.
Un reporter di passaggio ci ha gentilmente inviato una foto dello striscione.
La Ferrari ha corso il gran premio d’India con i colori della Marina militare italiana sul cofano. La Brigata Folgore ha chiuso la rievocazione militarista e fascista della battaglia di El Alamein, fischiando il ministro perché non è ancora riuscito ad ottenere la liberazione dei due marò italiani detenuti in India per aver ucciso a fucilate due pescatori del Kerala.
Quelli della Folgore sono abituati all’impunità. Chi può dimenticare le loro imprese durante “Restore hope”, la missione “umanitaria” in Somalia? Nonostante alcune foto scattate da un commilitone li ritraessero mentre applicavano elettrodi ai testicoli di un prigioniero inerme nudo, nonostante le immagini chiare di uno di questi eroi che stuprava con un razzo illuminante una ragazza somala legata ad un camion nessuno ha badato a questi “incidenti”.
Lo Stato italiano è abituato all’impunità per i propri militari che si sono distinti in torture, massacri di civili, stupri. L’esercito italiano ha commesso orrori indicibili nelle guerre di conquista coloniale in Libia, Eritrea, Etiopia, con impiccagioni di massa, avvelenamento di pozzi, deportazioni di intere popolazioni, uso di armi chimiche. Nella seconda guerra mondiale in Grecia e Jugoslavia, i militari italiani non furono secondi a nessuno nel terrorizzare la popolazione civile, radendo al suolo interi villaggi, fucilando centinaia di civili, stuprando e torturando.
Nessuno di questi criminali di guerra, quando la guerra è già essa stessa un crimine orrendo, è mai stato estradato nei paesi che ne hanno fatto richiesta. Macellai come Badoglio e Graziani è morta nel suo letto ed è stata sepolta con gli onori militari.
Oggi di fronte all’ennesimo crimine di guerra, di fronte all’assassinio di due pescatori, colpevoli di aver incrociato la rotta di una petroliera italiana, il governo italiano, alcuni comuni, l’esercito al gran completo, e, da ieri, anche la più nota marca di auto da corsa della penisola, pretendono l’impunità per i due marò assassini.
Nulla di cui stupirsi. Lo Stato difende chi uccide in suo nome. Nei mari dell’India, in Afganistan o per le strade di Genova.
Sono assassini in divisa, assassini che lo Stato trasforma in eroi.
Noi non ci stiamo!
Nessuna pace per chi fa guerra!
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By anarres
– 30 Ottobre 2012